L'invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l'eroe perduto della scienza, di Andrea Wulf, è un libro straordinario, come oggi se ne leggono pochi. L'autrice, che già aveva dato prova delle sue capacità, in scritti precedenti, quali ad esempio La confraternita dei giardinieri, pubblicato dieci anni fa, ha svolto un lunghissimo ed appassionato lavoro di ricerca in numerosi archivi e biblioteche in giro per il mondo, per ricostruire la vicenda umana e scientifica di colui che, a cavallo tra XVIII e XIX secolo, cambiò totalmente e per sempre il rapporto dell'uomo con la natura e l'ambiente, influenzando personaggi come Darwin, Thoreau, Emerson, Muir, ma anche la poesia e la letteratura di Goethe, Coleridge e Wordsworth.
Humboldt, prussiano di nascita, ebbe un'educazione severa da parte della madre, rimasta vedova molto presto ma, appena ne ebbe l'occasione, sfuggì all'ambiente tetro della casa natale ed all'impiego presso la società mineraria statale prussiana, si recò a Jena, sede di una nota università, nella meno rigida e certamente più stimolante Weimar, dove fu accolto in casa del fratello, diplomatico, e conobbe Schiller e Goethe, con il quale strinse un'importante amicizia. Ebbe modo poi di viaggiare in Europa, e fu attratto in particolar modo dall'ambiente artistico ed intellettuale di Parigi. Mentre cresceva e si sviluppava la sua cultura fu sempre più attratto dallo studio delle scienze naturali e finalmente riuscì ad intraprendere un lunghissimo viaggio nell'America del sud, durato ben cinque anni, dal 1799 al 1804. Ma Humboldt non era un viaggiatore qualunque e seppe approfittare appieno dell'occasione che gli veniva concessa dal governo spagnolo che lo autorizzava a visitare le proprie colonie oltre oceano. Prima della partenza si era infatti procurato, pagandoli con il proprio denaro, una serie di strumenti, allora all'avanguardia, che gli permisero di effettuare misurazioni di ogni tipo nel corso del viaggio e gli consentirono, tra le altre cose, di redigere delle mappe dei territori visitati così precise che servirono efficacemente anche ai rivoluzionari di Simon Bolivar, conosciuto al ritorno a Parigi, per sconfiggere gli spagnoli, percorrendo sentieri a questi sconosciuti. Nel lungo viaggio gli fu compagno Aimé Bonpland, botanico, che condivise assieme a lui gioie e disagi della risalita dell'Orinoco, dell'attraversamento delle Ande e delle numerose salite sui vulcani dell'Ecuador, tra i quali spicca il Chimborazo, dove riuscirono ad arrivare più in alto delle precedenti spedizioni, anche se non raggiunsero la cima.
Al ritorno in Europa Humboldt scrisse molto sul suo viaggio e sui risultati sceintifici riportati e molto condivise con altri scienziati, trovando particolarmente fertile e stimolante l'ambiente parigino. Avendo però speso molto del patrimonio lasciatogli dalla madre e trovandosi in difficoltà economiche dovette rassegnarsi infine ad accettare un impiego presso il re di Prussia.
Deciso ad esplorare i monti himalayani inoltrò diverse richieste ai diplomatici inglesi ma non ne ebbe mai l'autorizzazione, essendo conosciuto come persona fortemente critica nei confronti del colonialismo, sentimento che egli aveva rafforzato nel suo viaggio nell'America meridionale.
Riuscì invece, ormai sessantenne, ad esplorare l'Asia centrale, grazie all'esplicito invito dello zar Nicola I, che finanziò la spedizione, alla ricerca di giacimenti minerari da poter sfruttare. In quell'occasione Humboldt meravigliò i suoi compagni, dimostrandosi sempre curioso ed apparentemente instancabile.
A differenza di altri personaggi, fu molto noto anche in vita e, quando morì, furono in molti a rendergli omaggio. La sua ultima opera, Cosmos, riscontrò un enorme successo. Quando poi fu celebrato il centenario dalla nascita, i festeggiamenti interessarono il mondo intero, tanta era la fama conquistata.
Ma ciò che l'autrice sottolinea è l'influenza determinante che Humboldt ebbe su Darwin, che si portò i suoi libri sul Beagle, su Thoreau, Emerson e Muir, promotore quest'ultimo della nascita del Parco Nazionale americano di Yosemite e su tutti coloro che da allora in poi iniziarono a guardarsi attorno ed a comprendere l'importanza della conservazione della natura che ci circonda e che viene continuamente aggredita dalla cosiddetta civiltà, in una corsa, già allora riconosciuta insensata, verso un progresso destinato a sacrificare parte dell'umanità.
Il libro della Wulf ha avuto molto successo, è ben scritto e ben tradotto. Disponibile in diverse lingue.
Il libro ⇒(click) Andrea Wulf L'invenzione della natura. Le avventure di Alexander von Humboldt, l'eroe perduto della scienza Luiss University Press, 2015 (trad. L. Berti)
(Amazon, anche Kindle)
F.G. Weitsch "Humboldt e Bonpland ai piedi del Chimborazo |
Al ritorno in Europa Humboldt scrisse molto sul suo viaggio e sui risultati sceintifici riportati e molto condivise con altri scienziati, trovando particolarmente fertile e stimolante l'ambiente parigino. Avendo però speso molto del patrimonio lasciatogli dalla madre e trovandosi in difficoltà economiche dovette rassegnarsi infine ad accettare un impiego presso il re di Prussia.
Deciso ad esplorare i monti himalayani inoltrò diverse richieste ai diplomatici inglesi ma non ne ebbe mai l'autorizzazione, essendo conosciuto come persona fortemente critica nei confronti del colonialismo, sentimento che egli aveva rafforzato nel suo viaggio nell'America meridionale.
Riuscì invece, ormai sessantenne, ad esplorare l'Asia centrale, grazie all'esplicito invito dello zar Nicola I, che finanziò la spedizione, alla ricerca di giacimenti minerari da poter sfruttare. In quell'occasione Humboldt meravigliò i suoi compagni, dimostrandosi sempre curioso ed apparentemente instancabile.
A differenza di altri personaggi, fu molto noto anche in vita e, quando morì, furono in molti a rendergli omaggio. La sua ultima opera, Cosmos, riscontrò un enorme successo. Quando poi fu celebrato il centenario dalla nascita, i festeggiamenti interessarono il mondo intero, tanta era la fama conquistata.
Ma ciò che l'autrice sottolinea è l'influenza determinante che Humboldt ebbe su Darwin, che si portò i suoi libri sul Beagle, su Thoreau, Emerson e Muir, promotore quest'ultimo della nascita del Parco Nazionale americano di Yosemite e su tutti coloro che da allora in poi iniziarono a guardarsi attorno ed a comprendere l'importanza della conservazione della natura che ci circonda e che viene continuamente aggredita dalla cosiddetta civiltà, in una corsa, già allora riconosciuta insensata, verso un progresso destinato a sacrificare parte dell'umanità.
Il libro della Wulf ha avuto molto successo, è ben scritto e ben tradotto. Disponibile in diverse lingue.
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