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venerdì 28 luglio 2017

Paolo Matthiae e la scoperta di Ebla





L'Aquileia Film Festival, dedicato anche quest'anno all'archeologia ferita, ha ospitato, nel corso della prima serata, l'archeologo Paolo Matthiae, che ha parlato della scoperta di Ebla e della possibilità di ricostruire i siti distrutti o danneggiati nel corso della guerra in Siria.
Il racconto della più grande scoperta archeologica della seconda metà del XX secolo, ascoltato dalla voce di Matthiae, che allora dirigeva la missione archeologica italiana a Tell Mardikh, ha avuto un particolare fascino, nella notte serena, a lato della basilica di Aquileia.
L'archeologo ha ripercorso i primissimi anni di scavo, dal 1964, nei quali emersero i resti di una grande città, al 1975, anno in cui avvenne la svolta, con la scoperta degli archivi del palazzo, dove furono messe alla luce 5000 tavolette, la cui scrittura cuneiforme esprimeva una lingua diversa da quella di Mari, altra grande città mesopotamica, portata alla luce e studiata fin dal 1934. 


Pianta della regione mesopotamica

In circa due settimane fu recuperato e messo al sicuro l'intero archivio, grazie al lavoro degli archeologi e degli operai più fidati, che lavorarono ininterrottamente a turni di otto ore, giorno e notte, al fine di assicurare la sopravvivenza di un patrimonio così importante. 2000 tavolette furono estratte intere, mentre le altre uscirono dallo scavo a pezzi (sono ben 17000 i numeri di inventario) ora, dopo anni di lavoro, in gran parte ricomposti. Il materiale fu portato al museo di Damasco dove rimase a disposizione degli studiosi per poter essere analizzato. Si scoprì così che l'equipe italiana aveva portato alla luce una nuova cultura, con la quale si dovette fare i conti per riscrivere la storia della regione.
Lo strato nel quale furono rinvenuti gli archivi consente di collocarli nella città protosiriana, distrutta, secondo Matthiae, dal sovrano Sargon di Akkad, attorno al 2340 a.C. Il re, infatti, la cui memoria si conservava ancora al tempo di Alessandro (morto a Babilonia nel 323 a.C.), unificò le regioni di un vasto impero, esteso dall'Elam al Mediterraneo, ed è perciò probabile che avesse preso e conquistato anche Ebla che, fino ad allora, era stata una città potente ed autonoma, che esercitava il proprio potere su una vasta area. La città tuttavia rinacque, per decadere definitivamente verso il 1600 a.C..


Scavi di Ebla

Grazie agli scavi effettuati sul posto si sono potuti riconoscere tre periodi di sviluppo della città: il periodo protosiriano antico, al quale appartengono gli archivi reali, tra il 2400 ed il 2300 a.C., il periodo protosiriano tardo, tra il 2200 ed il 2000 a.C., ed il periodo paleosiriano, tra il 2000 ed il 1600 a.C., e si è potuta individuare la struttura urbana della città.
Grazie alla lettura delle tavolette, nella maggior parte documenti di carattere economico, si è giunti alla comprensione dell'importante ruolo svolto dalla città nell'area, nel periodo antecedente la prima distruzione, quand'era un importante centro amministrativo, snodo di traffici commerciali, in rapporto con il Sumer da un lato, e con le città di Ur e Kish, e con l'Egitto dall'altro. Il lavoro di decifrazione e lettura del vastissimo materiale non è ancora ultimato.


Scavi di Ebla

Alla domanda finale se sarà possibile, a suo parere, ricostruire i siti gravemente danneggiati sia dall'Isis, sia dagli scavi clandestini di privati, collegati con le reti internazionali di traffico di beni archeologici, sia dagli scavi di gente ridotta alla fame dalla guerra e bisognosa di recuperare qualche dollaro per la pura sopravvivenza, Matthiae ha risposto che si potrà fare, ma a determinate condizioni, che mettano al centro uno studio serio dei reperti, un controllo dei metodi di ricostruzione, e la partecipazione concreta dello stato al quale questi beni appartengono.


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lunedì 17 luglio 2017

Il Menologio di Basilio II

Menologio di Basilio II. Mosè

Il menologio è una raccolta di testi liturgici, in 12 libri, corrispondenti ai mesi dell'anno, in uso presso la chiesa ortodossa. Vi sono illustrate le vite dei santi, le cui ricorrenze cadono nei rispettivi mesi.
Il menologio composto per l'imperatore Basilio II (976-1025) da Simone Metafraste è la più antica opera di questo genere finora conosciuta, oltre ad essere un capolavoro dell'arte bizantina, ed è conservato presso la Biblioteca Vaticana.
Interessanti le vicende che lo portarono a Roma. In possesso di un avvocato genovese, a Costantinopoli nel XIV secolo, arrivò nelle mani di Ludovico Sforza, duca di Milano e poi entrò in possesso della famiglia Sfondrati, un membro della quale, Nicolò, salì al soglio pontificio nel 1590 con il nome di Gregorio XIV. Alla sua morte il libro fu ereditato dal nipote del pontefice, Paolo, cardinale di S. Cecilia, il quale lo donò al papa Paolo V che lo fece inserire nelle collezioni della Biblioteca Vaticana, dov'è tuttora conservato.
Il codice membranaceo, incompleto, presenta delle straordinarie miniature, eseguite da più artisti, che illustrano fatti della vita dei santi. I titoli sono in onciale, mentre la scrittura del testo che descrive la vita dei santi, è una minuscola con elementi onciali. In molti casi il testo non è coerente con la rappresentazione e, in diverse miniature, sono state apportate delle correzioni, forse per far coincidere lo scritto con l'immagine. Lo specchio di scrittura è praticamente coincidente con lo spazio dedicato alla miniatura.


Menologio di Basilio II. Sant'Antonino e la chiesa di Apamea

L'osservazione attenta delle immagini restituisce particolari assai interessanti, come possono essere ad esempio le caratteristiche architettoniche di alcuni edifici come quelle della chiesa, che Sant'Antonino di Apamea sta edificando e che coincide con le forme tipiche delle chiese di Siria, o come quelle della chiesa di Efeso, dove vengono trasportate le reliquie di San Timoteo, 

Menologio di Basilio II. San Timoteo

molto simile a quella dei Santi Apostoli di Costantinopoli, dove viene trasportato il corpo di San Crisostomo. In effetti storicamente sappiamo che la prima ispirò i realizzatori della seconda, e le due miniature sembrano ispirarsi ad un unico modello.

Menologio di Basilio II. San Giovanni Crisostomo. Chiesa dei Santi Apostoli a Costanitinopoli

E se da un lato sembra che gli artisti abbiano potuto copiare sul posto gli edifici, è ben più probabile che abbiano preso spunto da menologi locali o dalle raffigurazioni delle icone che circolavano in gran quantità nella stessa Costantinopoli, portate da gente di passaggio o da viaggiatori.

Il Menologio di Basilio II corrisponde al codice vaticano greco 1613

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venerdì 14 luglio 2017

La tomba del profeta Giona



Giona. Miniatura dal menologio di Basilio II (sec. XI)

Il profeta Giona

La figura del profeta Giona, vissuto tra il IX e l'VIII secolo a.C. è stata descritta in un libro dell'Antico Testamento che porta il suo nome. Il testo, redatto in ebraico, secondo i biblisti è databile al periodo successivo all'esilio babilonese, quindi descrive fatti accaduti alcuni secoli prima e, sul piano storico, è scarsamente attendibile.
Vi si narra di come il Signore ordinò a Giona, figlio di Amittai, di recarsi a predicare a Ninive, e di come questi, impaurito dal compito assegnatogli, disobbedì, e si imbarcò su una nave diretta a Tarsis. Nel corso della traversata una grande tempesta investì la nave rischiando di farla naufragare e, per salvarla, Giona venne gettato in mare. Inghiottito da un grosso pesce, nella pancia del quale rimase per tre giorni, ottenne il perdono del Signore. Il pesce lo risputò su una spiaggia e Giona si recò a predicare a Ninive, dove, inaspettatamente, gli abitanti lo seguirono. Ciò nonostante egli avrebbe voluto che il Signore punisse la città e se ne allontanò. Qui viene introdotta la nota metafora del ricino, spuntato per volere divino sopra la testa del profeta per fargli ombra, e morto dopo poche ore, lasciandolo in balia del sole e del vento; una piccola pena, lo redarguisce il Signore, di fronte alla severità con la quale avrebbe voluto punire una città di centoventimila anime “che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra”.

Giona risputato dal pesce sulla spiaggia. Miniatura (sec. XVI)

Il racconto è fortemente simbolico. Tra i riferimenti più noti vi sono Tarsis, identificata con Tartesso, città posta alla foce del Guadalquivir, sull'Atlantico, il posto più occidentale che il profeta potesse raggiungere, mentre Dio gli aveva ordinato di predicare ad oriente, ed il pesce, che rappresenta il caos, ed insieme l'abisso della disobbedienza. Questa immagine ha avuto un'enorme seguito, tanto nell'arte figurativa come nella letteratura. Celebre anche l'espressione riferita agli abitanti di Ninive che, non sapendo distinguere una mano dall'altra, non sanno in effetti distinguere tra il bene ed il male.
In realtà il libro esprime l'esigenza, sentita da una parte dell'ebraismo postesilico, e fortemente avversata da alcune correnti, simboleggiate proprio dall'atteggiamento di Giona, di aprirsi ai Gentili.
Giona è nominato anche nel II Libro dei Re ed è citato da Matteo nel Nuovo Testamento.
La figura del profeta trova posto anche nel Corano, alle sure decima, trentasettesima e ventunesima, dove viene indicato con il nome di Dhu al Nun (Uomo della balena) e gli viene attribuita sia l'esperienza vissuta nel ventre della balena, sia la predicazione a Ninive, con alcune varianti rispetto al testo biblico, ma sostanzialmente coerenti con quella versione.
A Giona inoltre la tradizione islamica attribuisce la formula “Non c'è altro dio all'infuori di te! Gloria a te! Sono stato un ingiusto!” la quale, tra diverse altre, viene usata nel dhikr, atto devozionale consistente nel ripetere molte volte le medesime frasi in ricordo di Allah.


Secondo la tradizone coranica Giona viene lasciato dal pesce sotto un albero di zucca

La tomba


Il profeta sarebbe stato sepolto a Ninive, e la sua tomba, risalente all'VIII secolo a.C., e venerata anche dai musulmani è stata distrutta a martellate dai miliziani dell'ISIS nel luglio del 2014. La moschea-mausoleo che la ospitava, eretta su una collina accanto a numerose altre tombe di religiosi, e sorta accanto ad un antico monastero, è stata distrutta mediante numerose cariche di dinamite che hanno risparmiato solo il portale d'accesso.
Quando la zona è stata liberata dai seguaci del Califfato, gli archeologi accorsi sul posto per verificare i danni provocati dalle devastanti esplosioni del 2014 hanno rinvenuto i tunnel scavati dai miliziani sotto il sito archeologico, i quali hanno svelato la presenza di un palazzo assiro costruito all'epoca del re Sennacherib (705-681a.C.). Importanti bassorilievi e due leoni alati, che generalmente venivano posizionati alle porte dei palazzi, sono solo alcuni tra i più importanti ritrovamenti. Pochi invece gli oggetti di minori dimensioni, in gran parte asportati dai miliziani per essere rivenduti sui mercati internazionali.
Ora gli archeologi devono lavorare velocemente al recupero delle parti del palazzo messe in luce, per il concreto pericolo di crollo dei tunnel che comprometterebbe, forse per sempre, la fruizione e lo studio di questo importante tassello della storia mesopotamica.


⇒ (click) Le foto della distruzione della tomba di Giona

⇒ (click) Le distruzioni di Mosul e di altri siti archeologici in Iraq

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martedì 11 luglio 2017

La distruzione della moschea di al- Nuri a Mosul / The destruction of al-Nuri mosque in Mosul

⇒(english version available)




Minareto della moschea di al-Nuri (Mosul)

Il 21 giugno di quest'anno è stata distrutta dall'ISIS, in ritirata, la moschea di al-Nuri, a Mosul, il più importante e significativo monumento della città. Proprio dalla moschea, nel 2014, al Baghdadi aveva annunciato la fondazione del Califfato islamico che, a quanto sembra, ha deciso la sua distruzione per non lasciare nelle mani dell'esercito iracheno quello che sarebbe stato il simbolo principale della sua sconfitta. Peraltro l'ISIS ha poi tentato di attribuire il crollo ad un missile sparato da un aereo della coalizione internazionale.
Di antica fondazione la moschea, secondo la tradizione, fu fatta erigere dal condottiero turco Norandino (Nureddin Zenki), che nella seconda metà del XII secolo regnava sulle province di Aleppo e Mosul ed era riuscito ad unire gli eserciti arabi per contrapporli ai Crociati. 


Norandino

Il complesso edificio fu completato tra il 1172 ed il 1173, ed era noto soprattutto per il suo minareto pendente, che già appariva così ad un viaggiatore d'eccezione: Ibn Battuta, che arrivò a Mosul nel 1318. La torre, conosciuta come al-Hadbā (il gobbo) aveva un'altezza di 45 metri, era composta da vari livelli di murature ornamentali, ed era sormontata da una piccola cupola.
Il minareto era entrato, con la sua forma particolare, tanto nella tradizione araba che in quella cristiana, sostenendo l'una che si fosse inchinato a Maometto, e l'altra alla Vergine Maria, rimanendo poi in quella posizione. Certo si trattava di credenze popolari, che peraltro non prendevano in considerazione il fatto che l'edificio era comunque posteriore agli avvenimenti pretesi, però è assai significativo che in una terra ora così martoriata, in un tempo non troppo lontano potessero prender forma e svilupparsi tradizioni relative a due religioni che allora riuscivano a convivere pacificamente.
La moschea originaria era stata praticamente ricostruita nel 1942, nel corso dei lavori di restauro voluti dal governo iracheno che, fortunatamente, non avevano interessato il minareto, danneggiato però nel corso della guerra Iran-Iraq ed inclinatosi ancor di più. Recentemente s'era tentato di raddrizzarlo, con scarsi risultati.
La distruzione dell'edificio, oltre a rappresentare una gravissima perdita per il patrimonio storico-artistico del paese, è particolarmente sentita dagli iracheni, poiché esso veniva identificato con la stessa città di Mosul, si trovava riprodotto sulle banconote da 10000 dinari iracheni, e la sua immagine veniva riproposta un po' dovunque. Il minareto verrà ricostruito ma difficilmente si riuscirà a riprodurre la sua forma particolare.


Minareto della moschea di al-Nuri riprodotto su una banconota da 10000 dinari iracheni


English version



On June 21 this year, ISIS, retreating, destroyed the mosque of al-Nuri, in Mosul, the most important and significant monument of the city. Right from the mosque, in 2014, al Baghdadi announced the founding of the Islamic Caliphate, which probably has decided the destruction not to leave in the hands of the Iraqi army what would be the main symbol of its defeat. But ISIS has also attempted to attribute the collapse to a missile fired by an international coalition plane.
The ancient mosque, according to tradition, was built by the Norandino (Nureddin Zenki) Turkish leader who in the second half of the 12th century reigned over the provinces of Aleppo and Mosul and had been able to unite the Arab armies to counter the Crusaders. The complex was completed between 1172 and 1173, and was known for its leaning minaret, which already appeared so, to an exceptional traveler: Ibn Battuta, who arrived in Mosul in 1318. The tower, known as al- Hadbā (the hunchbacked) had a height of 45 meters, consisted of various levels of ornamental masonries, and was topped by a small dome.
The minaret had, in its own particular form, entered into both the Arab and Christian traditions, this one supporting who bowed to Mohammed, and the other to the Virgin Mary, remaining in that position.
Of course, these were popular beliefs, which did not, however, take into account the fact that the building was anyhow rear to the alleged events, but it is very significant that in a land so badly martyrized, at a time not too far they could be born and develop traditions related to two religions that managed to live peacefully.
The original mosque had been practically rebuilt in 1942 during the restoration work wanted by the Iraqi government, which fortunately did not concern the minaret, however damaged during the Iran-Iraq war and even more leaning. Recently they tried to straighten it with little results.
The destruction of the building, besides being a major loss to the country's historical and artistic heritage, is particularly felt by the Iraqis, because the mosque was identified with the same city of Mosul, was reproduced on the Iraqi 10000 Dinars banknotes and the his image was reproduced everywhere. The minaret will be reconstructed but it is difficult to reproduce its particular shape.


venerdì 7 luglio 2017

Trieste inconsueta. Immagini / Unusual Trieste. Images


Campanile della cattedrale
The cathedral bell tower


Cattedrale. Porta
Cathedral. Door


Tor Cucherna
Cucherna tower


Panduro via Ponchielli
Panduro, Ponchielli street


Casa delle Bisse, via San Lazzaro
Casa delle Bisse (snakes), San Lazzaro street


Chiesa di San Silvestro. Finestrella
Church of San Silvestro. Window

Chiesa si San Silvestro. Rosone
Church of San Silvestro. Rose window


Piazza della Cattedrale. San Michele al Carnale
Cathedral Square. San Michele al Carnale


Vicolo nella città vecchia
Alley in the Old Town


Edicola votiva in via Donota
Votive niche in Donota street



lunedì 3 luglio 2017

Civiltà distrutte


Illustrazione tratta dalle Nuremberg Chronicles. Ninive

Molti anni fa, esattamente nel 1949, usciva un libro, più volte ristampato, scritto dal giornalista tedesco Ceram (Kurt Wilhelm Marek), destinato a diventare un classico ed a far avvicinare all'archeologia molti studenti: Goetter Graeber und Gelehrte. Roman der Archaeologie, tradotto nel 1952 in italiano da Einaudi con il titolo Civiltà sepolte. In quel libro si raccontava, in forma romanzata, del lavoro degli archeologi e delle grandi scoperte, alcune allora recenti, dell'archeologia. Oggi purtroppo, alla luce delle devastazioni operate dall'ISIS, ma non solo, nel Vicino Oriente, possiamo parlare di “civiltà distrutte”. Le mura di Ninive, il museo e la grande moschea di al-Nuri di Mosul, Palmira, sono solo alcuni dei luoghi, tra i più famosi, gravemente danneggiati dalla furia dei fondamentalisti.


Il minareto della moschea al.Nuri di Mosul (1932)

Ne ha parlato, nel corso di una conferenza molto interessante (e molto seguita), tenuta presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, nell'ambito della mostra “Volti di Palmira ad Aquileia” il professor Daniele Morandi Bonacossi, titolare della cattedra di Archeologia del Vicino Oriente all'Università di Udine. Spesso in missione a ridosso delle aree più calde del conflitto, il professor Morandi Bonacossi ha percorso le tappe delle metodiche distruzioni, iniziando dai Budda distrutti dai talebani a Bamiyan (Afghanistan) nel 2001, per poi proseguire con le più recenti distruzioni operate a Mosul (Iraq), Nimrud (Iraq) e Palmira (Siria), per non citarne che alcune.


The Palaces at Nimrud restored (1853)

Ma non ci si deve fermare al solo patrimonio archeologico: ben quattordici studiosi sono stati uccisi finora tentando di proteggere le aree archeologiche ed i musei, tra questi il più noto è stato l'archeologo Khaled al-Asaad, decapitato ad 83 anni a Palmira, il 18 agosto del 2015, essendosi rifiutato di lasciare il sito, ormai in mano ai miliziani dell'ISIS.
Nel corso delle missioni nel nord dell'Iraq, dove con il progetto Terre di Ninive, l'équipe di archeologi coordinati da Morandi Bonacossi sta catalogando i beni archeologici da salvare, si sono riversati nella zona 800.000 Yazidi, perseguitati e costretti alla fuga dai seguaci del califfato islamico. Queste persone (tra le quali moltissimi minori) sono state assistite e sistemate in campi profughi appositamente allestiti, con l'aiuto dell'ONU, tuttavia la loro speranza è quella di poter tornare nei territori dai quali sono state espulse ed è ovvio che solo partendo da una corretta ricostruzione delle abitazioni e delle infrastrutture, ma anche di tutto il tessuto culturale che caratterizzava l'area, si consentirà a questo popolo di ritrovare appieno la propria identità.
Per quanto concerne le distruzioni operate, in alcuni casi, come a Nimrud, dove si è proceduto con le ruspe, sarà impossibile recuperare l'area archeologica, mentre in altri casi si potrà procedere a delle ricostruzioni parziali.
Tuttavia occorre sottolineare il fatto che nel corso delle devastazioni molte opere d'arte sono state sottratte e rivendute in occidente, contribuendo a finanziare l'ISIS. Questi traffici illegali, dei quali si è recentemente chiarito il meccanismo, interessano anche note case d'asta.
Non si commerciano però solo opere di grande valore, ma anche piccoli oggetti o monete, venduti sui siti online per pochi dollari. Si tratta qui di un fenomeno già noto ed in corso prima della guerra. La piana di Apamea, oggi interessata da migliaia di buche frutto di scavi clandestini, è l'esempio di un'attività di pura sopravvivenza esercitata da una popolazione allo stremo; un altro terribile aspetto del conflitto in corso.
Ed infine una guerra dimenticata, quella che sta distruggendo lo Yemen ed eliminando la sua popolazione, una vera emergenza umanitaria della quale ben pochi sembrano accorgersi. Sul fronte delle testimonianze storiche occorre ricordare la distruzione delle mura di Sana'a che, per certi versi ci riporta in Italia. Fu infatti Pier Paolo Pasolini che, dopo aver girato sul posto alcune scende del Decameron, decise di inviare un documentario all'UNESCO chiedendo che fossero protette. E così il cerchio si chiude, quasi a volerci ricordare che non c'è nessuna guerra che un po' non riguardi anche noi.


(click) Le mura di Sana, documentario di Pier Paolo Pasolini