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martedì 27 agosto 2019

"Scjaraçule Maraçule". La ricerca musicale di Giorgio Mainerio (1535-1582)

Taccuino Sanitatis Casanatense (XIVsec.)

Giorgio Mainerio, nato a Parma nel 1535 e morto ad Aquileia nel 1582, musicista e compositore, si distinse per la sua scarsa propensione alle disciplina ecclesiastica alla quale, in qualità di cappellano della chiesa di Santa Maria Annunziata, a Udine, era inevitabilmente sottoposto. 
Appassionato di musica e studioso dei canti popolari, si mormorava uscisse la sera, in compagnia di alcune donne, per partecipare a non ben specificati riti notturni e, per questo motivo, venne segnalato al tribunale dell'Inquisizione, che tuttavia non procedette contro di lui, non avendo riscontrato validi elementi per poterlo fare. Tuttavia le maldicenze della gente lo spinsero a trovare una sede sostitutiva nella basilica di Aquileia dove, nel 1578, divenne maestro di Cappella. Lì poté dedicarsi ai suoi studi sulla musica popolare e scrisse Il primo libro de' balli accomodati per cantar e sonar d'ogni sorte de instromenti, che apparve a Venezia, per le stampe di Angelo Giordano, nello stesso 1578. 
Tra i diversi pezzi musicali fa parte della raccolta anche il notissimo ed antichissimo Scjaraçule Maraçule, ripreso da Mainerio dalla tradizione popolare e cantato da un coro di voci contrapposte, maschili e femminili. Il canto, che il Pressacco annota essere derivato da un rituale dei Benandanti, accompagnava originariamente una cerimonia notturna in cui i partecipanti portavano canne (scjarazz) e finocchio (marazz) e propiziavano la fertilità della terra. 


I Benandanti contro i diavoli (stampa XVI sec.)
Secondo alcuni studiosi, tra i quali, appunto il Pressacco, questi antichissimi rituali contadini, invocanti la pioggia, costituirebbero la testimonianza del legame tra la chiesa aquileiese e quella di Alessandria d'Egitto, entrambe evangelizzate da San Marco, poiché proprio da quest'ultima deriverebbe l'uso delle danze sacre i cui ritmi monotoni, ripetuti e sempre più accelerati, che portavano all'estasi ed erano spesso svolti in presenza di acque, sembrano ritrovarsi nelle cerimonie cultuali contadine dell'antico Friuli.  
L'attuale versione del canto ne conserva la melodia ma non le parole, che furono scritte da Domenico Zannier nel XX secolo. Ne esistono innumerevoli esecuzioni.


⇒ (click) Versione eseguita con strumenti antichi

⇒ (click) Versione del canto, eseguita dagli allievi del liceo Stellini, che ne sottolinea il ritmo 

⇒ (click) Versione del canto che impiega il tamburello, come probabilmente avveniva in origine 

⇒(click) Il libro: Angelo Floramo, Forse non tutti sanno che in Friuli..., Roma, Newton Compton, 2017 (anche formato Kindle ed ebook)

⇒(click) Il libro: Carlo Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966 (PDF)

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