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giovedì 7 maggio 2020

Letture. Henry Miller. Le colosse de Maroussi (The Colossus of Maroussi; Il colosso di Marussi)



Da un lungo viaggio in Grecia, compiuto alla vigilia della seconda guerra mondiale, Henry Miller ha tratto un racconto, The Colossus of Maroussi, pubblicato poco tempo dopo aver fatto ritorno negli Stati Uniti. L'ho letto nella traduzione francese di Georges Belmont, che l'autore approvò, nel 1972, ed affermò essere la più vicina all'opera originale. Il libro è disponibile anche in italiano, nella traduzione di F. Salvatorelli. 
E' un libro difficile ed affascinante, questo di Henry Miller, che qui, come in altre sue opere, adopera una tecnica di scrittura particolare, lasciando a tratti fluire il pensiero al di là ed al di fuori degli schemi e dei temi trattati. Non può dirsi strettamente la relazione di un viaggio in  Grecia, infatti, in quanto contiene molte, essenziali, riflessioni sulla vita e sul presente (e futuro) di un mondo in equilibrio sull'orlo dell'abisso della guerra. 
Miller, scrittore americano dalle molte relazioni amorose e dai molti eccessi, è vissuto per diversi anni a Parigi quando accetta, nel 1939, di recarsi a Corfù, ospite dell'amico scrittore Lawrence Durrell, che vive lì con la moglie Nancy e lascerà la Grecia, dopo avervi vagabondato per sei mesi, alla vigilia della seconda guerra mondiale. 
Proponendosi di non scrivere una relazione precisa del viaggio, ma di esprimere le proprie impressioni sul paese e sulle persone che ha incontrato, Miller porta a termine il suo libro al ritorno negli Stati Uniti, quando si è ormai stabilito in California. Il paese che emerge da questo scritto così particolare, in cui convergono le esperienze sul campo ed i pensieri che queste esperienze producono, è affascinante ed inconsueto, poiché con la sua spontaneità Miller centra appieno ciò che della Grecia non si vede ma si sente, afferra incredibilmente l'essenza e lo spirito di alcuni luoghi (magistrale in questo senso ciò che racconta di Epidauro, di Delfi e di Eleusi). Dico incredibilmente perché Miller dimostra di non conoscere alcuni passi fondamentali della storia greca, per non dire dell'arte e della letteratura. Però, forse proprio per questo motivo, per il fatto di vivere con immediatezza e spontaneità i celebri luoghi del passato, ne percepisce il genius loci, invano cercato e sovente inventato da altri. Scrive così alcune pagine potenti ed indimenticabili sullo sconvolgimento che prova a ripercorrere la strada per Eleusi, sulla "magia" di Epidauro, riconosciuta dagli antichi ed ormai scomparsa, sulla meravigliosa piana che precede le alture di Delfi e su Delfi stessa, che vede ancora in totale rovina, ma di cui indovina il potere attrattivo di un tempo. 
In questo suo peregrinare, che lo porterà anche a Creta, a vedere la tanto sognata Cnosso, già ampiamente reinterpretata da Evans, e la più autentica Festo, è spesso accompagnato dall'amico Georgios Katsimbalis, narratore instancabile e poeta, che influenzerà anche Patrick Leigh Fermor. E' lui il colosso di Marussi del titolo, ed è lui che apre gli occhi a Miller alla vera conoscenza del popolo greco, alle sue storie fantastiche, ai suoi miti ed alle tradizioni. Senza il filtro di questo personaggio memorabile non avremmo un'opera tanto particolare ed autentica come questa che Miller ci ha offerto, accompagnata dalle sue riflessioni, tristemente attuali, sulla direzione che il mondo allora, come di questi tempi, stava prendendo. 
Una nota di particolare merito va ai traduttori di questo difficile testo. 


⇒(click) Il libro: Henry Miller, Il colosso di Marussi, Milano, Feltrinelli, 2016, trad. di F. Salvatorelli

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