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martedì 31 maggio 2022

Ambienti e territori. Emigrazione stagionale dalla montagna Friulana nell'Ottocento

Stolvizza di Resia. Murales. Il ritorno a casa (foto Daniela Durissini)
Un bel murales realizzato a Stolvizza di Resia ricorda il fenomeno dell'emigrazione stagionale dal Friuli tra la seconda metà del 1800 e la prima del 1900. Ne ho parlato marginalmente nel mio libro dedicato alle donne ("C'è una donna che sappia la strada'"), che conoscevano molto bene la montagna ed i suoi percorsi e che, impiegate come portatrici, fecero spesso da guida agli alpinisti nel primo periodo esplorativo. Queste donne infatti, rimanevano sole a badare alla casa, ai figli, ai piccoli coltivi ed agli animali d'allevamento, perché i loro uomini, abili artigiani del legno, o del metallo, lasciavano le loro case per andare a vendere i loro prodotti al di là delle montagne, spingendosi alle volte anche piuttosto lontano nei territori limitrofi dell'Austria e Slovenia, e più in là nei paesi dell'Europa centro-orientale. Alcuni, senza una specifica preparazione, vendevano i prodotti alimentari delle loro terre o i tessuti confezionati dai telai carnici, altri cercavano lavoro come boscaioli o semplici operai e venivano in genere impiegati per la manutenzione delle opere pubbliche. Questo tipo di emigrazione temporanea, caratteristica delle popolazioni alpine, contribuì alla sopravvivenza delle comunità e durò ininterrotta fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto, almeno in Friuli, i flussi ripresero, ma si diressero a paesi più lontani e fino ad allora inesplorati. 
Quando gli uomini, ai quali, soprattutto nel Novecento, si aggiunsero anche le giovani donne, ritornavano al paese, portavano con sé molteplici esperienze maturate all'estero e tanti racconti che ravvivano le lunghe sere trascorse di nuovo assieme alla famiglia accanto al focolare.

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