Ho letto El otoño del patriarca, il libro-capolavoro di Gabriel Garcia Marquez e ne sono rimasta folgorata. Ho la fortuna di poterlo leggere in lingua originale e credo che la migliore traduzione, non riesca a cogliere appieno la potenza di una simile scrittura. Il racconto si svolge su più piani e con continui cambi di scena, creando una sovrapposizione prospettica che sola riesce a rendere appieno l'atmosfera della decandenza del regime totalitario, simbolo qui dei molti che si susseguirono nei diversi paesi dell'America Latina. Non si parla di un dittatore in particolare, anche se alcuni indizi riportano ora all'uno ed ora all'altro dei diversi uomini forti che tennero in pugno quei paesi, ma di un solo personaggio, che viene colto all'inizio, nel momento in cui il popolo, finalmente libero, penetra nella vecchia casa del generale e ne trova il cadavere, per ripercorrerne poi la storia, dal momento della presa di potere, alla lunga decandenza ed alla fine, alla quale nessuno crede, specialmente dopo averlo visto resuscitare da una precedente morte causata da un avvelenamento di cui in realtà era rimasto vittima un pover'uomo, assunto come controfigura e modificato con ostinata crudeltà per poter somigliare in tutto e per tutto al vero dittatore.
Ed era stato proprio quest'uomo, in punto di morte, a far comprendere appieno, per la prima volta, al generale, lo spessore assoluto della sua solitudine e l'inevitabile destino, al quale non lo aveva sottratto né la presenza della madre, rimasta sempre legata alle sue umili origini e suo unico conforto, né tantomeno quella di Leticia Nazareno, la novizia espulsa con tutti i religiosi dal paese e fatta poi rapire per poter soddisfare i suoi desideri sessuali.
Leticia, anzi, s'era rivelata più astuta e crudele di lui e, adattatatsi al ruolo di amante, era rimasta incinta ed era riuscita a farsi sposare dal vecchio dittatore, eclissandone la figura e riuscendo non solo a far rientrare tutti i religiosi, ma a conquistarsi una fetta importante di quel potere fino ad allora non condiviso realmente con nessuno.
Ma anche Leticia, odiata dal popolo e dai collaboratori del marito per i suoi atteggiamenti e per lo sperpero del denaro dello stato, ed il figlio nato da quella relazione, erano stati uccisi ed il vecchio patriarca, rimasto davvero solo, era diventato una figura sempre più patetica.
La descrizione degli ultimi anni, alcuni dei quali in balia di un astuto e spietato personaggio che prende saldamente in mano le redini del potere, esercitandolo con crudeltà estrema e con la complicità dei servizi segreti di stati esteri, fino alla morte, decisa dallo stesso dittatore, per salvaguardare l'autonomia propria e dello stato, suscita quasi compassione.
Il vecchio, ormai solo e forse meno spietato che in passato, si aggira, sordo e con grandi vuoti di memoria, per la casa che cade a pezzi, come il suo regime. Scrive quello che ricorda in piccoli fogli che arrotola ed inserisce nelle crepe dei muri, per poterli ritrovare e riappropriarsi del suo passato e, dopo anni di resistenza tenace, è costretto a cedere ad uno stato estero l'ultimo bene che è rimasto al paese, spogliato ormai di tutte le risorse ed in bancarotta, cioè il mare.
Credo che l'immagine del mare che sparisce sia una delle più belle e toccanti invenzioni della letteratura di tutti i tempi.
Il lungo racconto è frutto di un esperimento effettuato da Marquez, che voleva trovare un nuovo metodo di scrittura e che sperava di essere ricordato più per questa sua opera che per quel Cien años de soledad, che gli era valso la notorietà. Non vi sono praticamente interpunzioni e muta di continuo il soggetto del racconto, a creare un coro di voci contrastanti, efficacissimo nel rendere lo smarrimento dei tempi narrati. Indubbiamente occorre entrare in sintonia con una simile operazione ma effettivamente è ben difficile trovare altrove una scrittura così ricca, efficace e di tale impatto, che affonda le radici nel fantastico e nel sogno e che rappresenta appieno l'anima latino americana.
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