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martedì 21 dicembre 2021

Ambiente e territori. Monte San Leonardo. Un sito ricco di storia

Monte San Leonardo. Ruderi della chiesetta dedicata al santo (foto Daniela Durissini) 
Il monte San Leonardo, sul Carso Triestino, alle spalle del paese di Samatorza, è un'altura panoramica dalla quale si vede tutto il territorio circostante. Per questo motivo sulla cima, in tempi preistorici, vi era un importante castelliere, che, grazie agli scavi effettuati nei primi anni '60 del secolo scorso si potè datare alla prima età del bronzo. Fu questo quindi, uno dei più antichi castellieri della zona, probabilmente frequentato anche durante tutta l'età del ferro e poi in epoca romana. La continuità dell'insediamento fu dovuta senza dubbio alla posizione particolarmente favorevole. 
Ruderi della chiesa di San Leonardo (foto Daniela Durissini)
Sulla cima del monte all'interno delle cinte murate del castelliere, oggi poco visibili, si trovano i resti di un piccolo edificio sacro, che presenta una pianta rettangolare ed una piccola abside: si tratta della chiesetta dedicata a San Leonardo, databile forse al XII secolo, epoca in cui il culto del santo si andava diffondendo, ma citata solo in epoca successiva. San Leonardo, protettore dei deboli, viene invocato per combattere il maltempo e per ottenere la protezione dei raccolti. Probabilmente il piccolo edificio fu eretto sulle rovine di un preesistente tempietto pagano. Tutti gli anni, il giorno 6 novembre, dedicato a San Leonardo, i villici di Samatorza raggiungevano la chiesetta, che fu completamente distrutta nel corso della prima guerra mondiale. 

Daniela Durissini, Carlo Nicotra, Guida agli itinerari architettonico-ambientali del Carso Triestino, Trieste, Lint, 1989

venerdì 17 dicembre 2021

Fotografare l'arte. San Giovanni in Tuba (Il leone)

Chiesa di San Giovanni in Tuba. Leone (foto Daniela Durissini)
Tra gli elementi architettonici ed artistici conservati nella chiesa di San Giovanni in Tuba ed appartenenti agli edifici precedenti, vi è uno splendido leone, derivante, con ogni probabilità, dalla chiesa romanica. Il leone aveva allora un forte significato simbolico, essendo un animale noto per crudeltà, per forza e per potenza. La tribù di Giuda, la più potente di Israele, al tempo di David, lo assunse come simbolo, e la figura del leone, di volta in volta, venne più volte citata nei testi biblici, sempre però con connotazioni di forza e/o crudeltà. Sovente, nelle rappresentazioni cristiane delle chiese romaniche, il leone compare mentre combatte con il drago, ed in quel caso vengono messe a confronto le due potenze diaboliche che intendono impadronirsi dell'uomo.

►(click) Per approfondire: Il leone e il drago (Diakosmesis)

mercoledì 15 dicembre 2021

Arti e architetture. Monfalcone. La Rocca

Monfalcone. La Rocca (foto Daniela Durissini)
La Rocca di Monfalcone è stata edificata su un colle, alle spalle dell'attuale abitato, che era stato occupato fin dalla preistoria. Forse la fortificazione originaria, in seguito ampliata e modificata più volte nel corso dei secoli, fu voluta da Teodorico, re ostrogoto, verso la fine del V secolo. Nella seconda metà del X secolo, passò in proprietà al Patriarcato di Aquileia, alla Contea di Gorizia, e quindi, dal 1420, alla Repubblica di Venezia che, a più riprese, fece degli importanti lavori di ampliamento e di fortificazione. Fondamentale l'intervento effettuato agli inizi del XVI secolo, che adattò la rocca a resistere agli attacchi delle armi da fuoco. In quell'occasione venne edificata la torre quadrata, destinata a contenere la polvere da sparo. 

venerdì 10 dicembre 2021

Fotografare l'arte. Aquileia. Sepolcreto. Piramide curvilinea con delfini

Aquileia. Sepolcreto (foto Daniela Durissini)

Nel sepolcreto romano di Aquileia, è stata restaurata, tra le altre, una tomba sormontata da una piramide curvilinea, tipica dei monumenti funerari alto-adriatici, sulla quale sono stati scolpiti due delfini, con le code attorcigliate attorno al tridente di Nettuno, simbolo del viaggio ultraterreno, oltre le colonne d'Ercole e verso l'Oceano. In cima alla piramide si osserva il volto alato del dio Tanato, simbolo del sonno eterno, sormontato da una pigna. Le ceneri del defunto venivano deposte nel dado sottostante la piramide.

martedì 30 novembre 2021

Ambiente e territori. I rustici di Dierico (Carnia)



 



Dierico. Rustici (foto Daniela Durissini)

A Dierico, piccolo paese della Carnia, nei pressi di Paularo, abbarbicato sui fianchi boscosi del Monte Zouf, sul versante soleggiato che consente, anche nella stagione invernale, di usufruire di diverse ore di luce, sono ancora presenti molti antichi rustici che un tempo servivano a supportare i lavori agricoli e l'allevamento. Gli edifici, in genere di dimensioni ridotte, sono stati edificati con una parte inferiore in muratura ed una parte superiore, destinata per lo più allo stoccaggio del fieno, ma anche al deposito dei prodotti agricoli, in legno. Da notare che in molti casi la parte in legno reca, oltre alle classiche aperture, anche una croce, che serviva ad evocare la protezione divina sul raccolto. 
Un tempo la popolazione di questa zona della Carnia si dedicava per lo più alla selvicoltura ed all'allevamento, mentre l'agricoltura era generalmente limitata al fabbisogno familiare, anche a causa della poca terra disponibile per la coltivazione.

venerdì 26 novembre 2021

Fotografare l'arte. La cappelletta tra Moggio e Moggessa

Ancona votiva su sentiero Moggio-Moggessa (foto Daniela Durissini)

La cappelletta costruita sulla sella attraversata dal sentiero che sale da Moggio a Moggessa protegge un'ancona votiva raffigurante la Madonna col bambino. Il luogo è testimone della devozione popolare e la stessa immagine della Madonna è opera di pittore locale. Lungo il sentiero, non sempre agevole, sono numerosi i segni spontanei di religiosità delle genti che frequentavano e vivevano queste montagne in un tempo ormai lontano, che cercavano protezione nel divino dovendo transitare lungo percorsi che potevano presentare insidie e pericoli imprevedibili. 

martedì 23 novembre 2021

Culture. L'antica berlina di Moggio



Moggio. La berlina (foto Daniela Durissini)

Moggio. La berlina (foto Daniela Durissini)

Sulla piccola piazza, ai margini del viale che conduce all'abbazia di Moggio, una colonna attira l'attenzione del visitatore. È alta circa due metri e mezzo, a base quadrata, porta tre anelli di ferro ai lati visibili dalla strada. Si tratta dell'antica berlina, alla quale venivano legati i malfattori per essere esposti al pubblico ludibrio e per venir poi fustigati davanti alla popolazione. La colonna in questione porta la scritta Supplicio di malfattori e la data 1653. L'esposizione dei condannati avveniva soprattutto la domenica, per far sì che tutti, recandosi in chiesa per la funzione, vedessero quello che poteva capitare a chi contravveniva alle leggi ed era pratica di uso piuttosto comune all'epoca, non solo a Moggio. Altre berline si trovano nelle piazze dei centri storici di Arta, Malborghetto e Tarvisio. Questa colonna è un elemento particolarmente interessante perché è un segno inequivocabile del vasto potere giudiziario esercitato dall'abbazia di Moggio sui territori circostanti.

sabato 20 novembre 2021

Fotografare l'architettura. Foro romano di Aquileia. Capitelli

Aquileia. Foro romano. Capitelli (foto Daniela Durissini)

I capitelli che sormontano le colonne recuperate del Foro romano di Aquileia risalgono alla seconda metà del II sec. d. C., corrispondente alla tarda età degli imperatori Antonini. Sono stati realizzati in pietra d'Aurisina, come le colonne, oggi reintegrate in laterizio. 



martedì 16 novembre 2021

Archeologia. Aquileia. Foro romano

Aquileia. Foro romano (foto Daniela Durissini)

Aquileia. Foro romano (foto Daniela Durissini)

Il Foro romano di Aquileia, la cui prima fondazione risale al II secolo a.C., assunse il suo aspetto definitivo a partire dalla prima metà del I sec. d.C. allorché venne realizzata la piazza circondata su tre lati da portici, le cui colonne, che ne reggevano la parte orientale, originariamente in marmo di Aurisina, sono state rialzate ed integrate in laterizio negli anni '30 del Novecento. I capitelli invece risalgono alla seconda metà del II sec. d.C. Sotto i portici orientale ed occidentale si affacciavano numerose botteghe. La pavimentazione della piazza, databile ovviamente al periodo di inizio dei lavori di sistemazione del foro, fu realizzata in lastre di calcare di Aurisina. A sud del Foro si trovava la basilica civile di cui oggi rimangono ben poche tracce. 
Al centro del Foro sono state sistemate copie delle decorazioni dei portici recanti eroti con ghirlande e le teste di Giove Ammone e di Medusa.



venerdì 12 novembre 2021

Fotografare l'arte. Nereide con toro marino (Aquileia, Museo Archeologico)

Aquileia. Museo Archeologico nazionale.
Mosaico di fanciulla su toro marino (foto Daniela Durissini)

Mosaico ritrovato in una domus scavata nel fondo Cossar a nord della basilica, raffigurante una nereide su toro marino (seconda metà del I sec. a. C.). Di fattura finissima è stato realizzato in piccoli tasselli di pietra e di pasta vitrea.

martedì 9 novembre 2021

Archeologia. Aquileia. Decumano di Aratria Galla


Camminando ad Aquileia, sul lato opposto della strada rispetto alla parte più evidente del foro romano, si nota un bellissimo tratto di strada lastricata (decumano), fatta costruire da Aratria Galla, a lato della basilica, di cui oggi si vedono poche tracce, realizzata in età augustea per volontà di Caius Aratrius, suo parente e ricco imprenditore. Facoltosa era anche Aratria Galla, la quale per volontà testamentaria stabilì che una parte dei suoi beni fosse destinata alla realizzazione della strada (prima metà del I sec. d.C.), attraverso la quale si accedeva alla basilica. Da precisare che la parte lastricata era soltanto quella, di poco meno di 400 metri di lunghezza, che era compresa entro le mura cittadine, una parte delle quali è visibile poco distante. Gli scavi archeologici hanno messo in luce anche le condutture che passavano sotto la strada, costruite in laterizio, che scaricavano poco lontano nel canale Anfora. 

►(click) Per approfondire: Scheda da ArcheocartaFVG

venerdì 5 novembre 2021

Fotografare l'architettura. Moggessa di là. Casa rurale



Moggessa di là. casa rurale (foto Daniela Durissini)

I borghi rurali di Moggessa di qua e Moggessa di là, siti nella montagna soprastante l'abitato di Moggio, abbandonati dalla popolazione stanziale e gravemente danneggiati dal terremoto del 1976, conservano ancora degli interessanti edifici abitativi (soprattutto Moggessa di là, che subì meno danni), alcuni dei quali sono stati parzialmente rioccupati, se non altro in alcuni periodi dell'anno. Questa casa, molto particolare, complessa e di notevoli dimensioni, presenta la facciata volta a meridione, molto dinamica, con diverse aperture (sia porte che finestre) ed alcuni balconi in legno. 

martedì 2 novembre 2021

Arti e architetture. Moggio. L'abbazia fortificata

Moggio. Abbazia (foto Daniela Durissini)
L'abitato di Moggio, sito alla confluenza tra il fiume Fella ed il torrente Aupa, ovverosia tra il Canal del Ferro e la Val Aupa, ha origini antiche. Sul colle di Santo Spirito, che domina la vallata, sorsero una fortificazione romana e poi un castello medievale, di proprietà di una famiglia di origini carinziane, che lo cedette al patriarcato aquileiese. Un documento datato 1084 testimonia il passaggio di proprietà dal conte Cacellino al patriarca Federico, suo parente, che si impegna a far erigere sul posto un monastero. Nel 1119 sarà il suo successore, Vodalrico, a far consacrare il convento benedettino intitolato a San Gallo, dal vescovo di Emona, assegnandogli nel contempo alcuni beni in Friuli e Carinzia.

Pianta del complesso abbaziale (sec. XVIII)
Nel corso del XII e del XIII secolo l'abbazia acquisì importanza e terreni a seguito di numerose donazioni e divenne un potente feudo, ma successivamente, le numerose controversie territoriali nelle quali si trovò coinvolta ed il malgoverno, la precipitarono in una decadenza senza possibilità di vero riscatto. Nel 1422, già occupata dai veneziani, fu assediata e saccheggiata dagli Ungari, calati lungo la Valle del Fella a seguito del patriarca Ludovico di Teck, in uno dei suoi tentativi di riconquistare il potere in Friuli. 
Attualmente si possono notare alcuni tratti delle mura difensive, sui terrazzamenti ad ovest del complesso e la torre cosiddetta delle prigioni, di impianto antico (probabilmente risalente al primo castello). Il nome però deriva dall'uso che se ne fece in età napoleonica.

Moggio. Abbazia. Torre delle prigioni (foto Daniela Durissini)
La chiesa attuale risale alla seconda metà del XVIII secolo. Accanto ad essa si trova il chiostro cinquecentesco.

venerdì 29 ottobre 2021

Fotografare l'arte. Aquileia. L'amore oltre la morte

Aquileia. Sepolcreto. Gruppo scultoreo (foto Daniela Durissini)

Nel Sepolcreto di Aquileia è stata collocata una copia di un gruppo scultoreo di squisita fattura, rinvenuto nel corso degli scavi, raffigurante una donna con accanto una bambina alata, che simboleggia Psiche, cioè l'amore che supera anche la morte. L'originale si trova presso il Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.

martedì 26 ottobre 2021

Archeologia. Aquileia. Sepolcreto




Aquileia. Sepolcreto (foto Daniela Durissini)
foto 1: panoramica
foto 2 e 3: due piramidi curvilinee che completavano due are di grandi dimensioni
foto 4 e 5: sarcofagi

Nella piccola area del sepolcreto di Aquileia si possono vedere alcuni recinti che ospitavano le tombe, porzione minima delle grandi aree dedicate ai defunti, collocate ai lati delle strade che uscivano dalla città romana verso il territorio, caratteristica dei centri abitati di un'epoca in cui non si potevano seppellire i morti all'interno delle mura.
Nella piccola necropoli, usata per un lungo periodo, tra il I ed il III secolo, si trovano sia sepolture ad inumazione, sia ad incinerazione. Ogni recinto apparteneva originariamente ad una particolare famiglia. Soltanto in uno di questi non sono state rinvenute delle iscrizioni che consentissero di individuarne i proprietari. Per quanto riguarda gli altri, appartennero rispettivamente alle famiglie degli Stazi, dei Giuli, dei Trebi, dei Cesti o degli Emili. 

►(click) Per approfondire: Archeocarta FVG scheda sul Sepolcreto

venerdì 22 ottobre 2021

Arti e architetture. Urbino. Palazzo ducale



L'edificio che per ampiezza ed originalità caratterizza il centro storico di Urbino è senza dubbio il palazzo ducale, anche se il suo lato più noto e particolare, cioè la facciata dei torricini, è rivolto verso l'esterno dell'abitato. Il palazzo rappresenta assai bene il momento di grande potenza della famiglia dei Montefeltro, raggiunto sotto Federico che, grazie all'acquisizione di nuovi territori, già dei Malatesta, aveva potuto garantirsi le entrate sufficienti a far erigere un palazzo di grande impatto architettonico e, nello stesso tempo, di metter mano alla riorganizzazione urbana dell'intero abitato. 
Dall'originale dimora fatta edificare da Antonio da Montefeltro, nonno di Federico, il primo della famiglia a stabilirsi accanto al duomo, si passò ad un ulteriore edificio voluto dal figlio Guidantonio, finché Federico, uomo colto e raffinato, amante delle belle arti e mecenate, decise di unire i due palazzi e di costruirne uno unico e magnifico che sottolineasse il suo potere ma anche la sua cultura e la sua visione del futuro. 
Per primo fu chiamato l'architetto Maso di Bartolomeo che progettò l'unione dei due palazzi originali (1444), quindi il dalmata Luciano Laurana, che diede la svolta alla costruzione, e che ideò la facciata dei torricini, ed infine Francesco di Giorgio Martini che completò il palazzo. Di grande interesse, proprio su questa facciata, il segno evidente del passaggio di mano tra i due grandi architetti rinascimentali, nell'impostazione dei balconi dei due ultimi piani. 


Urbino. Palazzo Ducale (foto Daniela Durissini)

martedì 12 ottobre 2021

Arti e architetture. Il leone e il drago (Chiesa di San Giovanni in Tuba, Duino)

Duino. Chiesa di San Giovanni in Tuba (foto Daniela Durissini)

Nella chiesa di San Giovanni in Tuba, presso Duino, ricostruita in forme gotiche dopo le gravi distruzioni subite nel corso delle due guerre mondiali, vi sono numerosi elementi recuperati dall'edificio romanico, voluto agli inizi del XII secolo dal patriarca Vodolrico di Eppenstein, per recuperare, ed in parte sostituire ed ampliare, la precedente chiesa risalente all'VIII secolo. Sulla sommità del piedritto che, a sinistra, sostiene il grande arco dell'abside, è stato inserito un elemento architettonico derivante, con ogni probabilità proprio dalla chiesa iniziata attorno al 1100, che rappresenta un leone che combatte con il drago. Quest'ultima figura è caratterizzata dal muso allungato, dalle orecchie grandi ed appuntite, dal collo lungo e soprattutto dalle zampe artigliate. Si tratta di un simbolo piuttosto comune nell'arte romanica, le cui origini vanno inidividuate nell'Apocalisse. La lotta tra il leone ed il drago non oppone il bene ed il male, ma rappresenta "la battaglia tra le potenze diaboliche per impadronirsi dell'uomo" (E. Urech, Dizionario dei simboli cristiani, Roma, Arkeios, 1995, 2004)

►(click) Per approfondire: Il leone e il drago (Diakosmesis)

venerdì 8 ottobre 2021

Fotografare l'arte. Le donne, i cavallier, l'armi, gli amori (Ferrara)

Astolfo sull'Ippogrifo con il senno di Orlando








A Ferrara, nel cortile del castello estense, gli artisti Sara Bolzani e Nicola Zamboni, espongono alcune delle loro opere facenti parte di un progetto ben più ampio e portato avanti da vent'anni, Umanità, ispirato al trittico con la Battaglia di San Romano, che raffigura le imprese dei cavalieri antichi affiancate alle vicende delle popolazioni che oggi rappresentano le cosiddette "vite di scarto" e che, marciando in silenzio accanto alle figure epiche e cavalleresche, ci ricordano gli orrrori delle guerre e le tragedie delle migrazioni. 

Il tavolo dello scrittore
(foto Daniela Durissini)
Nella città in cui Ludovico Ariosto, favorito dal mecenatismo della famiglia estense, compose l'Orlando Furioso, la scelta delle opere, realizzate in rame e terracotta, è orientata in parte sulle figure tratte dal poema.  


martedì 5 ottobre 2021

Arti e architetture. Ferrara. Castello Estense

Ferrara. Castello estense (foto Daniela Durissini)

Il castello estense di Ferrara fu commissionato da Nicolò II d'Este all'architetto di corte Bartolino da Novara, nel 1385, a seguito di una rivolta popolare che aveva fatto temere il peggio al marchese ed alla sua famiglia. Bartolino era figlio d'arte, il padre infatti era il Maestro Giovanni da Novara, all'epoca piuttosto noto nella sua città, ed era stato assunto da Nicolò II almeno dalla seconda metà degli anni '60 del secolo XIV. Lo stesso marchese, evidentemente contento della collaborazione, l'aveva "prestato" ai Gonzaga per la realizzazione del castello di San Giorgio, a Mantova, nel quale la mano di Bartolino è evidente. 

Ferrara. Castello estense. Porta
(foto Daniela Durissini)

I lavori a Ferrara iniziarono a fine settembre del 1385, nel giorno di San Michele, santo guerriero al quale l'edificio fu dedicato, partendo dalla duecentesca torre dei Leoni, che venne collegata da possenti mura ad altre tre torri, formando così un quadrilatero, circondato da un fossato. Interessante la realizzazione della Via coperta, che univa la parte militare del castello alla residenza, oggi palazzo municipale, particolarità che doveva rivelarsi essenziale quasi un secolo più tardi (1476), quando, grazie ad essa, Eleonora d'Aragona, moglie di Ercole d'Este, si salvò rifugiandovisi, nel corso di una rivolta popolare innescata da Niccolò d'Este, figlio di Leonello, erede legittimo della casata, per l'ottenimento del potere sulla città. Niccolò fu sconfitto ed ucciso ma da allora la famiglia decise di stabilire la sua residenza nel castello, che fu arricchito sia dal punto di vista architettonico che da quello artistico. Ercole I, del resto, si dedicò ad una completa trasformazione della città, operata dall'architetto Biagio Rossetti, e la sua corte, divenne un imprtantissimo centro culturale ed artistico del Rinascimento. 
Il castello fu più volte rimaneggiato ed ulteriormente ampliato già a partire dal secolo successivo. 

martedì 28 settembre 2021

Arti e architetture. Luca Danese ed i Trepponti di Comacchio

Comacchio. Trepponti (foto Daniela Durissini)

Nel 1634 l'architetto Luca Danesi, conosciuto come Luca Danese, progettava un'opera molto significativa per Comacchio, il Ponte Pallotta oggi meglio noto come Trepponti. Eh sì! perché il Danese non ne costruì uno soltanto, sul canale Pallotta, quello che collegava il centro al mare Adriatico, ma creò un'opera monumentale costituita da tre scalinate dal lato dell'edificato e da due dalla parte esterna, con un unico passaggio sulla sommità, che in questo modo superava anche un secondo canale a lato del Pallotta, e metteva in collegamento tre canali minori. Mentre la struttura, come d'uso nella zona, è stata realizzata in laterizio, la parte superiore è in pietra d'Istria. Caratteristiche le due torri laterali, aggiunte successivamente (1695) che ci ricordano come questo complesso svolgesse anche un ruolo di difesa. L'opera fu realizzata nel 1638 dal cappuccino Giovanni Pietro da Lugano e presenta una pianta pentagonale a lati di diversa lunghezza. Queste misure sono dovute alla larghezza dei canali da superare. Il ponte è stato rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, l'ultima nel corso del XIX secolo. 
Il Danese, nello stesso periodo, stava occupandosi della risistemazione urbanistica di Comacchio e realizzò anche un altro ponte, quello cosiddetto degli  Sbirri, per la vicinanza delle carceri. 
Val la pena ricordare che l'abitato, costruito su una serie di piccole isole, fu collegato alla terraferma solo nel 1821 quando fu realizzato il terrapieno che lo unì ad Ostellato.

martedì 21 settembre 2021

Culture. I volti misteriosi di San Giovanni in Tuba




Chiesa di San Giovanni in Tuba, Duino (foto Daniela Durissini)

Quando si entra nella chiesa di San Giovanni in Tuba, presso Duino, si ha la sensazione di venir osservati. Ci si guarda attorno e, qua e là, si inizia a notare qualche volto che, dalle pareti della chiesa, osserva, statico, da centinaia d'anni, la vita che scorre davanti a lui. Pian piano, guardando con attenzione, si scopre che i volti sono numerosi, un po' dovunque.  Alcuni sono  più antichi e sono stati scolpiti per decorare l'antica basilica, altri appartengono con ogni probabilità alla chiesa che, proprio sull'edificio più antico, avevano fatto costruire i Walsee, signori di Duino, grossomodo dalla fine del XIV alla seconda metà del XV secolo. I primi sono più lineari e severi, i secondi, vi osservano dall'alto, sorreggendo le mensole alla base dei costoloni che costituiscono l'ossatura della copertura dell'abside gotica. Ce n'è uno persino su di un antico bacile in pietra addossato alla parete di sinistra. Questi elementi decorativi ricordano la storia complessa di questo edificio, restaurato e ricostruito più volte, l'ultima delle quali alla fine degli anni '40 del secolo scorso, a seguito dei gravi danneggiamenti subiti dalla struttura nel corso delle due guerre e, con il pavimento a mosaico della primitiva basilica del V secolo, rappresentano una testimonianza importante della lunga frequentazione di questo sito e della sua destinazione a luogo di culto.