“Attaccare
e distruggere siti e simboli culturali e religiosi delle comunità è
un attacco alla loro storia. A nessuna persona che distrugge ciò che
incarna l'anima e le radici di un popolo dovrebbe essere consentito
di sfuggire alla giustizia” (Fatou
Bensouda, procuratore al processo dell'Aja del 2016, per la
distruzione degli antichi mausolei e di una moschea a Timbuktu, Mali)
Ospite
dell'Aquileia Film Festival, Tim Slade, autore del documentario “The
destruction of memory”, ha commentato il suo lavoro, di cui è
anche produttore, proiettato, fuori concorso, nell'affollata serata
finale.
Il
regista australiano ha iniziato a lavorare nel 2010 sul tema della
distruzione delle opere d'arte legate alla sfera del sacro ed
all'identità delle popolazioni, come atto di guerra mirato a
distruggere la memoria stessa delle comunità sotto attacco.
Quello
che poteva sembrare un atto casuale, e forse un errore di puntamento
delle armi usate per la distruzione, è stato riconosciuto, anche se
ci è voluto molto tempo, come una tattica ben precisa, usata da
sempre e volta ad annientare il nemico, eliminando tutti i simboli
della sua appartenenza.
Il
documentario inizia con la testimonianza della distruzione delle
pietre tombali armene, di epoca medievale, nel periodo in cui fu
compiuto un vero e proprio genocidio di questo popolo, riconosciuto
assai tardivamente dal mondo intero e peraltro mai ammesso dalla
Turchia (1915).
Il
racconto prosegue attraverso la distruzione di Dresda, completamente
rasa al suolo nel 1945, nel corso dei bombardamenti alleati, per
approdare all'assedio di Sarajevo, tristemente noto come il più
lungo assedio della storia contemporanea (1992-1996), con l'incendio
della splendida biblioteca, culla della memoria, ed alla distruzione
del ponte ottomano di Mostar, già simbolo di convivenza pacifica (9
novembre 1993).
Ed
il nuovo secolo ha portato ancora distruzioni: nel marzo del 2001 i
talebani hanno fatto saltare con potenti cariche esplosive i
magnifici Buddha di Bamiyan, in Afghanistan, mentre l'11 settembre
dello stesso anno il mondo ha assistito impietrito al crollo delle
torri gemelle a New York, a seguito di un attacco terroristico,
mentre altri crimini di minor rilevanza mediatica venivano commessi
nel frattempo in varie parti del mondo.
Sito in cui si trovava uno dei Buddha di Bamiyan (foto Didier Vanden Berghe) |
Mentre
l'ungherese Andras Riedlmayer, testimoniava al processo contro l'ex
presidente serbo Slobodan Milosevic, incriminato dal tribunale dell'
Aja per genocidio, perpetrato nei confronti delle popolazioni non
serbe nel corso della guerra dei Balcani, portando la documentazione
dell'avvenuta distruzione del patrimonio culturale di queste genti,
venivano ripetutamente proposte all'assemblea delle Nazioni Unite
delle risoluzioni che condannassero quali crimini di guerra gli
attacchi al patrimonio culturale, senza trovare l'unanimità a causa
della preoccupazione, di molti stati membri, di poter essere oggetto
di condanna a causa dei propri comportamenti passati.
Tuttavia
quando, nel 2012, gli jihadisti di Ahmad Al Faqi Al Mahdi distussero
gli antichi mausolei ed una moschea di Timbuktu, in Mali, il
colpevole venne imprigionato e, per la prima volta, la corte penale
internazionale lo giudicò colpevole per gli attacchi al patrimonio
culturale. Era il segnale che ci si attendeva da tempo e da allora fu
chiaro che questo sarebbe stato riconosciuto definitivamente come un
crimine.
L'UNESCO fino ad allora aveva lavorato molto in questa direzione, riuscendo ad ottenere solo risoluzioni parziali. La risoluzione dell' ONU 2347 del marzo 2017, portata avanti da Italia e Francia, ha siglato definitivamente questa linea di indirizzo ed ha stabilito la protezione del patrimonio culturale a rischio nei paesi in conflitto.
L'antica Timbuktu (H. Barth, 1848) |
L'UNESCO fino ad allora aveva lavorato molto in questa direzione, riuscendo ad ottenere solo risoluzioni parziali. La risoluzione dell' ONU 2347 del marzo 2017, portata avanti da Italia e Francia, ha siglato definitivamente questa linea di indirizzo ed ha stabilito la protezione del patrimonio culturale a rischio nei paesi in conflitto.
Risoluzione
quanto mai opportuna, considerato che, negli ultimi anni, con la
destabilizzazione generale del Vicino Oriente e lo scoppio della
guerra in Siria, le distruzioni del patrimonio culturale non si
contano. Innanzitutto ad Aleppo, città martire siriana, che più di
altre ha sofferto i lunghi anni di conflitto, ma anche a Palmira,
Homs ed a Doura Europos; in Iraq a Mosul, l'antica Ninive, dove è
stata polverizzata la tomba di Giona, sono state gravemente
danneggiate le antiche mura, è stata distrutta la moschea di
al-Nuri, ed è stato devastato il museo, a Nimrud, quasi del tutto
cancellata, ad Hatra. In Siria hanno subito danni anche il possente
castello medievale noto come Krak dei Cavalieri e molti altri siti,
dove sono andate letteralmente in frantumi le testimonianze storiche
ed artistiche che avevano resistito per centinaia e, in molti casi,
per alcune migliaia di anni. Questi sono solo i siti più noti, ma le
distruzioni sono state innumerevoli, un po' dovunque, e solo quando
la situazione sarà tale da consentire un'ispezione accurata si potrà
redigere un elenco preciso. Ed è ciò che stanno facendo gli
archeologi italiani dell'Università di Udine, guidati da Daniele
Morandi Bonacossi che, nel nord dell'Iraq, stanno catalogando il
patrimonio culturale a rischio per consentirne la difesa.
L'archeologo,
intervenuto a margine dell'evento, ed in partenza per la missione che
durerà circa due mesi, ha parlato dell'accurato lavoro svolto dal
suo team per rilevare tutti i siti di interesse culturale nella zona
e redigerne una mappa precisa, al fine di conoscere l'entità dello
stesso e poterlo così difendere e, nei casi in cui sia stato già
danneggiato, poter pensare ad un recupero.
Con
gli attuali mezzi tecnici a disposizione inoltre, si possono istruire
degli archeologi sul posto e ricevere da essi, on line, le immagini
dettagliate del patrimonio a rischio. Nel film veniva portato
l'esempio della Ziggurat di Ur (Iraq), la cui scansione veniva, di
fatto, diretta dall'estero da un'équipe specializzata e realizzata
sul posto da tecnici locali.
Il
16 febbraio 2016, su iniziativa italiana, è stato siglato l'accordo
con l'Unesco per la nascita di una task force, i “caschi blu della
cultura”, per la tutela del patrimonio culturale mondiale, con un
centro di formazione a Torino. La struttura mette a frutto anche l'esperienza maturata in questi anni dai Carabinieri i quali stanno
già addestrando del personale in Iraq.
Ziggurat di Ur. Ricostruzione digitale |
Anche
Morandi Bonacossi, come già alcune sere prima Matthiae, si è detto
fiducioso sulla possibilità di ricostruire quanto distrutto, pur
sottolineando il fatto che ciò avverrà tra molto tempo e non
riguarderà certamente l'attuale generazione di studiosi, impegnati
invece nell'accertare le conseguenze dei conflitti che hanno
insanguinato il Vicino Oriente distruggendone il patrimonio culturale
e con esso il tessuto economico e sociale.
L'avvenuta ricostruzione di Dresda, del ponte di Mostar e della Biblioteca di Sarajevo, consentono di sperare in un recupero, almeno parziale, di ciò che è andato perduto e, nel contempo, nella ricostituzione di una società pacificata che sappia riappropriarsi dei suoi simboli di riferimento.
Una breve selezione di altri video concernenti la distruzione, ed in alcuni casi anche la ricostruzione del patrimonio culturale
L'avvenuta ricostruzione di Dresda, del ponte di Mostar e della Biblioteca di Sarajevo, consentono di sperare in un recupero, almeno parziale, di ciò che è andato perduto e, nel contempo, nella ricostituzione di una società pacificata che sappia riappropriarsi dei suoi simboli di riferimento.
⇒(click) Il progetto di Tim Slade
Una breve selezione di altri video concernenti la distruzione, ed in alcuni casi anche la ricostruzione del patrimonio culturale