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martedì 29 gennaio 2019

Letture. Gabriel Garcia Marquez e il diritto di sognare

Gabriel Garcia Marquez (firma)
L' Escandalo del siglo, di Gabriel Garcia Marquez, di cui ho già scritto, è una fonte inesauribile di spunti di riflessione, dato che questa scelta di suoi articoli, attraversa metà del secolo scorso e tratta molti, diversi, argomenti. 
Il pezzo di cui vi parlo oggi affronta un tema complesso ma molto interessante, quello della critica letteraria, che non solo può stabilire il successo o, viceversa, il fallimento di un'opera, ma che ne offre interpretazioni che, alle volte, ne distorcono completamente il significato.
Partendo proprio dai suoi romanzi Marquez porta alcuni esempi sorprendenti di quanto afferma, rivendicando, nel contempo, la possibilità di sognare e di scrivere dei sogni e sui sogni, senza secondi fini o allusioni.
Quando suo figlio Gonzalo dovette sostenere un esame di letteratura a Londra per essere ammesso all'università, gli fu chiesto il significato del gallo nel romanzo del padre El coronel no tiene quien le escriba (Nessuno scrive al colonnello). Il ragazzo disse che si trattava dal gallo dalle uova d'oro, mentre l'allievo ritenuto migliore fu colui che, ripetendo la lezione del professore di letteratura, affermò che questo era il simbolo del popolo oppresso. Marquez ne sorride e commenta: "Quando lo seppi, mi rallegrai una volta di più della mia buona stella politica poiché il finale che avevo pensato per questo libro, e che avevo cambiato all'ultimo momento, era che il colonnello torceva il collo al gallo e ci faceva una zuppa di protesta". Gli esempi, collezionati nel corso di dieci anni, sono numerosi e divertenti e se l'autore, che apprezza Béla Bartok, si rallegra della conclusione alla quale giungono due critici catalani che sostengono che la struttura di El otoño del patriarca, è uguale a quella del terzo concerto per piano del grande musicista ungherese, non è molto d'accordo con quel professore di letteratura cubano che, dopo aver destinato molte ore allo studio di Cien años de soledad, giunge alla conclusione che non vi è una spiegazione chiara sullo svolgimento e la trama del romanzo.  
A questo punto Marquez ci regala un bellissimo pensiero poetico: "Devo essere un lettore molto ingenuo, perché non ho mai pensato che gli scrittori vogliano dire più di quello che dicono....credo che ci sia stato un tempo in cui i tappeti volavano ed i geni erano prigionieri delle bottiglie. Credo che l'asina di Balaam abbia parlato - come dice la Bibbia- e che sia un peccato che non si sia potuta registrare la sua voce, e credo che Giosuè abbia abbattuto le mura di Gerico con le sue trombe, e che sia un peccato che nessuno abbia trascritto la musica che provocò la demolizione. Credo infine che il laureato Vidriera - di Cervantes - fosse in realtà di vetro, come lui credeva nella sua follia, e credo davvero nella gioiosa verità che Gargantua orinasse a torrenti sulle cattedrali di Parigi. Ma credo anche che altri prodigi similari stiano accadendo e che se non li vediamo è in gran parte perché ce lo impedisce l'oscurantismo razionalista che ci hanno inculcato i cattivi professori di letteratura". 
L'articolo si conclude con un pensiero grato ai buoni insegnanti, alla maestra che iniziò alla lettura il piccolo Gabriel ed al professore di letteratura dell'università che seppe condurre i suoi allievi, tra cui l'autore, "nel labirinto dei buoni libri, senza interpretazioni inverosimili".



martedì 22 gennaio 2019

Pensieri d'autore. Pablo Neruda. La povertà

Valparaiso. Murale (foto Daniela Durissini)

Ahi, non vuoi,
ti spaventa
la povertà,
non vuoi
andare con scarpe rotte al mercato
e tornare col vecchio vestito.
Amore, non amiamo,
come vogliono i ricchi,
la miseria. Noi
la estirperemo come dente maligno
che finora ha morso il cuore dell'uomo.
Ma non voglio
che tu la tema.
Se per mia colpa arriva alla tua casa,
se la povertà scaccia
le tue scarpe dorate,
che non scacci il tuo sorriso che é il pane della mia vita
Se non puoi pagare l'affitto
esci al lavoro con passo orgoglioso,
e pensa, amore, che ti sto guardando
e uniti siamo la maggior ricchezza
che mai s'è riunita sulla terra.


da Pablo Neruda, I versi del Capitano

venerdì 18 gennaio 2019

Archeologia.La Dama de Elche: il potere identificativo di una scultura

Dama de Elche (foto Francisco J. Díez Martín
Madrid. Museo Archeologico nazionale. 
E' una storia singolare, quella della Dama de Elche, scultura simbolo della Spagna recente, ritrovata alla fine del secolo XIX durante gli scavi effettuati nel giacimento di La Alcudia (Elche, Spagna).
Ospite della puntata di ArqueoUDIMA, che potete seguire nel video allegato, condotta dal prof. Daniel Casado Rigalt (Universidad a Distancia de Madrid), la professoressa Carmen Aranegui,  archeologa, esperta dell'opera in questione,  ne ripercorre l'intera vicenda. 



Il busto, che è stato accertato essere una scultura funeraria risalente al IV secolo a. C. e, materialmente, un'urna contenente le ceneri di un defunto, fu rinvenuto il 4 agosto del 1897, quattro giorni prima dell'assassinio del politico Antonio Canovas del Castillio, che aveva retto il regno con Alfonso XII ed era stato più volte presidente del Consiglio dei Ministri. La coincidenza non fu indifferente poiché la Spagna attraversò un periodo di confusione, acuito, nell'anno successivo, dalla perdita definitiva delle colonie d'oltremare. In quelle circostanze non si pensò alla Dama ritrovata, ed alcuni appassionati ispanisti francesi, tra cui soprattutto Pierre Paris, si adoperarono acciocché la scultura fosse acquisita dal Louvre. 
Ben presto si riconobbe che in realtà essa era la testimonianza di un'arte prettamente iberica, che fino ad allora era stata negata e, contestualmente, divenne uno dei simboli più riconoscibili della Spagna. 
Negli anni '20 del Novecento maturò una sorta di identificazione tra lo Stato e la Dama, Parigi era un riferimento cardine della cultura spagnola dell'epoca ed il fatto che la scultura si trovasse lì riempiva di orgoglio gli intellettuali. 
Nel 1929 l'esposizione universale di Barcellona raffigurò la Dama de Elche in uno dei manifesti pubblicitari, mentre è attestata una connessione tra la visita negli Stati Uniti di Federico Garcia Lorca e l'immagine della Dama, stampata sul cartoncino d'invito all'intervento del grande poeta alla Columbia University. 
Quando Rafael Alberti portò in giro per i paesi dell'America Latina la Numancia di Cervantes, la protagonista recitava vestita come la Dama, saldando così idealmente i due elementi identitari più significativi della Spagna: la distruzione della fortezza celtiberica da parte dei suoi stessi abitanti, fieri della propria indipendenza e decisi a non sottomettersi ai romani, e la scultura, riconosciuta come iberica, ritrovata ad Elche. 
Nel frattempo il Louvre aveva consentito che si facesse una copia dell'opera da conservarsi nel paese d'origine e l'immagine della Dama comparve un po' dovunque, persino, nel 1948, sulla banconota da 1 peseta. Ma a quel tempo la scultura era già ritornata in Spagna, grazie ad uno scambio con il museo parigino, avvenuto nel 1941, anche se le sue traversie non erano finite poiché, nel 1995 ne venne contestata l'autenticità, con argomentazioni, invero, assai deboli e ben presto demolite dagli esperti.
La grande popolarità della scultura però non favorì uno studio attento della stessa e soprattutto ci si accontentò delle analisi condotte a suo tempo, con metodi antiquati, mentre, secondo la professoressa Aranegui, sarebbe importante approfondire alcuni aspetti del rivestimento policromo dell'urna, analizzare, con tecniche attuali le ceneri che il fissativo del colore ha fermato sulla stessa, ed anche continuare gli scavi sull'ampio sito, che ha restituito altre opere scultoree più frammentate, ma che potrebbe riservare ancora delle sorprese. 


mercoledì 16 gennaio 2019

I protagonisti. Il "peccato originale" di Jorge Luis Borges.

Jorge Luis Borges

Il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges (Buenos Aires 1899- Ginevra 1986) ebbe numerosi riconoscimenti nel corso della sua vita ma mancò il Premio Nobel, al quale, sembra, tenesse molto. Un altro grande scrittore, il colombiano Gabriel Garcia Marquez, che invece il premio riuscì ad ottenerlo nel 1982, ci racconta come andarono le cose in Svezia, nel 1976, quando Borges fu incluso tra i possibili insigniti del premio e poi, improvvisamente, venne depennato. 
Nella raccolta di scritti El escandalo del siglo, che riunisce parte della sua produzione di periodista, troviamo un articolo dal titolo El fantasma del Premio Nobel in cui, tra gli altri episodi, Gabo si sofferma sulla  vicenda  che vide protagonista Borges. Scrive Marquez che era noto che gli accademici svedesi indicavano i possibili vincitori in maggio, in estate esaminavano le opere, in ottobre si pronunciavano. Borges, in quell'anno, venne inserito in maggio nella ristretta rosa dei nominabili ma, a settembre, accadde un fatto, del tutto estraneo alla letteratura,  che,  secondo una delle versioni più accreditate dei fatti, decise sulla futura designazione. Recatosi in visita in Cile, fu ricevuto con tutti gli onori dal dittatore Augusto Pinochet e, in quell'occasione, pronunciò un discorso, alcune frasi delle quali vengono riportate da un attonito Marquez. 
"È un onore immeritato essere ricevuto da Lei, signor presidente. In Argentina, Cile ed Uruguay si stanno salvando la libertà e l'ordine. Ciò succede in un continente reso anarchico e logorato dal comunismo". 
Marquez commenta, con una certa ironia, velata, mi sembra, da un dubbio di fondo: "Era facile pensare che tante bestialità successive fossero possibili solo per prendersi gioco di Pinochet, ma gli svedesi non comprendono il senso dell'umorismo portegno".  
Fu così, comunque, che il nome di Borges scomparve dall'elenco dei nominabili al Nobel. 
Marquez si augura però che, dopo aver scontato un periodo di "penitenza ingiusta" il premio venga assegnato a questo scrittore così particolare della cui opera afferma di essere un lettore insaziabile, benché ci tenga a sottolineare ancora una volta un fatto ben noto, e cioè di essere un suo avversario politico, offrendo così una lezione di vita a coloro che, giudicando l'opera di un artista, non sono capaci di disgiungerla dal suo orientamento politico.

venerdì 11 gennaio 2019

Ambiente e territori. Cesar Manrique ed il rispetto per l'ambiente

Puerto de la Cruz Tenerife
Puerto de la Cruz. Parco Martianez (📷 Daniela Durissini)
Cesar Manrique, nato ad Arrecife, sull'isola di Lanzarote, nel 1919, e morto a Teguise, sempre sull'isola di Lanzarote, nel 1992, a seguito di un incidente stradale, fu un artista eclettico, che spaziò dall'architettura, all'urbanistica, alla scultura, alla pittura. Impegnato nella difesa del patrimonio naturale ed artistico di Lanzarote, riuscì a fare in modo che l'isola si aprisse al turismo, pur conservando intatte le sue caratteristiche ambientali e culturali. Fu qui infatti, che si espresse pienamente il genio dell'artista, che seppe innovare pur mantenendo saldi i riferimenti alla tradizione. 

Santa Cruz de Tenerife
 Parco Martianez (📷 Daniela Durissini)
Tuttavia Manrique è anche l'autore del noto Parque maritimo Martianez, a Puerto de la Cruz, sulla vicina isola di Tenerife. Autentica opera d'arte, il parco, spettacolare, fu realizzato creando un grande lago, che consente la blenazione al riparo delle onde dell'oceano. Giochi d'acqua, cascate, piccole piscine, oltre al grande spazio centrale, compongono il complesso, immerso in un giardino tropicale e dotato di ottimi servizi, il tutto nello "stile" tipico dell'artista ed inserito perfettamente nel paesaggio naturale. La città di Puerto de la Cruz, consapevole di dover mantenere un'opera d'arte di grande valore, piuttosto che uno stabilimento balneare, ne ha gran cura ed è recentissimo l'ultimo intervento di restauro. 

Santa Cruz de Tenerife
Parco Martianez (📷 Daniela Durissini)
Interessante anche l' opera grafica di Manrique, caratterizzata da linee essenziali che però riescono a tratteggiare le caratteristiche dell'uomo e del paesaggio delle isole vulcaniche che compongono l'arcipelago delle Canarie. Ne sono un tipico esempio le due figure di campesino e campesina, non a caso riprodotti su manifesti in vendita sull'isola, che ritraggono due contadini di Lanzarote, con l'abbigliamento tipico, lei con il caratteristico cappello che ripara i lavoratori dei campi dal sole caldo dell'isola.




(📷 Daniela Durissini)

mercoledì 9 gennaio 2019

Ambiente e territori. Bled, le "curiose cure" di Arnold Rikli e lo sviluppo turistico

Villa Mon Repos
Villa Mon Repos (foto Daniela Durissini)
Il magnifico paesaggio di Bled attirava un numero limitato di turisti, per lo più amanti delle escursioni montane, fino alla metà del secolo XIX, quando vi si stabilì  Arnold Rikli, medico svizzero (1823-1906), che vi aveva trovato il posto ideale per l'applicazione del suo metodo di cura naturale, basato sui bagni e sulle lunghe passeggiate a piedi nudi. La cura iniziava al mattino molto presto, tra le 5 e le 6, e si usciva subito per delle passeggiate nell'erba bagnata dalla rugiada, i pasti era molto frugali, dato che alle camminate si alternavano i bagni, che sftuttavano una sorgente a 10° ed una a poco più di 15°, alternati a bagni di vapore. Solo verso le 17.30, dopo aver consumato il pasto principale, chi si sottoponeva a questo tipo di cura poteva godere di un po' di tempo libero. 


Arnold Rikli
Con questo metodo il dottor Rikli curava moltissime malattie, tra cui l'emicrania, l'anemia, i reumatismi, i disturbi vascolari, e divenne famoso. Molti i pazienti da tutta Europa che arrivavano a Bled per questo tipo di trattamento, ma anche coloro che, soprattutto a seguito della costruzione della stazione ferroviaria di Lesce, approfittavano della comodità della linea Tarvisio-Lubiana per raggiungere la località di villeggiatura. 
Nel 1903 Bled ottenne la medaglia d'oro alla grande mostra internazionale delle località terapeutiche, tenutasi a Vienna e, tre anni dopo, fu dichiarata "importante località turistica dell'impero austriaco". 


Villa Triglav
Villa Triglav (foto Daniela Durissini)
Negli anni a cavallo dei due secoli XIX e XX, furono costruite a Bled numerose ville, destinate alle vacanze della ricca borghesia, alcune delle quali sono state oggi mirabilmente restaurate. Queste presentano elementi tipici del liberty, stile che in quegli anni aveva preso piede anche nelle costruzioni più tradizionali, sposandosi con gli elementi tipici dell'architettura alpina.