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martedì 16 luglio 2019

Il discobolo Lancellotti: la storia di un capolavoro recuperato

Museo Nazionale romano
Roma. Museo nazionale romano
Discobolo Lancellotti
(foto Daniela Durissini)
 


Il discobolo Lancellotti è una delle copie in marmo dell'originale scultura bronzea realizzata da Mirone di Eleutère attorno al 460 a.C.. L'opera romana, di artista sconosciuto, venuta alla luce a Villa Palombara-Massimo, sull'Esquilino, nel 1781, ed in possesso del principe Lancellotti, fu acquistata nel 1937 da Hitler per 5 milioni di lire e fu trasferita in Germania. Proprio perché non si trattava di un'opera trafugata, ma acquistata, benché notificata, cosa che avrebbe dovuto impedirne l'esportazione, fu molto difficile farla rientrare in Italia. Ci riuscì Rodolfo Siviero, storico dell'arte, noto per la sua attività di intelligence e per il recupero di molte opere d'arte trafugate nel corso della seconda guerra mondiale, che, alla fine del conflitto, convinse il Governo Militare Alleato dell'illegalità dell'operazione avviata nel 1937 e completata nel 1938 con il trasferimento effettivo della statua in Germania grazie anche alla mediazione di Galeazzo Ciano e contro il parere del Consiglio Superiore delle Scienze e delle Arti e del ministro Bottai.
Mentre l'originale, forse fuso per la città di Sparta, è andato perduto, esistono diverse copie del discobolo, realizzate in epoche successive. Il Lancellotti, risale al II secolo d.C., è scolpito nel marmo e sembra essere una delle copie più fedeli all'originale. La statua è alta 1,56 m. e, come ebbe ad osservare Giulio Carlo Argan, da qualsiasi punto la si osservi "La forza del gesto rimane immutata". Plinio invece, nella sua Naturalis Historia, non rispermiò le critiche a Mirone, citando diverse sue opere e trovandole scrupolose nell'esecuzione dei corpi, ma incapaci di comunicare sentimenti e stati d'animo (Plinio, Naturalis Historia, XXXIV, 57, 58).
Il discobolo Lancellotti è esposto al Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, che conserva anche il cosiddetto Discobolo di Castelporziano, privo della testa. Una copia di rara bellezza si trova invece al British Museum.




mercoledì 3 luglio 2019

La kylix di Medellin e i commerci nel Mediterraneo antico (VI sec. a.C.)

Kylix di Medellin  (grafica Daniela Durissini)

Negli anni '60 del Novecento in località Cerro del Castillo, presso Medellin, nella parte settentrionale della provincia di Badajoz (Estremadura, Spagna), nell'ambito di una necropoli orientalizzante, fu casualmente scoperto un vaso frammentato molto interessante per la storia dei commerci nel Mediterraneo del VI sec. a.C.. Ricomposti i pezzi si vide che si trattava di una coppa da vino in ceramica (Kylix) di fattura raffinata, di dimensioni non usuali e riccamente decorata. Da allora la coppa, che costituisce l'unico esemplare ceramico del VI secolo a.C. ritovato in Estremadura, è conosciuta come Kylix di Eucheiros, dal nome del maestro vasaio che la realizzò ed impresse il marchio del suo laboratorio, o Kylix di Medellin. Il pittore tuttavia rimane sconosciuto. 
La coppa, di provenienza attica, che oltre al nome di Eucheiros porta anche un'iscrizione che significa "sono un bel vaso", viene fatta risalire agli anni 560-550 a.C. e rappresenta Zeus con i fulmini in entrambe le mani. Dalla parte opposta si percepisce ancora un resto decorativo di un cavallo al galoppo e di un cavaliere. 
La fattura e la decorazione individuano senza dubbio una produzione di lusso, destinata ad una classe sociale elevata, che poteva permettersi tali oggetti. 
Ma, al di là dell'eccezionalità della realizzazione, il pezzo in questione va considerato anche come testimonianza dei rapporti commerciali tra la parte orientale del Mediterraneo e la penisola iberica.
Nello stesso luogo è stato trovato infatti anche un ariballo (piccolo vaso con corpo globulare utilizzato generalmente per contenere olii profumati) corinzio, giunto in Spagna, come il kylix, quasi sicuramente grazie alle navi greche, o puniche, come si è ipotizzato più di recente pensando ad un'intermediazione dei commerci, che si fermavano nel porto di Huelva da cui le merci venivano poi distribuite via terra verso l'interno della penisola. 


⇒(click) Per saperne di più: ArqueoUDIMA, La colonizzazione greca della penisola iberica: la Kylix di Medellin (In lingua spagnola)