L'Aquileia
Film Festival, dedicato anche quest'anno all'archeologia ferita, ha
ospitato, nel corso della prima serata, l'archeologo Paolo Matthiae,
che ha parlato della scoperta di Ebla e della possibilità di
ricostruire i siti distrutti o danneggiati nel corso della guerra in
Siria.
Il
racconto della più grande scoperta archeologica della seconda metà
del XX secolo, ascoltato dalla voce di Matthiae, che allora dirigeva
la missione archeologica italiana a Tell Mardikh, ha avuto un
particolare fascino, nella notte serena, a lato della basilica di
Aquileia.
L'archeologo
ha ripercorso i primissimi anni di scavo, dal 1964, nei quali
emersero i resti di una grande città, al 1975, anno in cui avvenne
la svolta, con la scoperta degli archivi del palazzo, dove furono
messe alla luce 5000 tavolette, la cui scrittura cuneiforme esprimeva
una lingua diversa da quella di Mari, altra grande città
mesopotamica, portata alla luce e studiata fin dal 1934.
Pianta della regione mesopotamica |
In circa due
settimane fu recuperato e messo al sicuro l'intero archivio, grazie
al lavoro degli archeologi e degli operai più fidati, che lavorarono
ininterrottamente a turni di otto ore, giorno e notte, al fine di
assicurare la sopravvivenza di un patrimonio così importante. 2000
tavolette furono estratte intere, mentre le altre uscirono dallo
scavo a pezzi (sono ben 17000 i numeri di inventario) ora, dopo anni
di lavoro, in gran parte ricomposti. Il materiale fu portato al museo
di Damasco dove rimase a disposizione degli studiosi per poter essere
analizzato. Si scoprì così che l'equipe italiana aveva portato alla
luce una nuova cultura, con la quale si dovette fare i conti per
riscrivere la storia della regione.
Lo
strato nel quale furono rinvenuti gli archivi consente di collocarli
nella città protosiriana, distrutta, secondo Matthiae, dal sovrano
Sargon di Akkad, attorno al 2340 a.C. Il re, infatti, la cui memoria
si conservava ancora al tempo di Alessandro (morto a Babilonia nel
323 a.C.), unificò le regioni di un vasto impero, esteso dall'Elam
al Mediterraneo, ed è perciò probabile che avesse preso e
conquistato anche Ebla che, fino ad allora, era stata una città
potente ed autonoma, che esercitava il proprio potere su una vasta
area. La città tuttavia rinacque, per decadere definitivamente verso
il 1600 a.C..
Scavi di Ebla |
Grazie
agli scavi effettuati sul posto si sono potuti riconoscere tre
periodi di sviluppo della città: il periodo protosiriano antico, al
quale appartengono gli archivi reali, tra il 2400 ed il 2300 a.C., il
periodo protosiriano tardo, tra il 2200 ed il 2000 a.C., ed il
periodo paleosiriano, tra il 2000 ed il 1600 a.C., e si è potuta
individuare la struttura urbana della città.
Grazie
alla lettura delle tavolette, nella maggior parte documenti di
carattere economico, si è giunti alla comprensione dell'importante
ruolo svolto dalla città nell'area, nel periodo antecedente la prima
distruzione, quand'era un importante centro amministrativo, snodo di
traffici commerciali, in rapporto con il Sumer da un lato, e con le
città di Ur e Kish, e con l'Egitto dall'altro. Il lavoro di
decifrazione e lettura del vastissimo materiale non è ancora
ultimato.
Scavi di Ebla |
Alla
domanda finale se sarà possibile, a suo parere, ricostruire i siti
gravemente danneggiati sia dall'Isis, sia dagli scavi clandestini di
privati, collegati con le reti internazionali di traffico di beni
archeologici, sia dagli scavi di gente ridotta alla fame dalla
guerra e bisognosa di recuperare qualche dollaro per la pura
sopravvivenza, Matthiae ha risposto che si potrà fare, ma a
determinate condizioni, che mettano al centro uno studio serio dei
reperti, un controllo dei metodi di ricostruzione, e la
partecipazione concreta dello stato al quale questi beni
appartengono.