Ho letto il romanzo incompiuto di René Daumal, Le mont Analogue, scritto tra il 1939, quando l'autore seppe che la tubercolosi di cui soffriva da anni non gli avrebbe lasciato scampo, ed il 1944, anno della morte.
Ampiamente diffusa e conosciuta negli ambienti alpinistici, questa ricerca della montagna più alta, e l'inizio della sua scalata, di cui non si conosce la conclusione, simboleggia chiaramente un viaggio interiore e, contemporaneamente, lo specchio della società in cui Daumal viveva, che, all'epoca, stava precipitando verso l'abisso della seconda guerra mondiale.
Nel 1940 l'autore e la moglie, Vera Milanova, ebrea, avevano dovuto lasciare Parigi, a causa dell'occupazione tedesca, ed avevano trascorso gli anni successivi tra i Pirenei, i dintorni di Marsiglia e le Alpi.
Certo, l'ambientazione del romanzo è quella della montagna, della quale Daumal conosce assai bene le caratteristiche, ma l'organizzazione della spedizione, la ricerca della cima, nascosta ai più, l'approdo infine sull'isola che la ospita della barca con a bordo gli amici che intendono tentarne la scalata, l'immediata impressione che da quel magico posto non si possa far ritorno, orientano già il lettore sul significato di questa moderna parabola.
Da qui in avanti ogni passo mosso sull'isola e, successivamente, verso la vetta, è un progresso verso la conoscenza di sé, percorso complesso che l'autore derivava, almeno in parte, dalla sua frequentazione della filosofia indiana ed ancor più dagli insegnamenti di Gurdjieff, e che, nello stesso periodo, spiegava ad una coppia di amici, Geneviève e Louis Lief, in una lunga serie di lettere, oggi raccolte nel volume Il lavoro su di sé.
Con tutta evidenza allora, i preparativi della scalata, che durerà anni, durante i quali i membri si accorgono che tutto il materiale, per l'epoca estremamente tecnologico, che hanno portato con sé, non servirà a nulla, e preferiscono dotarsi delle attrezzature che usano le guide di montagna del luogo, il ritornare così all'alba delle esplorazioni in montagna, il loro "regredire" ad uno stato "primitivo", per poter procedere sul sentiero tracciato, rappresenta una sorta di iniziazione, che li prepara ad affrontare esperienze ben più importanti e complesse.
E' evidente che non tutti riusciranno nell'impresa, come già si sa che periranno addirittura, avvicinandosi all'isola, gli amici che non hanno voluto aggregarsi da subito alla spedizione, perché la conquista della cima richiede un severo allenamento ed il superamento di molte, difficili prove, nonché una notevole dose di auto controllo e di capacità di conoscere e dominare le proprie emozioni.
Daumal aveva chiara l'esperienza della Germania nazista, della sopraffazione e dell'annullamento del singolo, ed aveva anche compreso i pericoli dell'alienazione e della spersonalizzazione derivanti da una società che aveva spaventato anche George Orwell che in quegli anni aveva scritto: Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo.
Un modo per poterne uscire e per salvarsi era perciò quello di ritrovare la coscienza di sé, attraverso un duro lavoro di scavo interiore che, secondo Gurdjieff, portava al risveglio dallo stato di sonno in cui gli individui conducono la propria esistenza e che li rende automi e perciò manipolabili.
La scalata alla cima più alta, non a caso Monte Analogo, non è scevra da pericoli e non è semplice, ma Daumal sembra indicarne la strada, che è quella di un ritorno alle origini, laddove è necessario saper eliminare il superfluo per poter riconoscere l'essenziale, l'indispensabile per risvegliarsi dal torpore e condurre una vita vera e dignitosa. Ci vorranno anni ed applicazione costante e solo allora la cima del monte, ovvero la libertà, verrà raggiunta.
Ed allora si comprende come questo romanzo, in realtà, non possa dirsi incompiuto, benché la morte non abbia consentito all'autore di elaborarne il finale.
Il libro uscì postumo nel 1952.
⇒(click) Il libro. René Daumal, Le Mont Analogue, République des Lettres, 2013
⇒(click) Il libro. René Daumal. Il Monte Analogo, Milano, Adelphi, 2015 (VI ed.), trad. Claudio Rugafiori
⇒(click) Il libro. René Daumal. Il lavoro su di sé, Milano, Adelphi, 1998 (III ed.), trad. Cosima Campagnolo
Daumal aveva chiara l'esperienza della Germania nazista, della sopraffazione e dell'annullamento del singolo, ed aveva anche compreso i pericoli dell'alienazione e della spersonalizzazione derivanti da una società che aveva spaventato anche George Orwell che in quegli anni aveva scritto: Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo.
Un modo per poterne uscire e per salvarsi era perciò quello di ritrovare la coscienza di sé, attraverso un duro lavoro di scavo interiore che, secondo Gurdjieff, portava al risveglio dallo stato di sonno in cui gli individui conducono la propria esistenza e che li rende automi e perciò manipolabili.
La scalata alla cima più alta, non a caso Monte Analogo, non è scevra da pericoli e non è semplice, ma Daumal sembra indicarne la strada, che è quella di un ritorno alle origini, laddove è necessario saper eliminare il superfluo per poter riconoscere l'essenziale, l'indispensabile per risvegliarsi dal torpore e condurre una vita vera e dignitosa. Ci vorranno anni ed applicazione costante e solo allora la cima del monte, ovvero la libertà, verrà raggiunta.
Ed allora si comprende come questo romanzo, in realtà, non possa dirsi incompiuto, benché la morte non abbia consentito all'autore di elaborarne il finale.
Il libro uscì postumo nel 1952.
⇒(click) Il libro. René Daumal, Le Mont Analogue, République des Lettres, 2013
⇒(click) Il libro. René Daumal. Il Monte Analogo, Milano, Adelphi, 2015 (VI ed.), trad. Claudio Rugafiori
⇒(click) Il libro. René Daumal. Il lavoro su di sé, Milano, Adelphi, 1998 (III ed.), trad. Cosima Campagnolo
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