Isola di Pago, Croazia. Lun. Ruderi della chiesa di San Martino (foto Daniela Durissini)
Sul limite estremo nord dell'isola di Pago, di fronte all'isola di Arbe, affacciato su un canale ventoso e, spesso, burrascoso, con sullo sfondo le alte e selvagge montagne del Velebit, è stata costruita, già nel X secolo, la piccola chiesa intitolata a San Martino, oggi ridotta a pochi ruderi. Assai significativa la fondazione di questa piccolo edificio, in un luogo così isolato, che costituisce il limite estremo dell'isola.
Ma perché l'intitolazione a San Martino? In realtà la sua figura ed il suo culto erano assai popolari, fin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte.
San Martino era originario della Pannonia (316-397), ed esercitò il suo ministero in Gallia all'epoca del tardo impero romano. Venerato fin dal primo medioevo, "divenne il patrono della gente di chiesa, dei soldati, dei cavalieri, dei viaggiatori, che appendevano un ferro di cavallo sul portale della sua chiesa, degli osti e degli albergatori, che la sua festa arricchiva, dei vignaioli, dei vendemmiatori e di molte confraternite" (Alfredo Cattabiani, Calendario, Milano 1988).
Occorre tener conto inoltre che "Nella religione celtica si venerava un dio cavaliere che portava una mantellina corta: il culto proveniva dalla Pannonia, terra celtica e patria di San Martino. Era considerato il cavaliere del mondo infero, colui che vinceva gli inferi e trionfava sulla morte. Perciò...lo si considerava il dio della vegetazione che superava la morte attraverso la morte, e dunque garante del rinnovamento della natura dopo la "morte" invernale....La collocazione calendariale della sua festa ha contribuito a sottolinearne la funzione" (A. Cattabiani, 1988).
La festa di San Martino venne così pian piano a sostituirsi a quella del capodanno celtico, festeggiato per una decina di giorni a partire dai primo di novembre, periodo in cui inizia la fase di riposo agricolo, e, nell'Occidente cristianizzato, ne assunse più o meno lo stesso significato di rottura temporale, in attesa della rinascita primaverile.