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lunedì 30 ottobre 2017

La valle del fiume Giordano




Monte Hermon

Il fiume Giordano nasce dal massiccio del monte Hermon, che si trova al confine tra Israele, Siria e Libano e, dopo un percorso di 320 chilometri, durante il quale attraversa anche il lago di Tiberiade, si getta nel Mar Morto. La cima della montagna, che supera, seppur di poco, i 2800 metri di quota, viene identificata, in alternativa al monte Tabor, con il luogo biblico in cui avvenne la trasfigurazione di Gesù.
Il fiume, anticamente, come ricorda la Bibbia, faceva della valle in cui scorre un vero e proprio giardino, rendendola fertile e facilmente coltivabile. Nel libro della Genesi, al momento in cui Abramo e Lot decidono di separarsi, quest'ultimo deve scegliere da che parte andare “E Lot alzò gli occhi e vide l'intera pianura del Giordano. Prima che l'Eterno avesse distrutto Sodoma e Gomorra, essa era tutta quanta irrigata fino a Tsoar, come il giardino dell'Eterno, come il paese d'Egitto. E Lot si scelse tutta la pianura del Giordano, e partì andando verso oriente. Così si separarono l'uno dall'altro”.



Valle del Giordano e Tiberiade
Da Umm Qais la Valle del Giordano e il lago di Tiberiade (foto C. Nicotra)

Oggi però quel giardino meraviglioso non esiste più, poiché la portata del fiume, soprattutto dal lago di Tiberiade in poi, è drasticamente diminuita, a causa dello sfruttamento da parte degli stati attraversati da queste acque così preziose in un territorio tendenzialmente arido, come quello della parte settentrionale della grande depressione della Rift Valley.
I paesi che sfruttano maggiormente il fiume sono Israele, Siria e Giordania. Già cinquant'anni fa Israele ha iniziato a captare l'acqua del lago di Tiberiade per poter irrigare un vasto territorio che va fino al deserto del Negev e, parallelamente, Siria e Giordania hanno iniziato a sfruttare le acque dello Yarmuk, importante affluente del Giordano, per i medesimi motivi.



Area Mar Morto
Accesso all'area del Mar Morto dalla Giordania (foto C. Ncotra)

Ma ciò che succede solo pochi chilometri a sud del lago di Tiberiade, dove è stata costruita una grande diga in territorio israeliano, caratterizza fortemente il paesaggio della valle. Chi percorre la strada che, parallela al fiume, segna il confine tra Giordania ed Israele, osserva come da un lato, quello israeliano, le coltivazioni di alberi da frutto siano verdi e rigogliose, mentre dall'altro lato, quello della Giordania, vi sia una lunga fascia desertica. L'acqua, bene prezioso e conteso, in questo tratto di terra segna fortemente il paesaggio e condiziona la vita degli abitanti dei due paesi. 
Parallelamente le acque del Mar Morto calano vistosamente ogni anno e sono fortemente inquinate dagli scarichi fognari che confluiscono nel letto del fiume, convogliati subito dopo l'ultima diga israeliana, pochi chilometri a sud del lago.

Umm Qais
Umm Qais. Valle del Giordano (foto C. Nicotra)

Del problema si occupa anche la Ong giordano-israelo-palestinese, EcoPeace Midlle East, con sede ad Amman, che tenta di sensibilizzare le amministrazioni dei tre stati confinanti, affinché si provi a porre rimedio a questa catastrofe ambientale.
Anticamente il Mar Morto si estendeva su una superficie molto vasta oggi ridotta a meno di 650 chilometri quadrati, a causa certo del fattore importantissimo (e negativo) del cambiamento climatico e della maggior aridità della zona, ma soprattutto delle azioni umane di captazione e sfruttamento delle acque messe in atto dagli anni Sessanta a monte dello specchio d'acqua, ormai a rischio estinzione. Dei due bacini collegati di pochi anni or sono ne è rimasto, in pratica, uno soltanto, che continuamente cala di livello. Per questo motivo nel 2013 Giordania, Israele e Palestina hanno presentato un progetto per alimentarlo, attraverso una conduttura, al Mar Rosso. 
Nel sito di al-Bakoora, dove ci si affaccia sulla strada 90, che va da Eilat al lago di Tiberiade, e dove è severamente proibito scattare foto, la portata del fiume è ridottissima. Proprio nei pressi di questa località la ONG ha proposto la creazione di un Parco della pace, su un isolotto artificiale, dove gli abitanti della regione possano accedere liberamente, senza documenti, incontrarsi e confrontarsi. Non solo un'utopia per una zona così tormentata.
E non lontano da qui il fiume Giordano è attraversato da tre ponti, quasi a simboleggiare la continuità del suo ruolo di unione e non di divisione sul territorio. Non a caso si tratta di un ponte romano, di un ponte ottomano e di un ponte britannico. 
Del resto la valle era percorsa fin dall'antichità da una fitta rete commerciale, come dimostrano i rinvenimenti archeologici a Beit She'an (Israele), Pella ed Umm Qais (Giordania), che testimoniano di culture ampiamente condivise tra i diversi centri della regione. 
La ONG pertanto tenta di recuperare queste caratteristiche della zona a favore della pace tra i popoli confinanti.


Pella
Pella nella valle del Giordano (foto C. Nicotra)


⇒(click)Il giardino di Dio è sfiorito e inquinato   (interessante articolo sulla situazione della Valle del Giordano )






mercoledì 25 ottobre 2017

Giordania- Jerash


Jerash - Foro ellittico e cardus maximus
Jerash. Foro e cardus maximus (foto C. Nicotra)

Situata a circa 30 chilometri a nord di Amman, Jerash, l'antica Gerasa, sorgeva a lato della Via Regia che collegava un tempo Heliopolis, in Egitto, al fiume Eufrate.
Abitato sin dalla preistoria, il sito, probabilmente, non fu mai abbandonato e ad una cultura ne succedette un'altra ed un'altra ancora. Ciò fu dovuto senza dubbio alla posizione favorevole, accanto al Wadi Jerash, corso d'acqua che consentiva di praticare l'agricoltura. Gli scavi archeologici ci restituiscono reperti che confermano una presenza costante dell'uomo, dal neolitico all'epoca romana, epoca in cui si sviluppò una città di notevole importanza. Già dopo la conquista di Alessandro Magno il piccolo centro si era sviluppato notevolmente ma i romani, annettendolo alla provincia di Siria (64 a.C.), ne fecero uno dei centri nevralgici della Decapoli, incrementandone l'importanza strategica e commerciale. E furono proprio i traffici regolari con il regno nabateo del sud della regione, oltre alla possibilità di coltivare i terreni resi fertili dalle acque del Wadi Jerash, ad arricchire la città, che nel corso del I secolo d.C. venne ampliata secondo il modello romano: comparve allora l'ampia strada centrale, sull'asse nord-sud (cardo), facente capo al foro ellittico, che rimane ancor oggi una delle più significative testimonianze del passato, e vennero realizzate anche le vie laterali (decumani), sull'asse est-ovest. Man mano che la città si arricchiva e si ampliava venivano eretti nuovi ed imponenti edifici. La città crebbe in particolare sotto Traiano, che annesse il regno nabateo, e sotto Adriano, che la visitò nel 129. In quell'occasione fu eretto l' imponente arco di trionfo, tuttora visibile. All'inizio del III secolo divenne colonia, ma già alla fine del secolo iniziò il processo di declino, dovuto principalmente allo spostamento degli assi commerciali verso il mare, anche a causa della caduta di Palmira. Tuttavia rimase comunque una città importante per un lungo periodo, almeno fino alla conquista da parte dapprima dei persiani e poi degli arabi, nei primi decenni del VII secolo. Fu il terribile terremoto del 747 che la rase al suolo e che ne determinò il declino definitivo.


Jerash - Porta meridionale
Jerash. Porta meridionale (foto C. Nicotra)


Il sito archeologico che oggi vediamo è uno dei più importanti del paese.

Pianta di Jerash (By Hobe / Holger Behr (Proprio lavoro) [Public domain], via Wikimedia Commons)

Ciò che colpisce il visitatore è innanzitutto il foro, di forma ellittica, che prelude al cardus maximus, lastricato in pietra calcarea, che ospitava al centro una statua o un altare, sostituiti poi da una fontana. Il foro collegava l'area del tempio di Zeus con la grande via colonnata diretta alla porta nord. 


Jerash - cardus maximus
Jerash. Lungo il cardus maximus. Sullo sfondo la porta nord (foto C. Nicotra)

Lungo la stessa incrociavano i decumani, segnati da due tetrapili e sorgeva il ninfeo, una fontana monumentale, eretta nel 191, riccamente decorata e composta da due piani, coperti da una cupola a forma di conchiglia dalla quale fuoriusciva l'acqua che si raccoglieva nella grande vasca sottostante, dalla quale defluiva attraverso le bocche di sette leoni.

Jerash - Ninfeo
Jerash. Ninfeo (foto C. Nicotra)

Proseguendo lungo la strada lastricata e fiancheggiata da colonne, si raggiungono i propilei, che preludono al tempio di Artemide. Eretto alla metà del II secolo l'edificio era caratterizzato da dodici colonne con capitelli corinzi e nei sotterranei vi si custodiva il tesoro del tempio. La scalinata d'accesso, all'epoca, era fiancheggiata da botteghe. Dopo aver superato relativamente intatto la conquista araba, fu distrutto dai crociati.


Jerash - Propilei
Jerash. Propilei (foto C. Nicotra)

Jerash - Tempio di Artemide
Jerash. Tempio di Artemide (foto C. Nicotra)

Dalla parte opposta, al di fuori della cerchia muraria, risalente per gran parte al periodo bizantino, si trova l'arco di Adriano, eretto in occasione della visita dell'imperatore, nel 129.
La struttura è possente. Era stato progettato come porta meridionale della città, anche se non ebbe mai questa funzione. 


Jerash - Arco di Adriano
Jerash. Arco di Adriano (foto C. Nicotra)
Accanto all'arco si trova l'ippodromo e, più in là, il teatro meridionale; più grande e capace di quello settentrionale, poteva ospitare 5000 persone. La scena si è in parte conservata.
Nell'area archeologica sono presenti anche le rovine di alcune chiese costruite in periodo bizantino, sfruttando in parte i materiali lapidei dei monumenti romani. 


Jerash - Teatro meridionale
Jerash. Teatro meridionale (foto C. Nicotra)


domenica 8 ottobre 2017

Il segreto della Gioconda



Leonardo da Vinci. La Gioconda

Nell'ultima giornata della 28a Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto, è stato proiettato,  fuori concorso, il film "Le mystère de la Joconde  révélé" (Inghilterra). La scelta di farlo passare alla rassegna ma al di fuori della votazione del pubblico, è dovuta al fatto che il film non tratta un argomento archeologico, ma documenta i risultati di una lunga indagine in campo storico e storico-artistico, quindi al di fuori delle tematiche trattate nell'ambito del festival.
L'argomento particolarmente interessante ha comunque convinto gli organizzatori a presentarlo. Ed in effetti ciò che alcuni studiosi hanno recentemente scoperto non manca di stupire. Il famoso ritratto della Gioconda, esposto al Louvre, non sarebbe infatti, come ritenuto fino ad oggi, quello di Lisa Gherardini, fiorentina, moglie di Francesco del Giocondo, il quale l'avrebbe commissionato a Leonardo, bensì quello di Pacifica Brandani, amante di Giuliano de' Medici, morta di parto dopo aver dato alla luce Ippolito, figlio illegittimo del duca, il quale avrebbe richiesto all'artista un dipinto che potesse ricordare al figlio la madre, che non aveva conosciuto. 


Raffaello. Ritratto di Giuliano de' Medici

La teoria, avallata da documenti coevi, sarebbe confermata anche da nuove analisi sul dipinto che, grazie ad una nuova tecnica, consentono di individuare tutti i pentimenti del pittore, coperti dalla versione definitiva. Con questo metodo viene messo in luce, sotto il volto della Gioconda, un altro  volto, corrispondente a quello descritto dal Vasari, che aveva visto il quadro originale. La figura ritratta appare con un viso più arrotondato, la testa più grande ed una complicata acconciatura. Inoltre lo sguardo risulta girato di circa 14 gradi, rispetto a quello che si vede oggi, e vi sono dipinte della sopracciglia ben delineate. La vicenda sarebbe dunque questa: effettivamente Francesco del Giocondo avrebbe commissionato a Leonardo,  che al tempo rifiutava di eseguire ritratti, il dipinto che doveva immortalare la moglie. Per qualche motivo, forse un prestito di denaro non restituito, l'artista non poté rifiutare ed eseguì il ritratto che, però, benché fosse stato visto da diverse persone, tra cui il Vasari, non venne mai consegnato. Nel frattempo Giuliano de Medici richiese a Leonardo un altro ritratto, quello dell'amante defunta. L'artista eseguì il quadro, riutilizzando lo stesso supporto di quello precedente ed anche l'impostazione, ma questa volta dipinse una donna idealizzata, con un abbigliamento ed un'acconciatura che si addicono più ad una divinità che ad una persona in carne ed ossa, destinata a celebrare la figura di Pacifica Brandani agli occhi del figlio. Anche Giuliano però morì, prima di ritirarlo e Leonardo lo portò il quadro con sé, in Francia, quando vi si trasferì, chiamato da Francesco I. 
Il famoso sorriso enigmatico  che incanta ancora oggi migliaia di  visitatori del museo parigino, sarebbe forse allusivo dell'essenza effimera della vita, un messaggio universale veicolato dall'artista negli ultimi anni della sua esistenza. 


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