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martedì 29 maggio 2018

Torbole. L'uliveto di Goethe


Torbole Uliveto di Goethe
Uliveto di Goethe (foto Daniela Durissini)

Torbole Uliveto di Goethe
(foto Daniela Durissini)
Nel settembre del 1786 W. Goethe intraprese il viaggio in Italia, che doveva consentirgli di ritrovare l'ispirazione poetica che sembrava mancargli dopo il successo dei "Dolori del giovane Werther", opera che gli aveva procurato la notorietà ed una buona posizione sociale (all'epoca del viaggio Goethe era ministro di Weimar e si occupava dell'università di Jena). Ma continuare a scrivere, dopo tale successo, si era rivelata un'impresa ardua; diffcile ripetersi allo stesso livello, quasi impossibile bissare l'entusiasmo con cui era stata accolta quell'opera, e l'autore era da tempo inattivo. Un viaggio nel paese affacciato al Mediterraneo, cantato da poeti e riprodotto da pittori, nel clima caldo e benevolo che favoriva le arti al di là della Alpi sembrava essere la soluzione al periodo di stallo. Fu così che Goethe arrivò sul lago di Garda e a Torbole, il 12 settembre del 1786, all'inizio del lungo percorso che l'avrebbe riportato in patria solo l'anno successivo.
Mano a mano che la strada scendeva da Nago verso il lago, le cui acque quel giorno erano molto agitate, l'animo si apriva e. giunto a Torbole lo scrittore annotò: "Sulle rive del Garda, mentre l'impetuoso vento proveniente dal meirdione sbatteva le onde contro la spiaggia ed io mi trovavo per lo meno così solo come la mia eroina sulla spiaggia di Tauride, tracciai le prime linee della nuova redazione dell'Ifigenia".

Torbole Uliveto di Goethe
(foto Daniela Durissini)

Alle spalle Goethe aveva l'uliveto che oggi lo ricorda, davanti c'era la spiaggia (non esisteva la strada che percorre la riva del lago), il quadro più adatto per conciliare l'arte dello scrivere alla natura che tanto amava.
Oggi l'uliveto, grazie all'impegno di un comitato cittadino, è protetto e valorizzato, dopo aver rischiato di venir abbattuto per la costruzione di una strada. 

giovedì 24 maggio 2018

Fotografare l'architettura. Rustico (Parco Nazionale del Triglav. Alpi Giulie Slovene)

Rustico in pietra con tetto in canniccio adibito a deposito degli attrezzi agricoli
Accanto all'ingresso si nota una rastrelliera per il fieno


Tolminske Ravne (foto Daniela Durissini)

I fantasmi dell'Impero. Un bel libro per una brutta storia

Ascari libici (1937)

Ho finito di leggere, con molto interesse "I fantasmi dell'Impero", un bel libro, pubblicato recentemente da Sellerio e scritto da tre esordienti, Marco Consentino, Domenico Dodaro e Luigi Panella. I tre, rispettivamente esperto di relazioni internazionali, business lawyer e avvocato penalista, amici da anni, si sono trovati tra le mani un fascicolo contenente le carte relative ad una missione compiuta da un avvocato militare in Etiopia nel 1937, conservato nell'archivio del Ministero dell'Africa italiana, e ne hanno tratto un romanzo storico di grande impatto, che della vicenda realmente accaduta non cambia che gli episodi marginali. 
Così il lungo viaggio dell'avvocato militare incaricato dal vicerè Graziani, per motivi molto diversi da quelli dichiarati ufficialmente, di indagare sul capitano Corvo, un ufficiale ribelle che, nella regione più interna del paese, era sospettato di aver commesso crimini atroci, diventa un percorso verso l'inferno, compiuto con l'aiuto di carte topografiche che sono poco più di un atlante, reso difficoltoso dalla scarsissima conoscenza del territorio, dai continui attacchi da parte dei ribelli ed anche di quegli italiani che assecondavano i contrastanti dettami della politica. 

I fatti narrati, le battaglie, le località, tutto corrisponde al vero, mentre sono stati cambiati i nomi di alcuni personaggi e sono state immaginate alcune vicende personali per dar corpo ad una storia affascinante e crudele che mette in luce la vera natura dell'occupazione italiana di quel paese ed i numerosi episodi incresciosi di cui si macchiarono alcuni uomini che facevano parte delle truppe italiane e soprattutto delle camicie nere. Di grande interesse i giochi di potere che emergono dalla vicenda, le ingentissime perdite che, a guerra solo ufficialmente finita, furono inflitte all'esercito italiano, anche a causa dell'incapacità e, alle volte, della viltà di alcuni ufficiali, mentre i documentari dell'Istituto Luce  facevano vedere in Italia tutta un'altra storia. Il romanzo si legge d'un fiato, come un giallo, ricco di colpi di scena, chidendosi fino all'ultimo come andrà a finire, ma al di là della piacevole lettura, ciò che emerge dal confronto con i dispacci militari e con le carte conternute nel fascicolo ritrovato da Luigi Panella è drammatico e sconcertante e dipinge un territorio, l'Etiopia, in cui si sta combattendo una guerra per bande, alcune comandate proprio da italiani, incontrollabile da parte di generali impegnati, a loro volta, in uno spietato confronto per accaparrarsi gloria e maggior potere, mentre anche in Italia si sta giocando sporco, come si scoprirà verso la fine del libro, che accompagna i personaggi principali fino al ritorno in patria ed alla fine della seconda guerra mondiale, quando vengono svelati i piani segreti, e tutto ciò che era stato taciuto negli anni cruciali dell'avventura africana. 

⇒(click) Il libro: M. Consentino, D. Dodaro, L. Panella, I fantasmi dell'Impero, Palermo, Sellerio, 2017 (Amazon Kindle)


mercoledì 23 maggio 2018

Una casa carsica

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casa carsica Trebiciano
(foto Daniela Durissini)

Qualche anno fa, quando passavi davanti alla casa, vedevi un vecchio curvo, seduto  in cortile, all'ombra dell'albero. La casa, allora, era già messa male, ma viva, grazie a quell'ostinata presenza. Il vecchio non aveva voluto lasciarla, nonostante gli acciacchi e l'età avanzata, nonostante l'impossibilità di far fronte ai lavori agricoli per i quali quella casa era stata costruita e abitata, nonostante la solitudine, combattuta sedendosi alla sera a guardare la poca gente di passaggio. Qualcuno lo salutava ma non si vedeva mai nessuno che si trattenesse a parlargli. Poi, d'improvviso, quell'uomo anziano, vinto dagli anni, non c'è più stato e la casa ha iniziato a morire.


(foto Daniela Durissini)
E' un vero peccato che nessuno si sia preso cura di questo edificio, una tipica casa carsica, dotata di un bel ballatoio, delimitato da una balaustra in legno, ora in disfacimento, che si raggiunge salendo i gradini di una scala esterna in pietra. Le finestre sono piccole, per non far entrare il freddo d'inverno e tener freschi gli ambienti d'estate, un glicine poderoso ricopre una pergola sulla facciata, e la sua ombra è così preziosa che il vecchio ci aveva costruito un recinto tutt'attorno, formato da colonnine di pietra.
Davanti alla porta del piano terra c'è un piccolo tavolo rotondo, anch'esso in pietra, ma non c'è più la sedia di legno, dove sedeva quell'uomo. L'ampio cortile, già utilizzato, come in tutte le case carsiche, per depositarvi il raccolto, è ora vuoto e silenzioso, e sembra attendere, come sospeso, quel destino, già scritto, che lo snaturerà.

Casa carsica Trebiciano
(foto Daniela Durissini)

martedì 22 maggio 2018

lunedì 21 maggio 2018

Val d'Adige - Val Lagarina. La chiusa di Ceraino


Val Lagarina Ceraino
Chiusa di Ceraino. Forti (foto Daniela Durissini)

La chiusa di Ceraino è un tratto della Val Lagarina in cui il fiume attraversa una forra compresa tra il monte Pastello ed i colli sulla sua destra orografica. Di qui passava la vecchia strada (tuttora strada normale) diretta al Brennero, ormai poco percorsa, in favore di una sempre più affollata e problematica autostrada. 

Val Lagarina chiusa di Ceraino
Pareti incombenti (foto Daniela Durissini)

Chi passa da queste parti invece, non dovrebbe trascurare il vecchio percorso, lungo il quale c'è molto da scoprire, come questo tratto di valle, quasi sempre all'ombra, in cui il fiume si fa strada tra severe pareti rocciose, ideale punto di difesa, nei pressi del quale, nel 1797, Napoleone condusse l'esercito francese dell'Armata d'Italia alla vittoriosa battaglia di Rivoli, che annientò l'esercito austriaco e portò alla resa di Mantova. 




Nel 1850 gli Austriaci costruirono quattro forti a difesa della zona della chiusa che, nel 1866, quando il territorio passò in mano italiana, vennero ulteriormente rinforzati e disposti alla difesa di un eventuale attacco proveniente da nord, in quanto il confine austriaco si trovava a poca distanza (a lato della strada si possono vederne le rovine). E' interessante notare che queste costruzioni furono erette nel luogo in cui già esisteva una fortificazione medievale, a guardia dei traffici sul fiume, rinforzata in epoca veneziana. 

Val Lagarina Ceraino
Forra della chiusa di Ceraino  (foto Daniela Durissini)

🚴 Oggi una pista ciclabile collega la Valpolicella alla Val d'Adige passando appunto per la chiusa e consente così di proseguire lungo gli altri percorsi della due valli dedicati ai cicloturisti. 

Fotografare l'architettura. Bressanone

Piazza del duomo di sera

Bressanone piazza del duomo
(foto Daniela Durissini)

giovedì 17 maggio 2018

I narcisi della Golica


Golica Caravanche Narcisi
(foto Daniela Durissini)

"Tutti gli anni, intorno al Corpus Domini, la Golica, nelle Caravanche, indossa il fiabesco manto dei narcisi. Guardando il monte dal fondovalle sembra che vi sia caduta neve recente. Ma non è neve, sono narcisi innumerevoli, senza fine, che coprono tutto il monte. Narcisi dappertutto: su tutti i prati, fino alla verde cima, oscillanti e annuenti sugli esili steli, in ondate di profumo inebriante, in una luce di festa, nella candida innocenza della bellezza floreale". 

Caravanche Golica narcisi
(foto Daniela Durissini)

Così Julius Kugy, alpinista, scrittore e principale cantore delle Alpi Giulie, scriveva nel suo libro "Le Alpi Giulie attraverso le immagini", pubblicato per la prima volta nel 1933, tradotto dal tedesco da Ervino Pocar e pubblicato da Tamari nel 1970, su iniziativa della Sezione di Gorizia del CAI.
Ed in effetti il miracolo dei narcisi, che si ripete ancora tutti gli anni, con maggiore o minore intensità a seconda dell'andamento stagionale, richiama nella località slovena di Jesenice, già cittadina industriale che oggi tenta di riconvertirsi al turismo montano, migliaia di escursionisti.

Caravanche Golica narcisi
(foto Daniela Durissini)


Da questa località infatti si sale, per strada asfaltata, alla Planina pod Golico dove si parcheggia l'auto e si parte a piedi per assistere a questo straordinario spettacolo. Nei giorni in cui i fiori sono più abbondanti, vicino alla Planina si fa festa, ballando e cantando (e bevendo) in onore dei milioni di corolle che si aprono sui fianchi della montagna. Il sentiero che conduce al rifugio sotto la Golica è in questo periodo frequentatissimo. 





Ma le fioriture durano parecchio tempo e soprattutto iniziano in basso e si prolungano per alcune settimane verso l'alto, per cui si possono evitare i giorni di maggior affollamento e godere ugualmente di questo spettacolo unico.

(foto Daniela Durissini)

Certo, l'atmosfera della festa, è anch'essa particolare ed è incredibile come la popolazione della valle sia legata ai suoi fiori, che vengono rappresentati un po' dovunque, su cartelli indicatori e insegne. Volendo, si può scegliere anche di accostarsi ai prati alti dal rifugio Dom Pristava, raggiungibile in auto da Jesenice, e qui l'escursione è opzionale giacché l'edificio, gestito in stagione, è praticamente sommerso dai narcisi che crescono fino al limite del piazzale dove sono sistemati i tavoli.



martedì 15 maggio 2018

Letture. Il Giappone post bellico di Kazuo Ishiguro

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Il premio Nobel per la letteratura, Kazuo Ishiguro, ci porta qui nel Giappone dell'immediato dopoguerra. La narrazione copre un periodo che va dall'ottobre del 1948 al giugno del 1950, due anni scarsi in cui cambiano molte cose nella vita del protagonista, il pittore Masuji Ono, le cui opere non si possono vedere perché, come si scopre nel dipanarsi della storia, dedicate all'esaltazione del vecchio regime e della politica imperialista ormai definitivamente sconfitta. 
"Se in un giorno di sole ti arrampichi per il ripido sentiero che porta dal piccolo ponte in legno fino a quello che qui intorno si suole chiamare il "Ponte dell'Esitazione", non dovrai camminare molto prima che fra le cime di due alberi di ginko ti appaia il tetto della mia casa".
L'incipit ci immerge nell'atmosfera sognante del vecchio Giappone, prima della guerra, quando il pittore aveva comprato una vecchia casa sulla collina, appartenuta ad un uomo colto e molto ricco, i cui eredi avevano indetto una sorta di concorso per cederla non al miglior offerente ma a colui che fosse stato ritenuto il più degno di subentrare ad una tale personalità. In questa casa insperata e bellissima, circondata da una vasto giardino, ed ora semi distrutta a seguito dei pesanti bombardamenti subiti dalla vicina città, vivono il vecchio pittore ed una figlia da marito che, perduta un'occasione di sposarsi l'anno precedente, cerca ora una seconda possibilità. Quanto peserà sull'approvazione dei futuri suoceri la consapevolezza dell'imbarazzante adesione di Masuji Ono alle idee politiche del recente passato? E soprattutto quanto ha pesato sull'occasione perduta? 
Il racconto, in cui la trasformazione della città e della sua periferia va di pari passo con la presa di coscienza del protagonista, ci parla del veloce cambiamento del Giappone nel dopoguerra, del desiderio delle nuove generazioni di cancellare tutto ciò che rappresentava la tradizione, e dell'adesione ai modelli importati dall'America e totalmente estranei alla cultura del paese. Così alla vecchia casa in legno, affacciata sul giardino si preferisce un piccolo appartamento nel centro cittadino, ai vecchi locali pubblici si sostituiscono le nuove case, alte quattro piani, e persino i parchi cambiano aspetto. Il vecchio pittore non si ritrova in un mondo che è mutato tanto rapidamente e, pian piano, ripercorrendo le tappe salienti della sua vita artistica e culturale, comprende che il suo tempo è definitivamente tramontato. Comprende, ma giustifica, i propri errori, il periodo di esaltazione, il suo successo dovuto all'adesione alla propaganda di regime, ed anche qualche pessima azione, commessa in nome della fedeltà al paese. "Le persone come la Tartaruga, le persone come Shintaro, possono percorrere coraggiosamente la propria strada, abili e inoffensivi, ma non conosceranno mai la felicità che io provai quel giorno. Persone simili non sanno che cosa significhi rischiare tutto nel tentativo di sollevarsi al di sopra della mediocrità". 
Quindi la sua non è assolutamente una resa, bensì una presa d'atto di quanto le cose siano cambiate, non un pentimento, ma una fiera rassegnazione al nuovo corso della storia. Alla fine anche l'ultimo dei bar che frequentava si arrende alle nuove costruzioni, la mutazione radicale è stata completata ed al vecchio pittore non resta che sedersi da solo, in compagnia dei propri ricordi, sulla panchina dove un tempo si trovava il tavolo riservatogli nel suo locale preferito, attorno al quale riuniva, per interminabili discussioni, i suoi allievi, che ormai gli hanno voltato le spalle.

Kazuo Ishiguro, Un artista del mondo fluttuante, Torino, Einaudi, 2006

⇒ Il libro: Kazuo Ishiguro, un artista del mondo fluttuante (Amazon kindle)



giovedì 10 maggio 2018

Biotopo naturale delle Noghere (Muggia). Una storia a lieto fine

Biotopo delle Noghere

Biotopo naturale delle Noghere (foto Daniela Durissini)

Questa storia ha inizio nell'anno mille, quando il Rio Ospo, dal corso breve, che bagnava le campagne della Valle delle Noghere (il nome deriva dal ladino Nujara, albero di noce) iniziò ad interrarsi ed a creare una zona paludosa non lontana dalla foce. Si pensò allora di creare delle saline, dato che il commercio del sale risultava, a quel tempo, assai redditizio. Nel medioevo  ce n'erano un po' dovunque, lungo la costa istriana e presso Trieste, e davano da vivere a molte persone. Quelle della valle dove correva il Rio Ospo furono dismesse nel 1827 e la natura pian piano le ricoprì, creando una zona a paludi e canneti. 




Negli anni '50 del secolo scorso questi terreni vennero sfruttati dall'industria ed inquinati con rifiuti di ogni genere. Una fabbrica di laterizi produsse degli scavi notevoli per ricavare l'argilla, sulla parte sinistra orografica del Rio Ospo e, quando fu dismessa, lasciò delle profonde buche, alcune delle quali furono coperte, altre furono adoperate come discarica. 




Grazie all'interessamento di un gruppo di appassionati ambientalisti e del Comune di Muggia, e con il finanziamento del Fondo Trieste, nel 2001 venne istituita l'area protetta del Biotopo naturale regionale delle Noghere, ma ci sono voluti ancora parecchi anni per l'esecuzione dei lavori necessari alla fruizione dell'area. 





Oggi le buche, ripulite e ripristinate, sono occupate da stagni formatisi naturalmente, che ospitano pesci ed anfibi. Numerosi anche i rettili e gli uccelli, tra i quali si contano anche alcune specie migratorie.  Una vera oasi di tranquillità, dove si può camminare, seguendo i sentieri che collegano gli stagni, sentendo ancora gracidare le rane. 

martedì 8 maggio 2018

Il glagolitico

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Vrbnik (Croazia). Esempio di glagolitico (foto Daniela Durissini)

Il glagolitico è il più antico alfabeto slavo. Venne creato dai missionari Cirillo e Metodio, originari di Salonicco, intorno alla metà del IX secolo, per poter tradurre nella loro lingua i testi liturgici, e si diffuse rapidamente tra tutte le popolazioni slave. L'alfabeto, composto da circa 40 grafemi, in parte derivanti dal greco corsivo medievale, ma con alcuni elementi copti ed ebraici, serviva anche a riprodurre le caratteristiche fonetiche della lingua, alle quali poco si adattavano le scritture latina e greca. 
Esistono due varianti del glagolitico, quella rotonda e quella quadrata, utilizzata in Croazia. Qui, in particolare, questo tipo di alfabeto, altrove sostituito col tempo dal cirillico, venne utilizzato più a lungo, dato che, nel 1248, il papa concesse ai Croati il privilegio di servirsi della propria scrittura e, conseguentemente, della propria lingua, nelle funzioni ecclesiastiche. Tale concessione, fatta inizialmente al solo vescovo di Segna, venne però estesa a tutta la regione adriatica della Croazia e fu mantenuta fino al Concilio Vaticano Secondo (1962-65).
L'uso del glagolitico, soprattutto nel corso del XIX secolo, fu anche inteso come un segno di identificazione nazionale. 


lunedì 7 maggio 2018

Foto in viaggio. Vrbnik (Krk, Croazia). Il campanile fiorito

Vrbnik (foto Daniela Durissini)
Il campanile di Vrbnik, come testimoniato da un'iscrizione in glagolitico (l'antico alfabeto slavo), fu eretto nel 1527. Una leggenda vuole che sia stato il denaro trovato nel rifugio di Gradec dei Frankopan, a consentirne la realizzazione. Il piano terra fu usato anche come prigione. Ogni primavera il campanile si copre dei magnifici cuscini, colorati di viola, della campanula istriana, una specie endemica, che colonizza facilmente anche le parti murarie degli edifici. 

Foto in viaggio. Vrbnik (Krk, Croazia). Il vicolo più stretto

Vrbnik (foto Daniela Durissini)
Vrbnik è un paese costruito su un colle, alto sul mare, che si raggiunge con una stradina in ripida discesa. Le case dell'abitato sono costruite una accanto all'altra, strette tra loro, mentre le più esterne sono addossate alle mura. Questo tipo di disposizione, assai comune nell'area mediterranea, costituiva anche un valido sistema di protezione, risultando alquanto difficile muoversi, e soprattutto orientarsi, tra gli innumerevoli passaggi. Tra tutti i vicoli di Vrbnik, ce n'è uno, che ha appena 43 cm di larghezza, una fessura, che si percorre solo camminando di lato.

venerdì 4 maggio 2018

Foto in viaggio. Tomislav Ostoja per Krk

Krk. Monumento realizzato da Tomislav Ostoja. Particolare (foto Daniela Durissini)

Tokislav Ostoja è un noto scultore e pittore croato, nato a Spalato nel 1931. Dopo aver frequentato la Scuola di  arti applicate della sua città si è trasferito a Zagabria, per frequentarvi l'Accademia di Belle arti. È autore di diversi monumenti pubblici e, per la cittadina di Krk, ha realizzato un'opera che ricorda il mare.

(foto Daniela Durissini)

Foto in viaggio. Krk (Croazia). Il sentiero delle querce secolari

Krk. Una delle querce secolari  (foto Daniela Durissini)
Nei pressi del villaggio di Milohnici ha inizio un sentiero che conduce ad una zona costiera e ad alcuni esemplari di quercia secolari. Il tronco di una delle querce, in particolare, ha una circonferenza notevole ma, ciò che colpisce maggiormente è lo straordinario sviluppo dei rami, che occupano l'intera radura dove è cresciuto l'albero. Il sottobosco, in primavera, è letteralmente tappezzato di ciclamini.

giovedì 3 maggio 2018

Krk, la Curicum romana

Pietra tombale romana nelle mura di Krk (foto Daniela Durissini)

Molte sono le vestigia romane rinvenute sull'isola di Krk, e di queste sono assai notevoli quelle emerse dagli scavi effettuati proprio nella cittadina omonima. Frequentata senza interruzione fin dal neolitico, si trova menzione dell'isola in alcune fonti greche e latine, dove viene riportato il nome di Curicta. I Liburni, popolo illirico che la occupò per un lungo periodo, la chiamarono Curicum, ed era questo, probabilmente, il mome originario.
Per Roma l'isola fu una postazione di notevole importanza strategica. Nei pressi, nel 49a.C. si svolse un'importante battaglia navale che vide contrapposti gli eserciti di Cesare e Pompeo.


Pavimentazione in pietra calcarea


Venendo alla città di Krk, vi si vede ancora l'impianto romano, con il decumano, la via principale che va dalla porta orientale, o Pisana, alla porta maggiore, ed il cardus maximus, che la incrocia. Entrambe sono lastricate in  pietra calcarea.

Tempio di Venere. Basamento colonna 


Verso il cuore della città vecchia si trovano le antiche terme e il tempio di Venere, le cui fondazioni sono emerse durante i lavori per la realizzazione di un negozio, il cui pavimento, in cristallo, lascia intravedere il basamento di una colonna.

Tempio di Venere











Questo ritrovamento,  che fece fermare i lavori per tre anni, è importantissimo, poiché i templi di Venere al di fuori di Roma erano pochissimi, ed occorreva la concessione da parte della gens Julia per poterli realizzare, dato che questa riteneva di discendere dalla dea, progenitrice e protettrice della famiglia. Pertanto fu lo stesso Caio Giulio Cesare, proconsole illirico, ad inaugurare il tempio nel 57 o 56 a.C..

Girando per i vicoli della cittadina si notano qua e là numerosi esempi di riuso di elementi architettonici e decorativi di epoca romana.


Piccola testa nel muro esterno delle terme


(foto Daniela Durissini)

mercoledì 2 maggio 2018

Foto in viaggio. Krk (Croazia). Castello

Torre del castello medievale

Krk. Torre del castello (foto Daniela Durissini)

Il castello fu costruito dalla famiglia Frankopan tra il XII ed il XIV secolo. Menzionato nelle relazioni dei provveditori veneti, presenta mura alte fino a 9 metri e torri a protezione della fortificazione, soprattutto verso il mare.

Foto in viaggio. Krk (Croazia) Campanile della cattedrale

Il campanile della cattedrale di Krk

(foto Daniela Durissini) 
Il campanile della cattedrale di Krk fu eretto in stile gotico nel XVI secolo. Nel 1767 assunse le attuali forme barocche e, sulla sommità fu collocato un angelo in legno, sostituito dall'attuale copia nel 1973. 

martedì 1 maggio 2018

Foto in viaggio. Krk. Sv. Kersevan

La chiesetta romanica di Sv. Kersevan (San Grisogono)

Sv. Kersevan (foto Daniela Durissini)


La chiesa di Sv. Kersevan (San Grisogono) è databile dall'XI al XII secolo ed è una delle più antiche della Croazia. Recentemente restaurata presenta una pianta circolare sulla quale si innestano tre absidi semicircolari. L'edificio, di piccole dimensioni ed interamente realizzato in pietra, è raggiungibile con un comodo sentiero che parte dal paese di Milohnici.