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martedì 29 giugno 2021

Itinerari. La Sovana medievale





1) Palazzo pretorio; 2) Palazzetto dell'Archivio; 3) Rocca aldobrandesca; 4) Duomo (portale); 5) Palazzo Bourbon del Monte 
(foto Daniela Durissini)

C'è una Sovana etrusca da vedere e conoscere, e poi c'è una Sovana medievale, forse meno frequentata ma non meno interessante. Costruita sulla cima di una rupe di tufo, come molti altri borghi della zona, Sovana ha origini assai antiche, testimoniate da alcuni tracce di insediamenti risalenti all'età del Bronzo finale. Dopo esser stato abbandonato e rioccupato il sito fu definitivamente abitato dal secolo IV a.C., quando venne costruita a sua difesa una poderosa cinta muraria. Importante centro romano, fu poi longobarda e, dal XIII secolo passò agli Aldobrandeschi che vi risiedettero ed eressero la rocca. La decadenza giunse però ben presto, con il dominio della famiglia Orsini, le distruzioni senesi ed il definitivo passaggio a Firenze, alla metà del secolo XVI. Un ruolo fondamentale nell'abbandono della zona l'ebbe poi la malaria, diffusissima sul territorio. Tanto Siena quanto Firenze tentarono di favorirne il ripopolamento senza successo.
Oggi la rocca aldobrandesca, smantellata fin dal secolo XVII è poco più di un pittoresco rudere, in fondo all'abitato, che appare invece assai curato. Le case di origine medievale si raccolgono attorno alla strada principale che conduce alla piazza del Pretorio, sulla quale affacciano il Palazzo pretorio (XII/XIII; XV sec.) sulla facciata del quale si distinguono alcuni stemmi dei capitani di Giustiza senesi e medicei (senza continuità, dal 1484 al 1686), la loggia del Capitano, il palazzo Bourbon del Monte, la chiesa di San Mamiliano, la più antica di Sovana, oggi sede del polo museale, il palazzetto dell'Archivio e la chiesa di Santa Maria Maggiore (XII-XIII sec., in seguito rimaneggiata)
Quest'ultima contiene opere di pregio, tra cui il noto ciborio preromanico, di squisita fattura ed alcuni interessanti affreschi.
Ormai fuori dall'abitato, in una zona campestre, si trova il Duomo, particolarissima costruzione romanica, restaurata però nel XIV secolo. 


mercoledì 23 giugno 2021

Culture. La notte di san Giovanni

In occasione della notte di San Giovanni ricondivido un post pubblicato alcuni anni orsono


Giovanni di Paolo. Giovanni Battista (1455-60)

Il 24 giugno, secondo il calendario liturgico della Chiesa latina, viene celebrata la festa che ricorda la natività di san Giovanni Battista. Questa data, di poco posteriore al solstizio d'estate, cade in un periodo, compreso tra il 19 ed il 25 giugno, che è stato ritenuto sacro fin dall'antichità. Si tratta infatti dell'assunzione, da parte della tradizione cristiana, di simbologie e riti universali, celebrati in forme diverse da quasi tutte le culture. La festa del 24 giugno ha una corrispondenza con quella dedicata all'altro san Giovanni, l'evangelista, celebrata il 27 dicembre, pochi giorni dopo il solstizio invernale. I due Giovanni si inserirebbero quindi nella tradizione precristiana dei riti solstiziali che celebrano il passaggio da una fase solare all'altra, in giugno da quella ascendente a quella discendente, a dicembre l'opposto.
Nella religione greca il solstizio d'estate era chiamato “porta degli uomini”, mentre quello invernale, era chiamato “porta degli dei” a simboleggiare il passaggio tra il mondo reale e quello trascendente, mentre nella tradizione romana il custode delle porte era il dio bifronte Giano, anche figurativamente collegabile al simbolismo solstiziale.
Il Battista, nella tradizione popolare “Giovanni che piange”, il san Giovanni decollato, apre la porta dell'universo al periodo più scuro dell'anno, in cui il sole perde man mano vigore, fino a quando, dopo un percorso lungo sei mesi, l'altro Giovanni, nella tradizione “Giovanni che ride”, aprirà la porta alla luce, quindi alla vita.


Caravaggio. Decollazione di San Giovanni Battista (1608)

Per questo motivo i riti connessi alla festa hanno tutti una funzione protettiva, come i falò, le processioni per i campi con le torce, le ruote infuocate che si fanno rotolare lungo i pendii, destinati tutti a scacciare i demoni e le streghe, in agguato lungo la strada che conduce attraverso la porta cosmica verso il buio.
Contemporaneamente vengono attuati riti di purificazione mediante il fuoco, ma anche attraverso l'acqua (la rugiada della notte di San Giovanni è ritenuta rinvigorente), o mediante l'impiego di erbe miracolose che hanno anche la funzione di tenere lontane le streghe e scacciare il malocchio.


Falò di San Giovanni

La notte di San Giovanni, illuminata dai falò, è anche una notte in cui si traggono presagi e si compiono riti propiziatori.
Le erbe di San Giovanni sono diverse da paese a paese, ma alcune sono comuni a tutti i riti e raccolte in mazzetti si mettono sulle porte, per fermare le streghe: l'iperico, detto anche erba di San Giovanni o scacciadiavoli, l'artemisia, la ruta, la verbena, la salvia, la menta, il rosmarino, il ribes e naturalmente l'aglio.


⇒ (click) Il libro: Alfredo Cattabiani, Calendario, Mondadori, 2008



E. Roesler Franz. La festa di San Giovanni sotto l'obelisco



martedì 22 giugno 2021

Itinerari. Farnese

Farnese (foto Daniela Durissini)

Farnese è un borgo medievale della Tuscia, costruito sulla cima di un colle di tufo, dall'aspetto raccolto e caratteristico. Dall'inizio del XIV secolo fece parte dei possedimenti territoriali della famiglia Farnese, dopo essere stato di proprietà della famiglia degli Aldobrandeschi. Data la posizione favorevole, non lontano dal fiume Olpeta, fu abitato ininterrottamente fin dall'età del Bronzo, ma l'epoca di maggior splendore fu senza dubbio quella che vide la costruzione di alcune opere significative, nel secolo XVI. La piazza principale è attraversata da un caratteristico viadotto ad arcate. 

Farnese. Piazza (foto Daniela Durissini)

Sulla stessa si trova una bella fontana monumentale, inaugurata nel 1887 quando si portò in paese l'acqua della sorgente  La Botte, liberando così la popolazione dalla necessità di rifornirsi al fiume o mediante raccolta dell'acqua piovana. 

Farnese (foto Daniela Durissini)

Girando per il centro storico ci si perde in un reticolo di stradine strette, lungo le quali si notano ancora i caratteristici pozzi per la raccolta dell'acqua, e case antiche, in un'atmosfera d'altri tempi.

Farnese. Centro storico (foto Daniela Durissini)

Farnese. Pozzo (foto Daniela Durissini)



martedì 15 giugno 2021

Archeologia. Le porte del "Castrum Muglae"

Muggia Vecchia. Resti della porta di Sant'Odorico (foto Daniela Durissini)


In epoca medievale (sec. X-XI) il Castrum Muglae, costruito sulla cima della collina alle spalle dell'attuale cittadina, fu circondato da notevoli mura di difesa, interrotte da tre porte, intitolate rispettivamente ai santi le cui effigi furono poste a protezione delle stesse, Sant'Odorico, Santa Margherita e Santa Caterina. Delle tre, la porta di Sant'Odorico, ancora in parte visibile, rimaneggiata più volte, restaurata in tempi recenti ed invero poco leggibile dai non esperti, si apriva sulla strada che conduceva dal borgo al porto ed alle saline. 


Muggia Vecchia. Ricostruzione della porta di Sant'Odorico tratta dallo spiegone collocato sul posto
(foto Daniela Durissini)

Le mura sembra fossero state realizzate da mani esperte, con trama regolare, ed erano probabilmente dotate di un'ulteriore struttura in legno, almeno in parte amovibile, come d'uso nelle fortificazioni coeve. In genere queste superfetazioni erano costituite, come si nota dalla ricostruzione offerta dallo spiegone collocato sul posto, da corridoi o sporti che servivano a rendere più facile la difesa delle mura in tempo di guerra e che venivano in parte rimosse negli altri periodi. Prima del restauro si notavano nella muratura della porta alcuni fori posti a distanza regolare che invece hanno fatto pensare ad un piano superiore, poi scomparso, retto da travature in legno. 


Muggia Vecchia. Porta di Sant'Odorico. Resti
(foto Daniela Durissini)


venerdì 11 giugno 2021

Fotografare l'architettura. Carso Triestino. Elementi architettonici (I)

Trebiciano. Casa carsica (foto Daniela Durissini)


Un elemento architettonico molto interessante e caratteristico negli edifici tradizionali carsici, è costituito dalle finestre riquadrate in pietra. Purtroppo le antiche costruzioni vengono molto rapidamente sostituite da nuovi edifici o cadono in rovina senza che vengano restaurate ed anche laddove si interviene con una forma di restauro, questo, molto spesso, non è condotto con i metodi corretti ed atti a salvaguardare i manufatti nella loro forma originale. Negli edifici più antichi le finestre, in genere, sono assai piccole e, nel lato esposto al vento di bora, del tutto inesistenti, e questo per mantenere all'interno una temperatura ottimale. Le finestre, come le porte, vengono riquadrate in pietra carsica.

►(click) La casa di pietra. Tipi e forme, Trento, Luigi Reverdito Editore, 1984

martedì 8 giugno 2021

Archeologia. Grotta Azzurra di Samatorza

Samatorza. Grotta Azzurra (foto Daniela Durissini)

Carlo Marchesetti, botanico, paleontologo e archeologo (laureato in medicina), direttore del Museo Civico di Storia Narurale di Trieste, dal 1876, compì una serie di importanti scavi sul Carso Triestino ed in Istria. La Grotta Azzurra, nei pressi di Samatorza, sul Carso Triestino, fu uno dei luoghi ai quali si interessò ed anzi, fu lui, a chiamarla così riferendosi al riflesso azzurro del cielo contro il soffitto della caverna. 

Samatorza. Grotta Azzurra (foto Daniela Durissini)

I primi scavi, effettuati sul fondo della cavità, portarono alla luce molte ossa di ursus spaeleus e di altri animali. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, date le caratteristiche del luogo, sembra che la cavità più profonda fosse visitata in epoca preistorica, ma non abitata, mentre invece nella parte interiore si sono trovate chiare tracce di focolari a partire dal Mesolitico e fino all'età del Ferro. 

Samatorza. Grotta Azzurra (foto Daniela Durissini)

Gli oggetti che sono stati ritrovati testimoniano di una popolazione che si dedicava prevalentemente alla caccia, ma anche alla pesca e, dal Neolitco, anche all'allevamento.

►(click) Scheda Museo Winckelmann (con un disegno di alcuni ritrovamenti)

venerdì 4 giugno 2021

Fotografare l'arte. Parco di Miramare. Fontana

Miramare. Fontana (foto Daniela Durissini)


Nel Parco di Miramare sono state realizzate diverse fontane. Tra queste, assai particolare quella che si trova nelle vicinanze del Castelletto, la zona del parco che Massimiliano volle più agreste e sede, tra l'altro, di coltivazioni sperimentali. La fontana in questione, incassata nel muro che circonda l'area prospiciente il piccolo edificio, riprende il tema del mare ed è costituita da tre vasche sovrapposte di dimensioni e forme diverse, inserite in una nicchia sormonatata da un arco. La vasca più grande e più bassa ha la medesima larghezza della nicchia, la seconda è più stretta, mentre l'ultima e più alta, presenta dimensioni decisamente minori, rotondeggianti ed è sormonatata da una decorazione che rimanda alla valva di una conchiglia. Il fondo azzurro della nicchia è cosparso di conchiglie di varie dimensioni, che compongono figure geometriche e che seguono l'arco che sormonta la nicchia.