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giovedì 28 dicembre 2017

Scipione ed Annibale, in guerra per Roma



Annibale
Lo storico Giovanni Brizzi, con un'operazione piuttosto complessa, mediando tra la necessità di rendere leggibile ad un pubblico più vasto di quello degli studiosi di storia, e l'esigenza personale di discorrere seriamente della sua materia, ha scritto questo bel libro, che mette a confronto due figure interessanti per la storia di Roma: Scipione ed Annibale. 
Dagli antefatti della guerra combattuta prima che i due scendessero in campo, all'arrivo di Annibale in Italia, alla fondamentale battaglia del Trasimeno (217 a.C.), in cui i romani subirono una cocente sconfitta da quel tattico straordinario che si era rivelato essere  il giovane generale cartaginese, si giunge alla maturità di Scipione, che perduti il padre e lo zio in Spagna, sarà destinato a coglierne l'eredità sui campi di battaglia, come Annibale aveva raccolto quella del padre Amilcare.


Henri Motte (1878) Annibale passa il Rodano
Da sempre nemici quindi, e da sempre desiderosi di incontrarsi e di conoscersi, i due generali hanno molto in comune, anche se Annibale, di carattere più crudele ed infido, è in definitiva il migliore in guerra e, secondo l'autore, proprio nella battaglia perduta di Zama compie il suo capolavoro.
Il merito di Scipione, che coglie i suoi primi, importanti, successi vincendo i cartaginesi in Spagna e sottraendo loro Cartagena, portando in patria un bottino di guerra non trascurabile che, tra l'altro, servirà a rimpinguare le scarse risorse rimaste a Roma dopo anni di guerre, è quello di aver studiato attentamente la tattica di Annibale e di aver adeguato le legioni romane, impostandole non più su uno schema rigido, ma rendendole mobili ed adattabili alle mosse del nemico.
Erano passati sette anni dal Trasimeno e sei da Canne, quando Scipione ottenne le prime vittorie in Spagna, mentre anche in Italia i cartaginesi avevano perso il controllo delle città di Capua e Siracusa. Era, di fatto, l'inizio della riscossa che vide man mano Roma prevalere sui nemici, fino a quando Annibale lasciò l'Italia per tornare in Africa, a soccorrere la stessa Cartagine, minacciata dall'esercito romano, guidato proprio da Scipione.


Heinrich Leutermann. Annibale nella battaglia di Canne 
Alla fine i due si affronteranno nella battaglia di Zama, in cui solo il caso, ma anche questo fa parte della storia, farà vincere Scipione, costringendo Annibale ad un ruolo secondario e condannandolo quindi all'esilio, che avrà fine soltanto con la sua morte, avvenuta per suicidio.
E se gli anni passati lontano dalla patria furono dedicati da Annibale alla ricerca di un riscatto e di una nuova occasione di scontro con Roma, misura, in qualche modo, del suo carattere indomito, il vincitore, Scipione, continuò a cercare il confronto con il cartaginese, anch'egli a sua volta sconfitto, ma dai suoi stessi concittadini, da un lato gelosi dei suoi successi , dall'altro preoccupati dal fatto che egli avesse osato rivendicare per sé stesso il riconoscimento di un aspetto quasi divino della sua persona. S'era ancora in epoca repubblicana ed il senato, trascinato da Catone, era poco disposto ad accettare simili atteggiamenti e, appigliandosi su alcuni episodi poco chiari avvenuti nel corso della sua carriera, riuscì ad emarginarlo, costringendolo a ritirarsi a vita privata.


Auguste Giraudon. Antioco III
Una nuova occasione per entrambi fu la guerra condotta contro Roma da Antioco III, presso la corte del quale era riparato Annibale. La sconfitta del re siriano però, era destinata a travolgerli nuovamente, e mentre per Annibale il destino aveva in serbo il definitivo declino ed il suicidio, Scipione, che aveva seguito il fratello Lucio in Grecia, fu accusato di aver dettato ad Antioco condizioni di pace troppo blande, per ottenere la liberazione del figlio, fatto prigioniero, e di aver accumulato ricchezze, non dichiarandole come bottino di guerra. Sdegnato da entrambe le affermazioni, la prima delle quali era senz'altro falsa, Scipione si ritirò definitivamente nella sua semplice casa di Literno dove morì di malattia,  a 52 anni, nello stesso periodo in cui moriva anche Annibale. 

Nicolas Poussin. La clemenza di Scipione (1640)
La storia dell'epoca perdeva quindi, quasi contemporaneamnte, due dei suoi più significativi protagonisti. Entrambi avevano giocato un ruolo fondamentale nel destino dei rispettivi paesi ed entrambi ne avevano subito le conseguenze, essendo stati abbattuti non dal nemico, ma dalle invidie e dai rancori suscitati in patria. 
Entrambi erano stati infine uomini soli, proprio per le loro capacità che li collocavano fuori dal comune sentire, e superiori a coloro che avrebbero dovuto essere loro pari e che non si erano rassegnati ad accettarne il ruolo dominante.
Giovanni Brizzi costruisce una narrazione delle vicende, "riempiendo" alcune lacune storiche, per rendere il racconto più fluido ma alla fine, quando si passa all'approfondimento ed alle note bibliografiche, ci si rende conto di quale e quanto lavoro ci sia dietro a questa "invenzione", e quanta esperienza sia necessaria per poter scrivere un libro come questo. Praticamente non c'è nulla di non verificato ed ogni parte aggiunta alla storia documentata è resa plausibile dalla verifica delle fonti e degli studi storici.
Particolarmente interessante risulta poi l'accurata ricostruzione delle battaglie, di cui l'autore è uno specialista, nonché della società romana dell'epoca, in bilico tra l'epoca repubblicana ed i sentori di un'evoluzione diversa, avversata da qualcuno ma ormai evidente anche in alcuni aspetti culturali che la caratterizzano, come l'accettazione dei modelli ellenistici, che pian piano vengono assunti e diffusi all'interno delle classi sociali più abbienti, per non parlare degli aspetti cultuali che la cultura greca porta con sé e dei quali si trova traccia nel periodo in questione.
Brizzi, a mio avviso, ha il merito di mettere in evidenza questi elementi rendendo particolarmente interessante il suo racconto e centrando appieno l'obiettivo di renderlo anche piacevole. 
Il libro, benché uscito qualche anno fa, è stato presentato alla 28a Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto, lo scorso ottobre, in cui Giovanni Brizzi è stato presente in quanto coautore del bel film sulla battaglia del Trasimeno. 

Giovanni Brizzi, Scipione e Annibale. La guerra per salvare Roma, Laterza 2009 (anche in Amazon e scaricabile in formato Kindle)



giovedì 21 dicembre 2017

Informazioni pratiche per un viaggio a Roma


Roma. Colosseo dal Palatino (foto Daniela Durissini)
Ora che il nostro viaggio a Roma si è felicemente concluso, ho pensato di fornire alcune indicazioni utili a chi avesse intenzione di andarci e già non conoscesse bene la città.

Come arrivare

Noi siamo arrivati a Roma in auto, dato che sia all'andata che al ritorno ci siamo fermati lungo la strada per visitare rispettivamente San Gimignano ed Assisi. L'entrata a Roma è piuttosto complicata ma, con l'aiuto fondamentale del navigatore, siamo approdati con relativa facilità al nostro albergo, in zona Villa Borghese. L'hotel Villa Pinciana, dove ci siamo trovati molto bene, è dotato di parcheggio. I prezzi del soggiorno variano, anche di molto, a seconda della stagione e del momento, come del resto accade per tutte o quasi le sistemazioni romane, pertanto occorre monitorare le offerte, se si vuole risparmiare qualcosa. Nella zona sono presenti alcuni parcheggi a pagamento che offrono tariffe speciali, se la permanenza supera la giornata.

Se si arriva a Roma in aereo entrambi gli scali sono collegati al centro mediante i mezzi pubblici. Anche i taxi offrono tariffe convenzionate per la corsa verso Ciampino (euro 38) e Fiumicino (euro 45).

Con il treno si arriva alla stazione Termini da cui con mezzi pubblici o taxi si arriva in albergo.

Adesso si arriva a Roma anche con il servizio Flixbus, molto economico, che ferma alla Tiburtina.

Dove soggiornare

Roma. Parco di Villa Borghese (foto Daniela Durissini)
Come detto noi abbiamo scelto un albergo nella tranquilla zona di Villa Borghese, distante 700 metri dalla stazione Barberini della metropolitana, ma molto più vicino alle fermate dei bus diretti al centro. Non abbiamo verificato la frequenza dei bus e della metro perché ci siamo sempre mossi a piedi, però ci hanno detto che entrambi non funzionano bene, il che rende difficile, per chi non è abituato a camminare tanto, il soggiorno in una zona oggettivamente lontana dalla maggior parte delle attrazioni. La questione non va sottovalutata, perché le distanze sono notevoli, e non si cammina nemmeno in piano. Gli alberghi in centro hanno prezzi maggiori e difficilmente posseggono il parcheggio privato, però ci sono molti B&B ed affittacamere che vanno presi in considerazione e valutati, magari con l'aiuto di Tripadvisor o Booking.

Dove mangiare

Grazie all'ottima colazione dell'albergo non siamo stati costretti a fare un pasto abbondante a pranzo, il che è stato senz'altro utile per poter usufruire dell'intera giornata a disposizione per le visite. Evitando i ristoranti veri e propri abbiamo provato alcuni bar del centro, che offrono anche qualche pasto veloce, come "Dante's", in via del Corso, dove ci siamo trovati molto bene, come l' “Antico Forno”, vicino a Ponte Sant'Angelo, superlativo, o le varie pizzerie “al taglio”, alcune delle quali servono prodotti di qualità, come alla “Boccaccia”, di via Leonina, zona Suburra, o alla “Focaccina di Serafina”, di via di Sant'Andrea delle Fratte, ma per lo più abbiamo preso il gelato al “Cannolo siciliano”, di via Quattro Novembre, dove abbiamo trovato cortesia, ottimi prezzi ma, soprattutto un gelato buonissimo.

Roma. "Il Cannolo siciliano" (foto Daniela Durissini)
Per il caffè la sosta classica della mattina è diventato per noi il "Caffè Greco", di via Condotti, dove il caffè costa 1,70 euro se consumato in piedi e 7 euro se ci si siede (noi ci siamo seduti una sola volta, di pomeriggio, nell'ultimo tavolino disponibile, vicino alla cassa). Il posto, molto noto per il suo passato e per le frequentazioni di artisti ed intellettuali è, in genere, affollatissimo. I dolci (che costano 12 euro l'uno) vengono serviti in porzioni abbondanti e sembrano molto buoni (non abbiamo sperimentato).

Roma. Caffè Greco (foto Daniela Durissini)
Nei dintorni si trovano locali, molto meno attraenti, dove, se ci si siede, si paga il caffè 3 euro, mentre in via del Babuino, al “baretto”, fanno un ottimo caffè per 1 euro (seduti 2,50).
Di sera abbiamo cenato, in genere, vicino all'albergo, perché abbiamo avuto la fortuna di incontrare “Brancaleone”, un locale particolare, con personale gentilissimo e sorridente, che a prezzi equi serve piatti tradizionali, assai gustosi. Le porzioni non sono enormi. Per cambiare abbiamo tentato anche al “San Marco”, dove ci siamo trovati assai male, ed al “Pomodorino”, dove abbiamo mangiato discretamente, in un salone enorme e quasi del tutto vuoto. Una sola volta abbiamo cenato in un locale in centro, il "Delizioso", in via della Mercede, assai criticato su Tripadvisor ed in effetti piuttosto squallido, ma dove ci hanno portato una cacio e pepe niente male (sarà stato un caso fortunato?).
Di locali ce ne sono tantissimi, e per questo la scelta è difficile; sembrano un po' meglio, come prezzi e come qualità, alcuni a Trastevere ed alcuni nei dintorni del Pantheon, però non si può pensare di cenare troppo lontano dall'albergo, a meno di non tornare in taxi.

Visite culturali

Capitolo delicato questo, per una città come Roma che non si finisce mai di scoprire. Infatti, un discorso va fatto per coloro che non ci sono mai stati, un altro per coloro che la conoscono e che vi tornano più volte. Noi, fortunatamente, avevamo già visto diverse cose, tra cui la Basilica di San Pietro ed i Musei Vaticani. Ci dicono infatti, e ce l'hanno confermato anche sul posto, che i Musei Vaticani ormai non si possono visitare, perché anche se si è muniti di biglietto salta code, si viene travolti dalla massa che si ferma, di preferenza, davanti alle opere più famose, per non parlare della Cappella Sistina, che così non si possono ammirare con la dovuta, e sperata, tranquillità. Anche per la Basilica le file sono chilometriche.

Roma. Vaticano (foto Daniela Durissini)
Un discorso a parte va fatto per tutti gli ingressi sorvegliati e dotati di metal detector, poiché è ovvio che, anche con il biglietto salta code, capiti di fare la fila per i controlli di routine (a noi è successo al Colosseo, per esempio, ed ai Fori Imperiali). Roma, infatti, è costantemente visitata da migliaia di persone, e le mete più ambite sono comunque e sempre affollate. In dodici giorni a Roma, in cui passavamo quasi ogni giorno davanti alla Fontana di Trevi, ci è capitato di vedere poca gente una volta soltanto. Quasi tutte le mete turistiche più ambite sono, giustamente, pattugliate e di questo servizio bisogna essere grati ai ragazzi dell'esercito e delle forze dell'ordine che lo attuano e occorre pazientare se vengono effettuati i controlli. A noi non è successo, ma abbiamo visto una lunga fila per entrare al Pantheon, il cui ingresso è gratuito, ma le cui visite vengono contingentate.

Roma. Pantheon (foto Daniela Durissini)
Dato che le occasioni di visita sono tante, si può pensare di risparmiare qualcosa (comprese le lunghe file alle biglietterie) nella prima domenica del mese, ma inevitabilmente la vostra visita sarà un po' ...affollata. Per questo motivo noi abbiamo scelto i Fori Imperiali ed il Colosseo, perché almeno lì la folla si disperde (oddio! per il Colosseo non è proprio così perché l'abbiamo visto pieno come nel periodo dei migliori spettacoli di gladiatori).
Per quanto riguarda i musei, a Palazzo Barberini bisogna lasciare le borse, anche piccole, negli armadietti all'ingresso, ma questo dipende da chi controlla in quel momento, poiché non è una regola valida sempre e per tutti. Alla Galleria di Villa Borghese bisogna lasciare tutte le borse (anche quelle piccole) ed anche le custodie delle macchine fotografiche, a meno che non stiano in tasca. Questo può creare qualche fastidio e perciò bisogna prepararsi adeguatamente. Nella maggior parte dei musei, peraltro, questo non succede e sono tollerate anche le borse piccole.

Roma. Villa Borghese (foto Daniela Durissini)
Il costo dei biglietti varia da 5 euro a 25, a seconda del museo e della gestione dello stesso.
Se siete stufi di vedervi costantemente circondati da una folla vociante e spesso irrispettosa del diritto di tutti di vedere le cose, recatevi alle Terme di Caracalla, interessantissime ed inspiegabilmente trascurate (per fortuna).

Roma. Terme di Caracalle (foto Daniela Durissini)
Anche i Musei Capitolini si possono visitare con tranquillità, per non dire della preziosa Villa Giulia, splendida dimora, in cui si trova il Museo Etrusco (non ci va quasi nessuno). Un altro posto assolutamente da vedere e poco visitato è il palazzo Doria-Pamphilj, con la sua galleria. I quadri sono esposti in modo bizzarro, nel nostro concetto attuale, ma bisogna dire che la galleria rispecchia appieno lo spirito dei collezionisti che hanno raccolto questa grande massa di dipinti e sculture. All'interno c'è anche una caffetteria, cosa piuttosto rara nei musei romani (ai Capitolini c'è e funziona discretamente, ed è un bene, data la mole di opere d'arte da vedere).

Roma. Piede della statua colossale di Costantino (foto Daniela Durissini)
Per quanto riguarda i biglietti salta code, noi li avevamo solo per il Colosseo, poiché ce li hanno dati assieme a quelli dei Fori Imperiali, nella prima domenica del mese, e ci sono serviti per saltare la lunghissima coda che si era formata per ritirare alla biglietteria i biglietti gratuiti!!!! Negli altri posti non abbiamo trovato mai code alle biglietterie.
In effetti a Roma i turisti a seguito delle guide vanno al Vaticano, ai Fori Imperiali, al Colosseo, alla Fontana di Trevi e qui troverete sempre tanta gente. Anche al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme abbiamo trovato alcune guide che bloccavano il loro gruppo per tanto tempo davanti a singole opere, ma abbiamo fatto il giro all'incontrario e così abbiamo ovviato al problema. Del resto lì ci interessavano principalmente gli affreschi della villa di Livia e quelli delle altre dimore di epoca imperiale.

Roma. Fontana di Trevi (foto Daniela Durissini)
A questo proposito un avvertimento: è ovvio che non si possa vedere tutto e soprattutto che non si possa vedere tutto con interesse, perché fatalmente, dopo un po', l'attenzione cala, perciò sarà meglio informarsi prima di entrare in un museo e puntare a ciò che si ritiene di maggior interesse, tralasciando il resto, altrimenti si viene sopraffatti e non ci si gode la visita.
Un piccolo consiglio per San Pietro in Vincoli. Poiché la chiesa osserva la chiusura all'ora di pranzo ed apre alle 15, a quell'ora si forma, in genere, una cospicua fila all'ingresso, che poi si trasferisce, compatta, al Mosè di Michelangelo. Dopo un quarto d'ora, davanti al capolavoro non c'è quasi nessuno!

Roma. San Pietro in Vincoli. Mosè (foto Daniela Durissini)
Infine un ultimissimo consiglio: camminate senza meta per le strade di Roma, sui sanpietrini sconnessi, alzate lo sguardo e ammirate quello che vi circonda, al di là del noto, vedrete scorci stupendi, quasi segreti, in un posto dove passano migliaia di persone. Fermatevi ad osservare il tramonto, questo in compagnia di molti, dalla cima della scalinata di Trinità dei Monti, quando le cupole della città si stagliano contro il cielo che assume man mano tutte le tonalità del rosa, guardate le facciate delle vecchie case, tinte di quel giallo caldo e così particolare che è tipico di Roma. Ne rimarrete incantati. 
E fate un salto al Pasquino, vi divertirete!

Questo è un piccolo riassunto pratico, attuale perché desunto dal nostro recentissimo viaggio a Roma, con il quale spero di essere stata utile a chi sta programmando una visita ad una delle città più belle del mondo.





giovedì 14 dicembre 2017

Roma fuori di Roma. Assisi


Assisi. Museo del Foro. Lapide funeraria (foto Daniela Durissini)
Durante il nostro viaggio di ritorno da Roma ci siamo fermati ad Assisi, che abbiamo visitato più volte e che riteniamo essere sempre una buona meta.
Questa volta però, oltre ai luoghi francescani, d'impianto medievale, abbiamo ritrovato qui anche i segni della città romana, in un museo, generalmente trascurato dai turisti, sebbene il recente allestimento valorizzi l'antico foro ed i ritrovamenti riferibili alla tarda età repubblicana ed a quella imperiale.

Assisi. Museo del Foro. Lapide funeraria (foto Daniela Durissini)
Pagando un biglietto d'ingresso di soli 5 euro, si accede a ciò che resta dell'antico complesso monumentale, attraverso un percorso sotterraneo, lungo il quale sono esposti per lo più elementi funerari come lapidi, urne, un sarcofago, molti dei quali portano iscrizioni riferibili alla famiglia dei Properzi, alla quale appartenne uno dei più noti poeti elegiaci del periodo augusteo, prova diretta ed inconfutabile delle sue origini assisiane. 

Assisi. Museo del Foro. Lapide funeraria (foto Daniela Durissini)
Il foro romano si trova sotto l'odierna piazza del Comune, infatti era più basso del tempio di Minerva,  di cui oggi si vede il pronao, con le possenti colonne che compongono la facciata della chiesa di Santa Maria sopra Minerva, eretta nel XVI secolo, in sostituzione della chiesa medievale di San Donato. 
Questo utilizzo continuo però ha fatto sì che il tempio possa annoverarsi tra quelli meglio conservati dell'epoca, ed infatti Goethe, durante il suo viaggio in Italia, venne ad Assisi per vederlo. 

Assisi. Tempio di Minerva (foto Daniela Durissini)
Sebbene fosse stato attribuito a Minerva, dopo il ritrovamento di una statua femminile, recentemente è venuta alla luce una lapide votiva che lo ricondurrebbe ad Ercole. Fu eretto nel 30 a.C., su uno zoccolo al quale si accedeva mediante una scala piuttosto ripida, nelle forme del tempio prostilo corinzio "in antis", cioè con le pareti della cella prolungate sino alle colonne, e fu voluto e finanziato dai magistrati Gneo Cestio e Tito Cesio Prisco. 

Assisi. Museo del Foro. Rendering del foro (foto Daniela Durissini)
Davanti al tempio, e più in basso, si apriva la piazza del foro, della quale sono stati identificati, e sono  visibili nel sotterraneo, la struttura del tribunale, le scalinate d'accesso, ed un basamento, con ai lati quattro colonne, sul quale si trovavano le statue dei Dioscuri. Lungo il perimetro della piazza si aprivano le botteghe.

Assisi. Museo del Foro (foto Daniela Durissini)
Il percorso è ben illustrato e supportato anche da un filmato in cui viene riproposta la ricostruzione dell'area, con sottotitoli in inglese. 
Quando si risale alla piazza si nota che sulla pavimentazione sono stati segnati i limiti delle strutture sotterranee. 

Assisi. Piazza del Comune (foto Daniela Durissini) 















martedì 12 dicembre 2017

Roma. Lungotevere ed Area Sacra


Roma. Lungotevere (foto Daniela Durissini)
Oggi, ultima giornata romana, era prevista la pioggia ma, poiché il tempo ha tenuto fino al pomeriggio, ne abbiamo approfittato per un'ultima passeggiata, in tutta tranquillità, prevalentemente lungo il Tevere, che abbiamo costeggiato da ponte Cavour a ponte Mazzini, ora su una riva, ora sull'altra. 
Dopo l'ormai consueto caffè preso in piedi al Caffè Greco, ci siamo incamminati, uscendo dal retro del locale e passando, per la prima volta nell'ultima saletta, una vera e propria biblioteca, che sarebbe stato un peccato non vedere. 
Lungo via delle Carrozze siamo arrivati al Corso e da lì  al Mausoleo di Augusto ed al ponte Cavour.

Roma. Via delle Carrozze (foto Daniela Durissini)
Probabilmente sbagliando abbiamo scelto di proseguire lungo la stessa riva, che però è molto trafficata ed anche mal tenuta, per cui al ponte successivo, l'Umberto I, siamo passati dalla parte opposta, transitando ancora una volta davanti al Palazzo di Giustizia e poi a Castel Sant'Angelo.

Roma. Palazzo di Giustizia (foto Daniela Durissini)
Non ho dato mai conto qui di tutte le  volte che, in questi giorni, siamo stati fermati da persone che volevano venderci tour per la città e da "centurioni" che per qualche euro avrebbero fatto una foto con noi, però qui devo dire che davanti a Castel Sant'Angelo sono particolarmente numerosi (alcuni propongono anche visite ai Musei Vaticani, ovviamente da non prendere in considerazione). 
Superati tanto il ponte Sant'Angelo, quanto il ponte Vittorio Emanuele II, siamo passati accanto al Complesso monumentale di Santo Spirito in Saxia, al quale è legata una lunga ed interessante storia.

Roma. Complesso monumentale di S. Spirito in Saxia (foto Daniela Durissini)
Il primo edificio fu una Schola, fatta costruire nel secolo VIII dal re del Wessex, allo scopo di ospitare i numerosi pellegrini anglo-sassoni che visitavano Roma. Nell'847 un devastante incendio, di origine dolosa, distrusse non solo la Schola, ma gran parte del quartiere, e l'allora papa Leone IV, la fece ricostruire. L'incendio è stato rappresentato da Raffaello in una delle stanze vaticane.

Roma. Stanze vaticane. Raffaello. "L'incendio di Borgo"
Dopo un periodo di decadenza, l'istituzione rinacque sotto Innocenzo III (fine del secolo XII), che ne affidò la gestione all'Ordine degli Ospitalieri. Nel 1201 nacque l'Ospedale di Santo Spirito in Saxia, ricostruito nel 1471 a seguito di un altro incendio. Dal 2000 è polo congressuale. 
Proseguendo lungo il Tevere, sulla riva opposta, appare la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini.
Passato il ponte Principe Amedeo di Savoia, attraggono l'attenzione, sulla destra, le ripide e pittoresche strade, che conducono verso il Gianicolo.

Roma. Lungotevere. Verso il Gianicolo (foto Daniela Durissini)

Noi, all'altezza di ponte Mazzini, abbiamo imboccato via della Lungara, passando accanto a Villa Farnesina, per fare una sosta al Caffè Settimiano. Ci siamo seduti ad un tavolino all'interno per qualche minuto di riposo e due caffè d'orzo. Sebbene i pareri su Tripadvisor siano molto discordanti, noi abbiamo trovato il personale gentile, il servizio rapido, ed un buon caffè d'orzo servito con un bicchiere d'acqua.  Per quanto ci riguarda  perciò, lo consigliamo senz'altro. La vetrina, sia dei dolci che dei panini, sembrava discreta. 

Dopo la sosta abbiamo raggiunto piazza Trilussa ed abbiamo attraversato il fiume al ponte Sisto. Da lì, proseguendo sempre diritti, siamo arrivati all'Area Sacra di Largo di Torre Argentina.

Roma. Area Sacra di Largo di Torre Argentina (foto Daniela Durissini)
Innanzitutto il nome, non ha niente a che fare con il paese sudamericano, ma si riferisce invece a Johannes Burckardt che, a cavallo tra il XV ed il XVI secolo, fu maestro di cerimonie dei papi e che, essendo nato a Strasburgo (Argentoratum), amava firmarsi  Argentinus. Egli aveva acquistato in zona un terreno per costruirvi un palazzo. Da qui il nome della piazza.
Al centro, l'interessante area archeologica, che non ha certo la spettacolarità di altri, più noti, siti, ma che riveste una notevole importanza, ospitando i resti di quattro templi di età media e tarda repubblicana, emersi in occasione dei lavori effettuati negli anni '20 del secolo scorso, per la costruzione di nuovi edifici, e la conseguente demolizione di quelli preesistenti. 
L'archeologo Giuseppe Marchetti Longhi, intervenuto sul posto, iniziò gli scavi sistematici dell'area, dalla quale emersero, tra l'altro, parti della colossale statua della Fortuna, oggi conservati presso la Centrale Montemartini.

Roma. Area Sacra. Ritrovamento della statua della Fortuna (foto Daniela Durissini)
L'area, dichiarata di interesse archeologico, venne sistemata ed inaugurata nel 1929, ma gli scavi continuarono per moltissimo tempo, fino a portare alla luce i quattro templi ed a comprenderne la complessa stratificazione. Gli edifici, infatti, sono tutt'altro che coevi, ed anzi, coprono alcune centinaia d'anni, durante i quali vi fu anche un importante incendio che distrusse parte delle costruzioni.

Roma. Area Sacra. Tempio della Fortuna (foto Daniela Durissini)
Di grande impatto il tempio a pianta circolare, che si ritiene fosse dedicato alla Fortuna, proprio grazie alla statua ritrovata. Sembra inoltre si possa identificare proprio con il tempio, di cui si ha precisa notizia, fatto erigere dal console Quinto Lutazio Catulo, per celebrare la famosa vittoria del 101 a.C. sui Cimbri.

Roma. Area Sacra. Rendering del tempio della Fortuna (foto Daniela Durissini)
Alcune tabelle esplicative offrono anche una ricostruzione dell'alzato degli edifici.
Da lì abbiamo proseguito la nostra passeggiata verso piazza Navona, il Pantheon, piazza di Pietra, via del Corso, tornando poi a piazza di Spagna e all'albergo. 
Nel pomeriggio abbiamo concluso il nostro soggiorno romano con una passeggiata rilassante nel verde del parco di Villa Borghese, tornando quando la pioggia prevista ha iniziato a cadere. 





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lunedì 11 dicembre 2017

Roma. Tra via Margutta ed il Pincio


Roma. Via del Babuino. Fontana del Babuino (foto Daniela Durissini)
Oggi a Roma giornata nuvolosa, con parecchio vento,  non proprio l'ideale per andare in giro a scattare fotografie, comunque il nostro programma prevedeva una breve camminata da piazza di Spagna a piazza del Popolo, con la salita alla terrazza del Pincio e così abbiamo fatto, sperando in un raggio di sole che però non si è fatto vedere.
Dunque, abbiamo iniziato lungo via del Babuino, che congiunge piazza di Spagna con piazza del Popolo. 

Roma. Piazza del Popolo (foto Daniela Durissini)
La strada, esistente già nel XIV secolo, ha cambiato volto e nome nel corso degli anni. Quello attuale si deve al nomignolo popolare ("er babuino") affibbiato alla statua  che adorna la fontana, voluta da papa Pio V ed installata lungo la strada nel 1571. In realtà si tratta del Sileno, divinità delle acque che, a dirla tutta, è veramente brutto. La fontana è stata restaurata di recente. 
Con una piacevole passeggiata abbiamo raggiunto in breve piazza del Popolo, passando davanti allo storico Hotel de Russie.
L'ampia elisse, progettata da Giuseppe Valadier, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, è in effetti, uno degli spazi più belli della città, in anni recenti reso finalmente del tutto pedonale.

Roma. Piazza del Popolo. Chiese gemelle (foto Daniela Durissini)
Dal lato di via del Babuino, vi sono le due chiese gemelle di Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, che segnano il famoso "Tridente", composto dalle tre strade che si dipartono dalla piazza, cioè via Ripetta, via del Corso ed appunto via del Babuino. Queste, iniziate da Carlo Rainaldi, furono portate a termine da Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana. Dalla parte opposta, accanto alla porta del Popolo, la cui facciata interna fu sistemata dal Bernini, si trova la bella ed antica basilica di Santa Maria del Popolo, edificata sul sito dove si trovava il sepolcro dei Domizi (e la tomba di Nerone).

Roma. Santa Maria del Popolo (foto Daniela Durissini)
Come molte, e direi, quasi tutte le chiese romane, anche questa ha subito nei secoli ed a seconda dei desideri del papa in carica, numerose trasformazioni e rimaneggiamenti, anche se è rimasta la facciata pulita disegnata nel secolo XV da Baccio Pontelli. All'interno sorprendenti capolavori, come gli affreschi del Pinturicchio, di Annibale Carracci e di Caravaggio ed il magnifico organo disegnato dal Bernini. 

Roma. Santa Maria del Popolo. Organo (foto Daniela Durissini)
Salendo le rampe, anch'esse opera del Valadier, verso la terrazza del Pincio, la visione sulla piazza si allarga ed è magnifica. Dalla terrazza poi, punto panoramico ma anche oasi verde, oggi come un tempo meta di piacevoli passeggiate, si vede la città, anche se si è ostacolati un po' dalla vegetazione.

Roma. Dalla terrazza del Pincio (foto Daniela Durissini)
Una volta scesi ci siamo presi ancora un po' di tempo per ammirare le tre fontane della piazza, anch'esse dovute al Valadier. In centro è rimasto l'obelisco, alto 24 metri, portato a Roma dall'Egitto ancora al tempo di Augusto, per adornare il Circo Massimo, e sistemato nella piazza nel 1589, però il Valadier ha aggiunto quattro leoni in marmo. Ai lati ha progettato due fontane, molto simili, l'una rappresentante Nettuno, l'altra Roma, accanto alle personificazioni del Tevere e dell'Aniene. Sotto la statua della città vi è la lupa  con i gemelli. 

Roma. Piazza del Popolo. Fontana (foto Daniela Durissini)
Un'ultima considerazione riguarda il nome della piazza che sembra derivi dal latino populus, cioè pioppo, e non da popolo, anche se, dopo che papa Pasquale II fece pagare ai romani una cappella edificata accanto alle mura, questi ritennero più consono il riferimento ai contribuenti anziché quello al boschetto che avrebbe circondato la tomba di Nerone. 
Il ritorno verso piazza di Spagna l'abbiamo effettuato per via Margutta, un tempo semplice strada di servizio sul retro dei palazzi che affacciavano su via del Babuino e divenuta famosa solo nel secolo scorso, benché fin dal medioevo vi si trovassero artisti ed artigiani. 

Roma. Via Margutta (foto Daniela Durissini)
Oggi è la strada degli artisti per eccellenza, in cui hanno abitato personaggi famosi, ma non manca di autentico fascino. Ogni anno vi si tiene la manifestazione "100 pittori a via Margutta", che l'altra sera abbiamo avuto la fortuna di frequentare, ammirando i lavori, non sempre eccelsi, degli artisti che espongono le loro opere lungo la strada, che nell'occasione si riempie di colori. 

Roma. Via Margutta. Fontana degli artisti (foto Daniela Durissini)
Il resto della giornata l'abbiamo dedicata al vagabondaggio, senza una meta precisa, lungo le strade del centro. 

Questa sera abbiamo mangiato pizza al taglio alla "Focaccina di Serafina". Buona pizza alle patate, ed anche i piccoli calzoni cacio e pepe. Personale gentile e prezzi onesti. Per rifinire abbiamo presomle castagne da uno dei caldarrostai di piazza di Spagna.

Roma. Dal Marmoraio di Via Margutta (foto Daniela Durissini)





domenica 10 dicembre 2017

Roma. Da Sant'Ivo alla Sapienza a Palazzo Doria-Pamphilj



Roma. Sant'Ivo alla Sapienza (foto Daniela Durissini)
Oggi, domenica, era l'unico giorno utile per visitare la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza, pertanto questa era la meta d'obbligo della nostra giornata. L'edificio è infatti un capolavoro assoluto del barocco ed una delle opere più importanti del Borromini, che già molte volte abbiamo incontrato nel nostro girovagare per Roma. 
Quando siamo arrivati all'edificio dell'Archivio di Stato, dal quale si accede al cortile ed alla chiesa, si stava svolgendo la messa ed abbiamo dovuto attendere un bel po' prima di poter entrare. Così abbiamo deciso di passare il tempo recandoci a vedere il Pasquino, una delle famose, se non la più famosa, delle cosiddette "statue parlanti" romane.

Roma. Il Pasquino (foto Daniela Durissini)
Posta all'angolo di Palazzo Braschi, sulla piazza omonima, la statua è in realtà parte di un gruppo scultoreo ellenistico, rappresentante con ogni probabilità Menelao, che sorregge Patroclo morente, quindi un episodio della guerra di Troia. Fu ritrovata durante i lavori di sistemazione della piazza voluti dal cardinale Oliviero Carafa, che aveva acquistato dagli Orsini il palazzo, oggi Braschi. 
Da tempo immemorabile sul Pasquino, il cui nome si deve all'inventiva popolare che, con ogni probabilità, faceva riferimento ad un personaggio reale, vengono affisse satire anonime che prendono di mira i potenti (oggi meno potenti d'un tempo ma spesso ugualmente dannosi).
Le cosidette "pasquinate", alcune delle quali memorabili, furono perseguite dalle autorità, e per esse si rischiava la galera e perfino la pena capitale, ma non  cessarono mai e durano ancor oggi, anche se non  fanno più clamore, come un tempo.
All'ora stabilita siamo tornati a Sant'Ivo. Qui Borromini, trovandosi condizionato dal palazzo e dal cortile preesistenti, e dovendo quindi realizzare un edificio che si inserisse in uno spazio minimo e triangolare, seppe sfruttare magistralmente proprio queste limitazioni, anche se i lavori durarono ben vent'anni, dal 1642 al 1662 (la chiesa fu consacrata nel 1660).

Roma. Sant'Ivo alla Sapienza. Interno, cupola (foto Daniela Durissini)
Lo spazio venne dunque sfruttato seguendo un modello geometrico preciso, legato strettamente a dei riferimenti simbolici, quali la lenta ascesa alla perfezione di Dio, che si "legge" nell'architettura della cupola, dove Borromini riprende e perfeziona l'idea già applicata nella prima prova, di San Carlo alle Quattro Fontane. 
Molto suggestiva e particolare poi la lanterna sopra la cupola, avvitata su sé stessa, che intendeva richiamare il Faro di Alessandria, e con esso la funzione di guida della chiesa.

Roma. Sant'Ivo alla Sapienza. Lanterna (foto Daniela Durissini)
Completata la visita abbiamo camminato un po' senza una meta precisa, lungo le piacevoli stradine che si inoltrano tra le case, in questa parte della città, fino ad arrivare alla chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, costruita nel 1626 e dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù. Voluta da Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV, che aveva canonizzato Ignazio nel 1622, la costruzione dovette superare non poche difficoltà, soprattutto per la ferma volontà dei gesuiti, decisi ad imporre ad ogni costo Orazio Grassi, gesuita, ma anche architetto, che alla fine la progettò, costringendo al ritiro gli altri possibili concorrenti, mentre la facciata si deve ad Alessandro Algardi.

Roma. Sant'Ignazio. Affresco di Andrea Pozzo (foto Daniela Durissini) 
Famoso l'enorme affresco della volta, realizzato da Andrea Pozzo  nel 1685, che riproduce un altro tempio  nel quale raffigura la "Gloria di Sant'Ignazio". La doppia prospettiva è apprezzabile soprattutto da un punto, al centro della navata, segnato in giallo sul pavimento. 
Il Pozzo è anche autore della finta cupola che precede la zona dell'altar maggiore.

A questo punto abbiamo fatto una doverosa sosta al Dante's Bar, di via del Corso. Qui abbiamo avuto una gradita sorpresa poiché il locale, frequentato da turisti ma anche da romani, propone un'ottima scelta di dolci, panini, e semplici pietanze, davvero appetitosi. Oggi, domenica, facevano anche la pasta espressa. Noi, dovendo proseguire il nostto giro, ci siamo limitati ad un ottimo panino al salmone. Il personale è gentilissimo e molto disponobile. Ci si può sedere ai piccoli tavolini all'interno oppure anche all'esterno. I prezzi sono onesti e si paga quello che riporta il cartellino del prezzo sulle varie pietanze in mostra nella fornitissima vetrina. Consigliatissimo.

Finita la sosta, ha iniziato a piovere, e noi siamo entrati a Palazzo Doria-Pamphilj sede di una galleria molto ricca di dipinti e sculture, frutto della collezione della famiglia che  abita tuttora la dimora.
Anche questo palazzo ha una storia curiosa, legata in qualche modo all'onnipresente Olimpia Maidalchini Pamphilj, la quale aveva convinto il cognato, papa Innocenzo X, a nominare cardinale il proprio figlio Camillo. Questi però, scatenando le ire della madre e dello zio, aveva preferito abbandonare la chiesa per sposare Olimpia Aldobrandini, proprietaria dell'edificio, che la coppia abitò e fece ampliare a discapito delle case attorno, suscitando anche le proteste dei gesuiti, i quali avevano il proprio collegio vicino.
Il palazzo fu sottoposto negli anni a numerosi interventi di ampliamento e vi lavorarono oltre a Carlo Maderno, ormai vecchio, Antonio Del Grande e Carlo Fontana, che progettò la cappella.
Nel frattempo la famiglia raccoglieva opere d'arte che andavano ad arricchire la propria collezione privata, che oggi si può ammirare (e fotografare ma non riprodurre) percorrendo le lunghe gallerie ed i saloni del palazzo.

Roma. Palazzo Doria-Pamphilj (foto Daniela Durissini)
Il dipinto più famoso esposto qui,  al quale è dedicata una piccola sala, è il ritratto di Innocenzo X eseguito da Velazquez e commissionato, pare, dalla stessa Olimpia Maidalchini. Il risultato fu così sorprendente che lo stesso papa se ne meravigliò, riconoscendosi in quell'uomo accigliato che siede guardando diritto in faccia il visitatore. Accanto è stato sistemato un busto di Innocenzo eseguito dal Bernini.
La galleria presenta diverse opere importanti ma spesso sono esposte così male che sono difficilmente apprezzabili. Tuttavia, percorrendo i lunghi corridoi affrescati e pieni all'inverosimile di quadri, si ha la giusta impressione di ciò che significasse allora il collezionismo d'arte.
In questo periodo è stata allestita una mostra sul paesaggio nei dipinti di proprietà della famiglia. Alcuni cartelli, a dire il vero male illuminati e pertanto di difficile lettura, introducono il discorso delle ville fuori porta dei Pamphilj, del loro uso e di cosa queste dimore rappresentassero non solo per i membri della famiglia ma anche per la società dell'epoca.

Oggi il caffè finale, davvero ottimo, l'abbiamo bevuto al "Baretto", in via del Babuino, quasi in piazza di Spagna. Anche qui prezzi normali e frequentatori locali. 



.....alle prossime passeggiate romane!