Anticamente il carso triestino era ricoperto di boschi fitti di cedui; la caccia costituiva la principale fonte di sostentamento, assieme allo sfruttamento del legname ricavato dai tagli degli alberi ed alla raccolta delle bacche. Quando, nel corso del medioevo, la popolazione iniziò ad aumentare e si formarono i primi paesi, la necessità di avere a disposizione terre da coltivare e da destinare al pascolo fece sì che i boschi subissero una riduzione drastica. L'allevamento, sia di bovini che di ovini, costituiva un'attività piuttosto redditizia e ben presto i pastori, che conducevano sovente una vita sostanzialmente nomade, seguendo gli spostamenti degli animali, vennero in conflitto con la popolazione stanziale, che si dedicava prevalentemente all'agricoltura e che vedeva i terreni devastati dalla presenza degli animali. Tuttavia si trattava non di rado anche di un conflitto etnico, dato che molti pastori provenivano dalla penisola balcanica, ed erano stati spinti sempre più a nord dal movimento dell'esercito turco che avanzava sempre di più e sempre con maggior decisione.
In relazione a questo tipo di attività si diffuse sul Carso triestino un tipo di edificio, di dimensioni molto ridotte, generalmente monocellulare, costruito interamente in pietra calcarea, la cui disponibilità in loco ne rendeva semplice e veloce la realizzazione, adatto a riparare i pastori dalle intemperie o dal sole estivo, ed a svolgervi, nei pressi, le elementari operazioni di mungitura. La cosiddetta casita serviva peraltro anche a coloro che possedevano dei terreni lontani dalla propria abitazione, che venivano recintati per mezzo dei muretti a secco, anch'essi realizzati in pietra. In questo caso il piccolo edificio serviva anche da deposito degli attrezzi agricoli.
Analoghe casite sono diffusissime anche in tutto il territorio istriano ed in Dalamazia.
►Daniela Durissini, “Inutiles omnino sunt et non arant”. L’insediamento di nuove genti sul Carso Triestino nel XV secolo “, in "Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria", CXVI (=LXIV) (2016), pp. 151-178 (PDF)
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