Seno de Ultima Esperanza (foto Daniela Durissini) |
Il Seno de Ultima esperanza è uno di quei luoghi dell'anima che non si dimenticano facilmente. E' uno di quei rari posti che ti restano dentro, troppo grandioso, troppo puro ed ancora autentico, troppo diverso dal mondo occidentale, un angolo di terra a sè stante, quasi un'isola, sebbene si tratti invece di una delle propaggini di quelle terre australi che tanto attirarono gli esploratori del secolo XIX. Siamo nella Patagonia meridionale cilena, la cittadina più vicina è Puerto Natales, non lontano il mitico gruppo delle Torri del Paine, oggi fortunatamente comprese in un parco nazionale, voluto anche da un italiano, quel Guido Monzino, alpinista ed esploratore, che ci era arrivato e vi aveva messo radici, acquistando un ampio terreno, poi donato al governo cileno con il vincolo dell'ampliamento del parco.
Il Seno de Ultima Esperanza è un lungo braccio di mare che si insinua tra montagne selvagge, alcune cime delle quali non sono state tuttora salite, a toccare il Cerro Balmaceda ed il suo ghiacciaio e, ancora più in fondo, il ghiacciaio Serrano.
A metà di questo braccio di mare l'Estancia Perales, sorge isolata, in un'ampia vallata fertile, alle spalle i monti. Ecco, in questa zona si conclude l'avventura di Federico Sacco, protagonista del romanzo di Cuniberti intitolato appunto "Ultima Eseperanza". Come si concluda non viene detto, perché il giovane veterinario piemontese, protagonista del racconto, risulta disperso, mentre il suo avventuroso viaggio viene raccontato attraverso i suoi diari personali, pervenuti in modo rocambolesco alla Società Geografica Italiana, promotrice dell'esplorazione.
Il libro inizia con una seduta della Società nella quale viene dato conto della scomparsa del Sacco, e dell'avvenuto ricevimento di due diari personali, che vengono letti pubblicamente, allo scopo di decidere che cosa fare di queste relazioni, in considerazione del fatto che quelle scientifiche, annotate separatamente, sono andate perdute.
Si narra così del lungo viaggio per mare verso l'America del Sud, dell'arrivo a Valparaiso, delle tempeste e del mal di mare sofferto dal protagonista, dell'incontro con un compagno di viaggio interessato a fondare un'estancia per l'allevamento delle pecore, del proseguio dell'itinerario al seguito del colonizzatore Saavedra, dell'orrore per i suoi metodi crudeli con i quali era uso "pacificare" l'Araucania, ed infine della decisione di proseguire da solo con una guida meticcia di Chiloè verso il Sud.
La guida lo abbandonerà rubandogli tutto e, dopo aver incontrato casualmente il compagno col quale aveva iniziato il suo viaggio a piedi, ed averlo perduto a seguito di un agguato di una tribù tehuelche, il Sacco deciderà di stabilirsi nei pressi del Seno di Ultima Esperanza, costruendosi una capanna, per poter compiere le osservazioni scientifiche, che annoterà sui diari perduti. L'autore immagina che Sacco sia lo scopritore della Cueva del Milodonte, ricordata anche da Chatwin nel suo "In Patagonia", che riesca ad instaurare un buon rapporto con i nativi aonikenk, che sposi un'indigena, e che alla fine riesca a trovare e ad esaminare un esemplare di dinosauro piumato, che intende ammaestrare per portarlo in Italua a riprova della sua strordinaria scoperta.
Insomma, il Cuniberti in questo libro introduce molti degli elementi salienti della storia dell'esplorazione della Patagonia Cilena, aggiungendo alla fine anche alcune note che riportano alle vicende autentiche che fanno da sfondo a questa storia.
Aggiungo però che, per chi ne abbia interesse, questa storia è abbastanza ben documentata. Ne hanno scritto autori famosi e coloro che per primi esplorarono quei luoghi, e che rimasero sconosciuti ai più. La storia della conquista delle terre meridionali da parte degli spagnoli e poi dell'esercito cileno è tristemente nota e confrontabile su più fonti.
⇒(click) Il Libro: Paolo Ferruccio Cuniberti, Ultima Esperanza. Nel cuore della Patagonia Selvaggia (Edicola 2019)
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