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martedì 20 dicembre 2022

Arti e architetture. Ferrara. Rilievo di San Giuliano

Ferrara. Chiesa di San Giuliano. Rilievo di San Giuliano (foto Daniela Durissini)
Nel centro di Ferrara, poco distante dal castello, si trova la piccola chiesa di San Giuliano sulla cui facciata si vede un rilievo con l'immagine del santo che uccide per errore i genitori. Secondo la leggenda, infatti, Giuliano, nato da nobile famiglia, uomo violento e facile all'ira, nonostante fosse stato avvertito da un cervo che aveva ferito a morte sul fatto che avrebbe ucciso i genitori, non riuscì ad evitare il tragico errore. Per questo motivo trascorse il resto della sua vita in penitenza, si trasferì dal natio Belgio all'Italia dove, dopo esser giunto in Sicilia, ritornò verso nord e si fermò sulle rive del fiume Potenza, al tempo navigabile, dove si fece traghettatore, trasportando da una riva all'altra viandanti e pellegrini. Il rilievo di Ferrara, realizzato nel XV secolo, coglie la scena di Giuliano mentre si accinge ad uccidere i genitori, ospiti inattesi nella sua casa, distesi nel suo letto matrimoniale, nella convinzione che si trattasse della moglie sorpresa con un amante. 
L'antica chiesa di San Giuliano, demolita nel 1385 per far posto al castello estense, fu ricostruita nel 1405, poco distante dalla prima, nel posto dove si trova oggi, per volere di un cittadino devoto. 

venerdì 16 dicembre 2022

Arti e architetture. Il Marforio dei Musei Capitolini

Roma. Musei Capitolini. Il Marforio, I sec. d.C. (foto Daniela Durissini)
Collocata nell'esedra dei Musei Capitolini, accanto ad una fontana, aggiunta nel secolo XVIII, la grande statua di una divinità (conosciuta come il Marforio), tuttora non identificata, attira l'attenzione dei visitatori. Scolpita in marmo bianco lunense e risalente al I sec. d.C., la statua era conosciuta già nel XII secolo e, prima della sua attuale collocazione, si trovava inserita nel muro di contenimento dell'Ara Coeli e quindi nella chiesa dei SS. Luca e Martina. La divinità, recentemente restaurata, presenta una folta capigliatura, ed è rappresentata semisdraiata, con i fianchi  ed una spalla coperti da un mantello, mentre tiene una conchiglia nella mano destra. Fu identificata come un fiume, forse il Tevere, ma potrebbe essere anche il Reno o il Nilo, tuttavia sembra assai più probabile si tratti dell'Oceano.  
Comunque sia la statua è una delle statue parlanti di Roma, poiché, come accadeva per il Pasquino, e per alcune altre statue, su di essa venivano affissi i biglietti con le proteste del popolo nei confronti dei governanti. 

domenica 11 dicembre 2022

Fotografare l'arte. Ritratto di Plotina (II sec. d.C.)

Roma. Museo Nazionale di Palazzo Massimo alle Terme. Ritratto di Plotina (foto Daniela Durissini)
Il bellissimo ritratto di Plotina, moglie di Traiano (98-117 d.C.), a cui sopravvisse per quattro anni, custodito presso il Museo Nazionale romano a Palazzo Massimo, ritrae la donna con espressione sobria, ed un'acconciatura molto semplice, con i capelli raccolti sulla fronte e quindi uniti sulla nuca. Tale ritratto proviene dal Frigidarium delle terme di Nettuno ad Ostia ed è datato dal 112 al 121 d.C., anno della morte di Plotina. 

lunedì 5 dicembre 2022

Arti e architetture. Roma. La fontana del Mascherone

Roma. Fontana del Mascherone (foto Daniela Durissini)
La fontana del Mascherone, in via Giulia, a Roma, è stata realizzata dall'architetto Girolamo Rainaldi (1570-1655), su commissione della famiglia Farnese, il cui palazzo si trova nelle vicinanze. Per comporre la fontana è stato utilizzato un mascherone in marmo di epoca romana, dalla cui bocca sgorga l'acqua, accostato ad un supporto in pietra con due volute alla base e un architrave sormontato da un giglio in ferro, simbolo della famiglia Farnese.  
Roma. Fontana del Mascherone (foto Daniela Durissini)
Sotto al mascherone una conchiglia in marmo raccoglie l'acqua che ricade ulteriormente in una vasca sottostante. Si narra che in occasione delle feste date dalla famiglia dalla fontana sgorgasse vino anziché acqua. 

martedì 29 novembre 2022

Fotografare l'arte. Statua colossale di Costantino: testa

Roma. Musei Capitolini. Statua colossale di Costantino. testa (foto Daniela Durissini)
A Roma, nel cortile dei Musei Capitolini, sono conservati alcuni frammenti della statua colossale di Costantino, realizzata tra il 312 ed il 324 d.C. e ritrovata nel 1486 presso la Basilica di Massenzio. Tra questi pezzi il più importante è senza dubbio la testa, scolpita in marmo, mentre si ritiene che almeno parte del corpo fosse stata realizzata in bronzo dorato, su supporto di legno e mattoni e che per questo motivo sia andata perduta. L'intera struttura doveva misurare all'incirca 12 metri, dato che la sola testa misura 2,60m. In origine il capo doveva esser cinto da una corona in metallo.

giovedì 24 novembre 2022

Archeologia. Aquileia. Corredo di sacerdotessa

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Corredo di sacerdotessa (I-II sec.d.C.)
Mosche d'oro con le ali chiuse (foto Daniela Durissini)
Nel 1885 fu rinvenuta nella necropoli di Beligna, ad Aquileia, un'urna ancora sigillata entro la quale fu ritrovato quello che, per le sue caratteristiche, si ritenne essere il corredo funerario di una sacerdotessa orientale (I-II sec. d.C.). Purtroppo non tutti gli oggetti rinvenuti entrarono a far parte della collezione oggi conservata presso il Museo Archeologico Nazionale, che tuttavia conserva uno specchietto in argento decorato con l'incisione delle tre Grazie, 203 mosche d'oro con le ali chiuse che, probabilmente, dovevano essere cucite sulla veste della donna, due foglie d'edera in oro che con ogni probabilità erano destinate a decorare i sandali, ed un ciondolo cilindrico in oro, probabilmente un amuleto. 

domenica 20 novembre 2022

Fotografare l'arte. I volti di Aquileia romana

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Volti (foto Daniela Durissini)

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Volti
(foto Daniela Durissini)
Nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia sono conservati diversi volti scolpiti in pietra che ci riportano a coloro che popolavano la città in epoca romana. Con il riallestimento del Museo di qualche anno fa questi volti sono stati esposti in modo assai suggestivo, formando tra l'altro una sorta di galleria di quelle che erano le acconciature dell'epoca. Al di là delle diverse fisionomie si osservano espressioni corrucciate, sorprese, distese, serene, come si dovevano osservare camminando al tempo per strada. Ed è proprio in mezzo ad una strada romana che sembra di camminare salendo da un piano all'altro del Museo e passando accanto a queste teste che ci osservano da così tanto tempo. 

mercoledì 16 novembre 2022

Archeologia. Aquileia e l'ambra

Teche di specchio in ambra (I-II sec. d.C.)
Aquileia. Museo Archeologico Nazionale (foto Daniela Durissini)
Già in epoca preistorica l'ambra, prezioso materiale proveniente dalle regioni baltiche, veniva commercializzato verso il Mediterraneo lungo la cosiddetta via dell'ambra, che attraverso un percorso complesso, mutevole nel tempo e con diverse diramazioni, trovava uno dei suoi punti terminali nella parte orientale della pianura Padana. In epoca romana la città di Aquileia fu uno dei maggiori centri di lavorazione e commercializzazione di questo materiale, una resina fossile, molto ricercato per la realizzazione di gioielli e piccoli oggetti. Lo testimoniano i numerosi ritrovamenti, avvenuti nel corso degli scavi archeologici, che comprendono anche pezzi di materiale grezzo e residui di lavorazione. La maggior parte degli oggetti rinvenuti risalgono al periodo compreso tra la metà del I sec. d.C. ed il II sec. d.C. e consistono appunto in gioielli e piccole sculture che, data la credenza popolare che attribuiva all'ambra proprietà magiche e protettive, venivano regalati come portafortuna e venivano custoditi per curare alcune malattie e per allontanare il malocchio. Tra queste preziose lavorazioni spiccano alcuni specchi di piccole dimensioni, realizzati in argento ed inseriti appunto su un supporto d'ambra lavorato finemente e raffigurante scene tratte dalla mitologia ed amate dal pubblico femminile, al quale tali oggetti erano destinati, come quella, raffinatissima, di Amore e Psiche o quella che vede una Nereide cavalcare un ippocampo.

sabato 12 novembre 2022

Fotografare l'arte. Rilievo con scena di Iniziazione dionisiaca

Roma. Musei Capitolini. Rilievo con scena di iniziazione dionisiaca
(foto Daniela Durissini)
Rilievo con scena di iniziazione dionisiaca realizzato in marmo pentelico* ritrovato nel 1876 a Roma, nelle vicinanze dell'Auditorium, presso gli horti di Mecenate. Si tratta della copia di un originale ellenistico del II sec. a.C..  (Roma, Musei Capitolini)
* Il marmo pentelico è un marmo bianco a grana fine, che può assumere varie tonalità dal giallo al verde, estratto in Grecia, a nord di Atene, alle pendici del monte Pentelico. 

mercoledì 9 novembre 2022

Archeologia. Aquileia. L'officina del fabbro

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale
Rilievo dell'officina del fabbro (foto Daniela Durissini)
Nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, è esposto un rilievo molto interessante che raffigura la bottega del fabbro e risale al periodo compreso tra il I ed II secolo d.C. Scolpito in pietra calcarea, è stato ritrovato in località Beligna, lungo la strada che da Aquileia porta verso Grado. L'immagine che la pietra restituisce è quella di un intenso lavoro entro l'officina. Sulla sinistra si nota la fusione del ferro, alla quale segue la forgiatura e, sull'estrema destra, si vedono gli strumenti del mestiere. La stele del fabbro è parte di un monumento funerario.

domenica 6 novembre 2022

Fotografare l'arte. Affresco di soffitto romano

Rovereto. Museo civico. Frammenti di pittura su soffitto (Villa di Isera, sec. I d.C.)
(foto Daniela Durissini)
Alcuni frammenti di affresco di epoca romana rinvenuti nel corso degli scavi della villa di Isera, dimostrano la raffinata tecnica raggiunta dagli artisti dell'epoca (I sec. d.C.). L'affresco veniva eseguito da artigiani specializzati: il pictor parietarius ed il pictor imaginarius. Il primo realizzava gli schemi che il secondo completava con i soggetti figurati. I pittori spesso tracciavano un disegno con l'ocra rossa, per eliminare il più possibile le incertezze della realizzazione definitiva. Si aiutavano altresì con piccoli strumenti come il compasso, lo stilo, la riga e le cordicelle, soprattutto quando dovevano realizzare disegni geometrici, come questo. 

giovedì 3 novembre 2022

Archeologia. Museo Archeologico Nazionale di Aquileia. Mosaico dei pesci

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Mosaico dei pesci (I sec. d.C.)
(foto Daniela Durissini)
Il bellissimo e realistico mosaico dei pesci (I sec. d.C.), in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, ricorda un uso piuttosto comune presso le abitazioni aristocratiche romane, che voleva la presenza di una vasca destinata ai pesci nel locale dove si svolgevano i banchetti. In tal modo i commensali potevano scegliere il pesce che gradivano maggiormente e che i cuochi cucinavano sul momento oppure venivano consumati immediatamente, come testimonia Seneca: "I pesci nuotano all'interno dei letti tricliniari e si possono catturare addirittura sotto le tavole per imbandirli subito sulla tavola stessa: poco fresca sembra la triglia  se non muore in mano al commensale". 
Il mosaico è estremamente interessante poiché raffigura dei pesci che sono tipici dell'Adriatico settentrionale. In alto si nota un esemplare di proporzioni medie nell'atto di ingoiarne uno più piccolo, nel mezzo una seppia, un calamaro ed alcune telline. 
Il mosaico in questione, realizzato in tassellato lapideo, proviene da una domus dei quartieri settentrionali, detta di Licurgo e Ambrosia.

domenica 30 ottobre 2022

Archeologia. Specchi romani

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Specchio di epoca romana
(foto Daniela Durissini)
Nel periodo romano gli specchi erano realizzati in bronzo, piombo, argento e, talvolta, in oro. Una delle facce veniva rifinita al tornio in modo che costituisse una superficie estremamente riflettente. Gli specchi rettangolari, in genere, non avevano supporto, mentre quelli rotondi erano dotati di manici costruiti separatamente allo specchio e, in genere, di materiale diverso. Solo a partire dal III sec. d.C, fu impiegato il vetro soffiato, applicato però soltanto su piccole superfici, spesso di piombo. Gli specchi esposti al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia risalgono al periodo compreso tra il I ed il IV sec. d.C. 

martedì 25 ottobre 2022

Archeologia. La statua stele di Brentonico

Statua stele di Brentonico (foto Daniela Durissini)
Rovereto. Museo Civico

Statua stele di Brentonico. Particolare
(foto Daniela Durissini)
Le statue stele antropomorfe, che evidenziano, seppur in modo sintetico, le fattezze umane, sono piuttosto diffuse in Europa. Realizzate per lo più a partire dal III millennio a.C. (anche se alcune sono state datate al millennio precedente), sono di difficile interpretazione; si è pensato che potessero essere dei monumenti funebri o rappresentazioni di divinità. Generalmente gli oggetti portati da queste figure, quali pugnali, asce, ecc., consentono una datazione sufficientemente precisa. In Italia sono presenti soprattutto in Val d'Aosta, in Lunigiana ed in Lombardia ma un gruppo interessante è stato rinvenuto anche in Trentino Alto Adige. La statua stele di Brentonico, documenta l'esistenza di questo culto anche in Vallagarina. 

domenica 23 ottobre 2022

Fotografare l'arte. Brod. Il San Cristoforo di Jarnej da Skofia Loka


Brod. Chiesa di S.Maddalena. S. Cristoforo (foto Daniela Durissini)
Nel piccolo paese di Brod, vicino a Bohinjska Bistrica, nelle Alpi Giulie Slovene, si trova la splendida chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena. Fondata almeno agli inizi del XV secolo, la piccola chiesa presenta degli interessanti affreschi sulla parete esterna meridionale, uno dei quali rappresenta un grande San Cristoforo. Il dipinto, che occupa una parte della parete dalla base fin sotto lo spiovente del tetto, è opera del pittore Jarnej da Skofia Loka, attivo alla metà del XVI secolo, anche in Friuli. Di lui infatti si ricorda la decorazione della chiesa di Santa Lucia a Cravero, frazione del comune di San Leonardo. L'affresco, datato 1534, oggetto di un accurato restauro, mostra San Cristoforo che si appoggia al tipico bastone fiorito e procede portando sulle spalle Gesù bambino, che gli pone una mano sul capo e che regge il globo, simbolo di potere.

mercoledì 19 ottobre 2022

Archeologia. Statua stele di Manzano (Val di Gresta)

Statua stele di Manzano (foto Daniela Durissini) 
Tratto dalla scheda dedicata al Museo Civico di Rovereto
La statua stele di Manzano è stata ritrovata nel corso della ristrutturazione di un edificio in Val di Gresta, appunto a Manzano, ed è stata consegnata alla Soprintendenza per i beni archeologici. Era stata reimpiegata come materiale da costruzione. Il materiale in cui è stata incisa proviene dalla Val Venosta, mentre la tecnica con la quale è stata realizzata ricorda da vicino quella con la quale sono state realizzate le statue stele di Arco. Il confronto del volto rappresentato, cosiddetto "a civetta", con altri manufatti simili, rinvenuti in Italia, consente di datare la stele alla prima metà del IV millennio a.C., nella fase finale del Neolitico, mentre è probabile la destinazione a monumento funerario. 

sabato 15 ottobre 2022

Fotografare l'arte. Fibula longobarda

Rovereto. Museo Civico. Fibula a "S" longobarda (VI-VII sec. d.C.)
(foto Daniela Durissini)
La bella fibula ad S in bronzo dorato (sec. VI-VII d.C.), proveniente da Loppio (S. Andrea), dalla forma caratteristica a protomi di uccello dal becco ricurvo contrapposte, presenta tracce di doratura sulla superficie. Gli occhi dei due uccelli sono realizzati in pasta vitrea di colore azzurro, mentre nella parte centrale, il castone quadrato doveva ospitare una gemma. La fibula serviva a fermare il costume femminile longobardo. Fu portata in Italia con l'immigrazione di quel popolo e rimase in uso per poco tempo, grossomodo dal 568 all'inizio del VII sec.

martedì 11 ottobre 2022

Archeologia. La particolarità dei pesi da telaio romani in Trentino Alto Adige

Rovereto. Museo Civico. Pesi da telaio di epoca romana (foto Daniela Durissini)
In epoca romana la produzione di laterizi in Trentino Alto Adige comprendeva per lo più tegole e coppi, impiegati assieme per la copertura dei tetti. Le tegole, accostate le une alle altre, venivano coperte, lungo le giunture realizzate ad aletta, dai coppi. Un'altra produzione interessante comprendeva i pesi da telaio, qui piuttosto diversi da quelli che si trovano in altre regioni. I pesi, in terracotta, in gran parte di forma troco-piramidale, venivano realizzati con un foro nella parte superiore, in cui venivano infilati anelli  o piccole barre metalliche ai quali erano saldati i fili dell'ordito del telaio che, in tal modo, risultavano ben tesi. In Trentino Alto Adige tali pesi sono particolarmente pesanti (circa 900 gr l'uno) a causa del filato più grosso ch'era necessario lavorare in questa regione, mediamente più fredda di quelle situate innuna fascia più meridionale. 

domenica 9 ottobre 2022

Fotografare l'arte. Un capolavoro di Pietro di Cosimo

Roma. Gallerie Barberini Corsini. Palazzo Barberini
Pietro di Cosimo. S.Maria Maddalena che legge (foto Daniela Durissni)
A Roma, presso le gallerie nazionali di Palazzo Barberini, è esposto uno dei capolavori del pittore Pietro di Cosimo (Firenze 1461-1522). Si tratta di un dipinto, realizzato tra il 1490 ed il 1495, con la tecnica della tempera su tela, che raffigura Santa Maria Maddalena intenta a leggere. Con la scelta di questo soggetto, il pittore fiorentino, allievo di Cosimo Rosselli, che fece una lunga ed importante esperienza seguendo a Roma il maestro ed essendo impiegato alla decorazione della cappella Sistina, si conferma artista originale e raffinato, capace di composizioni particolari e di grande fascino, di cui diede innumerevoli prove. Il Vasari disse di lui che fu un "ingegno astratto e difforme", indicandolo come un uomo dal carattere difficile e spigoloso, soggetto a momenti di furore, che lo allontanava dalle persone e dai collaboratori, tuttavia geniale nel comporre storie nuove e significative con allusioni alla pittura di Leonardo ma anche, in alcune sue opere, ai primitivi fiamminghi.

mercoledì 5 ottobre 2022

Culture. Cirillo e Metodio e l'evangelizzazione dei popoli slavi

Brod. Capitello coi santi Cirillo e Metodio (foto Daniela Durissini)
Ai margini del villaggio di Brod, non lontano da Bohinjska Bistrica, tra le montagne della Slovenia, un capitello tra i campi riporta, l'immagine dei Santi Cirillo e Metodio, recanti un libro in cui si indovina la figura del Cristo in mandorla. Ma chi erano Cirillo e Metodio e come mai qui sostituiscono le consuete immagini sacre dei capitelli e delle edicole diffusi in zona e non solo? Costantino, nato a Tessalonica, fra l'826 e l'827 (prese il nome di Cirillo quando, al termine della sua vita, prese l'abito monastico), era fratello di Metodio, nato anch'egli a Tessalonica nell'815 (la data è incerta) ed i due si dedicarono all'evangelizzazione dei popoli di Pannonia e Moravia. A Cirillo si attribuisce l'invenzione dell'alfabeto glagolitico, probabilmente elaborato alcuni anni prima della traduzione ch'egli fece di alcuni passi del Vangelo di Giovanni. A Roma, dove consegnarono le reliquie di papa Clemente I, esiliato e morto in Crimea, Niccolò I approvò su loro proposta, la diffusione della Bibbia in lingua slava, purché se ne facesse precedere la lettura dai passi in latino. Mentre Cirillo morì a Roma, nell'869, Metodio, che proseguì da solo l'opera di evangelizzazione iniziata assieme al fratello, morì a Velehrad, oggi nella repubblica ceca, nell'885. Occorre anche ricordare che i fedeli di Cirillo e Metodio furono accusati di eresia, proprio per l'impiego della liturgia slava, e che lo stesso Metodio venne incarcerato per due anni e liberato solo grazie all'intervento del papa Giovanni VIII. Per i popoli slavi i santi Cirillo e Metodio, costituiscono il simbolo del loro riconoscimento e della loro accettazione nell'ambito della Chiesa.
Brod. Capitello coi santi Cirillo e Metodio
(foto Daniela Durissini)

venerdì 30 settembre 2022

Arti e architetture. L'acquasantiera gotica nella basilica di Aquileia

Basilica di Aquileia. Acquasantiera (foto Daniela Durissini)
Basilica di aquileia. Acquasantiera (foto Daniela Durissini)
Il capitello gotico, riusato come acquasantiera, sistemato presso l'ingresso nord della facciata occidentale della basilica di Aquileia, fa parte di una serie di sculture realizzate nella seconda metà del XIV secolo, in occasione dei primi restauri effettuati all'edificio, danneggiato dal terremoto del 1348. Gli studiosi che si sono occupati di questo complesso corpo scultoreo ritengono che esso sia stato realizzato da scalpellini provenienti da fuori, di cui alcuni probabilmente formatisi presso il grande cantiere di Palazzo Ducale a Venezia, mentre contemporaneamente, o forse in un momento successivo, considerando che i restauri durarono per diversi anni, lavorarono alla chiesa di Aquileia maestranze di cultura parleriana. Ricordiamo che la scuola parleriana ha origine da una famiglia di scultori attivi nella seconda metà del Trecento in Germania, Austria, Boemia, Svizzera, Italia. 

sabato 24 settembre 2022

Fotografare l'arte. Aquileia. Aula teodoriana nord. Cesto di lumache

Aquileia. Aula teodoriana nord. Mosaico pavimentale. Cesto di lumache 
(foto Daniela Durissini)
Il cesto di lumache, rappresentato nel mosaico pavimentale dell'aula teodoriana nord aquileiese, e precisamente nella seconda campata, allude alla resurrezione, poiché l'animale esce dal guscio. Già i romani usavano mangiare le lumache nei banchetti funebri, ritenendole simbolo della resurrezione, ed analoga simbologia venne assunta dagli gnostici e dai primi cristiani. Le lumache qui rappresentate appartengono alla specie Helix cincta, commestibile ed assai comune nei dintorni di Aquileia. 

martedì 20 settembre 2022

Fotografare l'arte. Filippo Rusuti. Il sogno di papa Liberio

Filippo Rusuti. Il sogno di papa Liberio. Il patrizio Giovanni (1294-1308)
Roma. Chiesa di Santa Maria Maggiore. Facciata (foto Daniela Durissini)
Quando papa Niccolò  IV (1288-1292) volle la ristrutturazione della chiesa di Santa Maria Maggiore, chiamò Filippo Rusuti affinché decorasse a mosaico la facciata. L'artista si dedicò alla monumentale opera tra il 1294 ed il 1308 e, tra le altre immagini che creò, ci fu anche la complessa vicenda che aveva portato, secondo la tradizione, alla fondazione della chiesa. Nella notte tra il 4 ed il 5 agosto del 358, il patrizio Giovanni sognò la Vergine Maria che gli chiese di erigere una chiesa nel luogo in cui, il giorno successivo, avrebbe trovato la neve. Anche papa Liberio, nella stessa notte, ebbe la medesima visione e pertanto il giorno successivo, quando comparve la neve sulla cima dell'Esquilino, tracciò personalmente sul manto bianco la pianta della futura basilica, che venne eretta grazie al finanziamento del patrizio Giovanni. 
Filippo Rusuti. Il sogno di papa Liberio. Papa Liberio col patrizio Giovanni
Roma. Chiesa di Santa Maria Maggiore. Facciata (foto Daniela Durissini)


giovedì 15 settembre 2022

Archeologia. Le battaglie di Pirro e il piatto di Capena


Roma. Museo Nazionale Etrusco. Piatto di Capena (foto Daniela Durissini)
Il bellissimo piatto, conservato presso il Museo Nazionale Etrusco di Roma e proveniente da Capena, raffigurante un elefante seguito da un cucciolo, fa riferimento alle campagne italiane di Pirro, re dell'Epiro, (fine III sec. a. C.). Pirro fu chiamato in aiuto dai Tarentini contro i romani, nel 280 a.C., e vinse una memorabile battaglia, facilitato anche dalla presenza degli elefanti da combattimento, fino ad allora sconosciuti in Italia che, come raffigurato sul piatto, portavano sul dorso una torretta merlata nella quale potevano prendere posto due arcieri, ma che soprattutto spiazzavano il nemico con la loro mole eli terrorizzava con le mosse improvvise e devastanti. Nel 275 a.C. però i romani, guidati dal console Curio Dentato, ormai abituati alla presenza dei pachidermi, avendo escogitato alcune tattiche per affrontarli,  riuscirono a sconfiggere Pirro a Benevento e catturarono otto elefanti, alcuni dei quali sfilarono a Roma nel trionfo del console, suscitando lo stupore degli astanti. 
Il piatto appartiene ad una classe di vernice nera con decorazione dipinta chiamata pocola. Il nome deriva dall'iscrizione che portano alcuni di essi, col nome di una divinità, seguito dalla parola pocolom.
Il piatto è piuttosto famoso e la decorazione è estremamente raffinata. Sulla vernicitura nera sono state dipinte delle foglie d'edera e delle rosette, mentre il medaglione centrale raffigura un'elefantessa, seguita da un elefantino con la proboscide allacciata alla coda della madre, la quale ha sul dorso una gualdrappa rossa, fissata con delle cinghie alla pancia, sulla quale è posata una torretta merlata con due arcieri all'interno. 

sabato 10 settembre 2022

Archeologia. Aquileia. Fibula di età gota

Aquileia. Museo archeologico nazionale. Fibula di età gota
(foto Daniela Durissini)
La fibula di età gota, esposta al Museo archeologico nazionale di Aquileia, è stata rinvenuta in una sepoltura, nell'area nord orientale della città, in località Monastero, alla fine dell'Ottocento. L'oggetto, realizzato in argento, lavorato a sbalzo, con decorazioni geometriche, è impreziosito da granati almandini rossi e veniva utilizzato per chiudere la cintura della veste. 
Nell'alto medioevo, quando ancora non si usavano i bottoni, le fibule venivano utilizzate per chiudere le vesti, nelle cinture o sulle spalle, per fermare i mantelli. Questo ne è uno splendido esempio, appartenuto senza dubbio ad una persona di alto rango, data la preziosità della lavorazione e dei materiali impiegati.  

mercoledì 7 settembre 2022

Archeologia. Aquileia. Aula teodoriana nord

Aquileia. Aula nord Teodoriana. Mosaico pavimentale
Il gallo e la tartaruga (foto Daniela Durissini)
La cripta degli scavi della Basilica di Aquileia consente di osservare, tra le altre cose, il magnifico pavimento dell'antica aula nord teodoriana (sec. IV) parallela all'aula principale e dedicata presumibilmente alle celebrazioni liturgiche. Due studiosi friulani, Gilberto Pressacco e Renato Jacumin, hanno interpretato questi mosaici, così diversi da quelli del pavimento basilicale, facendo riferimento allo gnosticismo, penetrato su questi territori attraverso i numerosi e frequenti contatti commerciali con il vicino Oriente e con il nord Africa. Questa teoria giustificherebbe in effetti lo schema complesso del mosaico, che presenta una raffigurazione ed una distribuzione degli spazi assai diversa dall'iconografia antica alla quale invece attinge la pavimentazione del pavimento basilicale. Anche se la realizzazione del campanile, nella prima metà dell'XI secolo, lo ha gravemente danneggiato si può leggervi ancora il tema svolto da abili maestranze, forse provenienti dal Medio Oriente. Si tratta del percorso necessario per giungere alla salvezza, attraverso la purificazione dell'anima. Il tema è trattato attraverso una simbologia che elimina del tutto la figura umana, e che risulta di difficile comprensione per coloro che non siano stati iniziati alla filosofia ed ai riti gnostici. 
Aquileia. Aula nord Teodoriana. Mosaico pavimentale.
Il drago trasformato in capretto (foto Daniela Durissini)
L'arduo percorso che l'anima deve fare per giungere all'agognata salvezza viene rappresentato in tre stadi, a loro volta simboleggiati dai diversi animali, dagli uccelli sul tirso, raffigurante l'anima, all'asino che rappresenta il diavolo che ne ostacola il procedere verso lo stadio successivo, dove sono rappresentati un capricorno, un gambero, un drago ed un toro. Si ritiene che il drago sia stato modificato in un capretto quando gli gnostici entrarono in odore di eresia. E' qui, nello stadio delle stelle fisse e delle costellazioni, che l'anima si purifica, mediante gli insegnamenti biblici e l'esempio di Mosè (capricorno), Giosuè (gambero), Cristo stesso (drago), mentre per il toro non esiste tuttora un'interpretazione certa. Nel terzo stadio l'anima giunge infine alla salvezza, rappresentata qui dal gallo, simbolo del bene e del nuovo inizio, posto di fronte ad una tartaruga, simbolo delle tenebre. Al di sopra dei due una boccetta di profumo indica il completamento del percorso e la raggiunta grazia di Dio. 
Il mosaico è stato restaurato di recente e riportato allo splendore iniziale. 


venerdì 2 settembre 2022

Fotografare l'arte. Aquileia. Aula teodoriana nord. Nido di pernici

Aquileia. Aula teodoriana nord. Pavimento musivo. Nido di pernici
(foto Daniela Durissini)

Lo splendido nido di pernici, rappresentato nel pavimento musivo dell'aula teodoriana nord di Aquileia, allude alla costellazione delle Pleiadi, che si presenta a maggio, nel periodo della mietitura che qui si riferisce alla raccolta delle anime inquiete da parte degli gnostici che, di fatto, come dimostrato da numerosi studiosi, sembrano aver ispirato l'intera opera.

►(click) Graziella Protto, Pistis Sophia e mosaici dell'aula nord della basilica di Aquileia

venerdì 26 agosto 2022

Fotografare l'arte. Museo di Aquileia. Pisside

Aquileia. Museo Archeologico Nazionale. Pisside (foto Daniela Durissini)
Tra i preziosi vetri della collezione del museo aquileiese (ricordo, una delle migliori collezioni di vetri romani esistente) vi è questa magnifica pisside in vetro colorato e nastri in oro, risalente al I sec. d.C.  

martedì 23 agosto 2022

Arti e architetture.La lampada del Tesoro veneziano di San Marco


Aquileia. Museo archeologico. Lampada a sospensione (foto Daniela Durissini)
L'evento Mirabilia ha portato al Museo di Aquileia nell'estate di quest'anno, la magnifica lampada in cristallo di rocca, del Tesoro di San Marco a Venezia. L'oggetto è davvero unico; creato nel secolo IV, quindi in epoca romana, come coppa, da un unico blocco di cristallo ialino, perfettamente trasparente, mediante una tecnica raffinatissima, di scultura ad altorilievo, raffigura dei pesci e dei molluschi disposti su due registri, di cui quello inferiore andato in parte perduto, un tempo costituiva il piede della coppa. In un periodo compreso tra il X ed il XII secolo, con l'aggiunta di un bordo in argento dorato, dotato di quattro anelli per la sospensione e di otto alloggiamenti per candele nella parte superiore, la coppa è stata trasformata in una lampada. L'oggetto si inserisce in quel filone di piccole opere che nell'antichità furono realizzate in pietre preziose e semipreziose, decorate a rilievo, destinate in genere all'aristocrazia, dato il loro notevole valore economico, di cui esistono alcuni interessanti esempi anche nella collezione del museo aquileiese. 

sabato 6 agosto 2022

Fotografare l'arte. Maestro lucchese. Crocifisso su tavola

Pittore lucchese. Croce dipinta (metà del sec. XIII)
Roma. Galleria Nazionale di arte antica Palazzo Barberini
(foto Daniela Durissini)
Lo splendido crocifisso su tavola esposto presso la Galleria Nazionale di arte antica di Palazzo Barberini ed attribuito ad un pittore lucchese della cerchia di Bonaventura Berlinghieri, risale alla metà del secolo XIII. Costituisce un esempio di pittura medievale su tavola sagomata, interessante per l'impaginazione e per la serena figura del Cristo. Le figure di Maria e della Maddalena lo affiancano, mentre sono relegati in basso i due ladroni, sofferenti, in croce. In alto il Padre, benedicente e due angeli.  La croce misura cm. 286x187x6.

martedì 2 agosto 2022

Fotografare l'arte. Il sarcofago degli sposi

Sarcofago degli sposi (sec. VI a.C.)
Roma. Museo etrusco di Villa Giulia (foto Daniela Durissini)
Sarcofago degli sposi (sec.VI a.C.). Particolare
Roma. Museo etrusco di Villa Giulia (foto Daniela Durissini)
Il sarcofago degli sposi (VI sec. a.C.) è un noto capolavoro dell'arte etrusca in terracotta. Fu rinvenuto in una tomba della Banditaccia nel 1881 e fu acquistato dal Museo di Villa Giulia, il cui direttore ne comprese l'importanza, benché rotto in più di quattrocento pezzi. Il grande sarcofago (140x202 cm), modellato intero, venne poi spezzato in due parti per evitare di danneggiarlo in cottura. Il coperchio riporta una coppia distesa su un kline o letto da convivio, che già colloca i due defunti tra l'aristocrazia, ma a confermare l'appartenenza ad una classe sociale elevata è anche l'abbigliamento della donna, cinta amorevolmente dal marito, dietro di lei, della quale si evidenziano il copricapo, la ricca veste ed i calzari particolarmente raffinati. Un mantello cinge i fianchi dell'uomo. La scena cristallizza così nella morte un rapporto affettivo destinato a travalicare i confini della vita.

sabato 23 luglio 2022

Fotografare l'arte. Un capolavoro del sec. XIII. I mosaici del Rusuti a Santa Maria Maggiore (Roma)

Filippo Rusuti. Cristo in gloria (1288-1297)
Roma. Basilica di Santa Maria Maggiore (foto Daniela Durissini)
Filippo Rusuti (1255-1325), allievo del Cavallini, operò ad Assisi, Roma e Napoli. A Roma decorò a mosaico la facciata medievale della chiesa di Santa Maria Maggiore, poi coperta nel sec. XVIII dalla loggia realizzata dall'architetto Ferdinando Fuga. Il Cristo in gloria, nel registro superiore di questo complesso mosaico, è stato realizzato dal Rusuti tra il 1288 ed il 1297 (la datazione è stata possibile grazie alla presenza del cardinale Pietro Colonna, raffigurato nel mosaico quale committente) ed è un capolavoro assoluto. 
Filippo Rusuti. Cristo in gloria (1288-1297)
Roma. Basilica di S.Maria Maggiore (foto Daniela Durissini)

sabato 16 luglio 2022

Fotografare l'arte. Statua di Artemide Efesina

Statua di Artemide Efesina
Roma. Musei Capitolini (Foto Daniela Durissini)

La piccola statua di Artemide Efesina copia romana da originale del II secolo a. C., in marmo e bronzo, riproduce, la statua ellenistica di Artemide che si trovava nel tempio di Efeso. La dea degli animali e della natura, appare ricca di simboli di fertilità e porta il tipico pettorale racchiuso da una ghirlanda di elicriso, dal quale spuntano dei  piccoli cavalli, ed altri animali si trovano sulla veste. La statua originale era in ebano, ornata con vesti preziose e gioielli. 



venerdì 8 luglio 2022

Ambiente e territori. L'antico Tevere e Claudia Quinta

Il Garofalo. Claudia Quinta traina la nave di Cibele (1535)
Roma. Galleria Nazionale Barberini (foto Daniela Durissini)
I romani, anticamente, concepivano il Tevere, essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo della città, come una divinità, perfettamente integrata nella dimensione civica, tanto da partecipare agli eventi pubblici, dando un segno tangibile del gradimento o meno degli stessi e da assumere una funzione lustrale. Il fiume così non solo aveva il potere di purificare ma anche quello di testimoniare la purezza, in particolare quella delle donne. Celeberrimo l'episodio, tramandato nei secoli, del tempo in cui la nave, che trasportava a Roma la statua della dea Cibele, s'era arenata alle foci del fiume. Fu allora che Claudia Quinta, la cui purezza ed onestà era stata messa in dubbio da un'accusa di adulterio, implorò la dea affinché l'aiutasse a testimoniare la sua innocenza. Il Tevere, conscio della purezza della donna, alzò il proprio livello e Claudia Quinta riuscì così miracolosamente e da sola a trascinare la nave fino in città. 
Un altro episodio vede il Tevere direttamente coinvolto, questa volta nel testimoniare l'innocenza della vestale Tuccia, accusata d'incesto, che riuscì a trasportare l'acqua del fiume in un recipiente forato fino al tempio di Vesta.
L'acqua del fiume, elemento puro per eccellenza, si accomunava al concetto di purezza femminile e, all'epoca, al comportamento sessuale ritenuto corretto per una donna.
Benvenuto Tisi, detto il Garofalo (1481-1559) dipinge l'episodio che vede protagonista Claudia Quinta che ha attraversato i secoli ed è rimasto nella memoria dei romani, tramandato da Ovidio (Fasti, 4, 305 sgg).

martedì 5 luglio 2022

Fotografare l'arte. Jakob Philipp Hackert. La cascata dell'Aniene a Tivoli (sec. XVIII)

Jakob Philipp Hackert. La cascata dell'Aniene a Tivoli 
Roma. Gallerie Nazionali Barberini Corsini (foto Daniela Durissini)
Jakob Philipp Hackert è stato un pittore tedesco attivo in Italia nel secolo XVIII. Nato a Prenzlau nel settembre del 1737, già nel 1768, dopo aver girato l''Europa, si stabilì in Italia, dove rimase fino alla morte, avvenuta a San Pietro di Careggi nel 1807. Decisivo, per la sua carriera, fu il soggiorno a Roma, dove si guadagnò ben presto una notevole fama come pittore di paesaggi. La tela in questione, datata 1769, rappresenta un lavoro straordinario, per l'epoca, poiché fu dipinta tutta sul posto. Il pittore infatti, si recava ogni giorno ai piedi delle famose cascate per studiare il movimento dell'acqua ed anche il paesaggio che le circondava. Colse così con precisione la fascia verde a lato delle stesse e la luce particolare sulle case che sovrastavano il grande salto, nonché un bucato bianco, steso sul muro in alto. 

martedì 28 giugno 2022

Ambiente e territori. La chiesa di S.Martino a Lun (Isola di Pago, Croazia)





Isola di Pago, Croazia. Lun. Ruderi della chiesa di San Martino (foto Daniela Durissini)

Sul limite estremo nord dell'isola di Pago, di fronte all'isola di Arbe, affacciato su un canale ventoso e, spesso, burrascoso, con sullo sfondo le alte e selvagge montagne del Velebit, è stata costruita, già nel X secolo, la piccola chiesa intitolata a San Martino, oggi ridotta a pochi ruderi. Assai significativa la fondazione di questa piccolo edificio, in un luogo così isolato, che costituisce il limite estremo dell'isola.
Ma perché l'intitolazione a San Martino? In realtà la sua figura ed il suo culto erano assai popolari, fin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte.
San Martino era originario della Pannonia (316-397), ed esercitò il suo ministero in Gallia all'epoca del tardo impero romano. Venerato fin dal primo medioevo, "divenne il patrono della gente di chiesa, dei soldati, dei cavalieri, dei viaggiatori, che appendevano un ferro di cavallo sul portale della sua chiesa, degli osti e degli albergatori, che la sua festa arricchiva, dei vignaioli, dei vendemmiatori e di molte confraternite" (Alfredo Cattabiani, Calendario, Milano 1988).
Occorre tener conto inoltre che "Nella religione celtica si venerava un dio cavaliere che portava una mantellina corta: il culto proveniva dalla Pannonia, terra celtica e patria di San Martino. Era considerato il cavaliere del mondo infero, colui che vinceva gli inferi e trionfava sulla morte. Perciò...lo si considerava il dio della vegetazione che superava la morte attraverso la morte, e dunque garante del rinnovamento della natura dopo la "morte" invernale....La collocazione calendariale della sua festa ha contribuito a sottolinearne la funzione" (A. Cattabiani, 1988).
La festa di San Martino venne così pian piano a sostituirsi a quella del capodanno celtico, festeggiato per una decina di giorni a partire dai primo di novembre, periodo in cui inizia la fase di riposo agricolo, e, nell'Occidente cristianizzato, ne assunse più o meno lo stesso significato di rottura temporale, in attesa della rinascita primaverile. 

venerdì 24 giugno 2022

Archeologia. Štanjel. La torre di guardia

Štanjel. Torre di guardia (foto Daniela Durissini)
Štanjel, Vista dalla torre di guardia (foto Daniela Durissini)
La cima del colle che ospita l'abitato di Štanjel è stata utilizzata, fin da tempi antichissimi, come punto di osservazione, data l'eccezionalità della sua posizione, alta sulle vallate circostanti, dalla quale si controllavano facilmente le strade che conducevano dal mare verso l'interno. Per di qua passa anche la Via dei Castellieri, iniziativa sloveno-croata, che si avvale di un progetto europeo interreg e che segnala e raccoglie tutti i siti identificati come castellieri nei due paesi contermini, tra cui è compreso anche questo colle. I resti della torre, utilizzata sempre come osservatorio ma realizzata anche come opera difensiva, che si vedono oggi sulla cima, recentemente restaurati, risalgono al XIII o XIV secolo, ma si fondano su una torre romana, indicando quindi una ntevole continuità dell'insediamento su questo sito.