Codex purpureus rossanensis. Giuda |
Il
codex purpureus è un evangeliario greco miniato datato al VI secolo,
originario della Siria o della Palestina, portato probabilmente in
Italia dai monaci melchiti fuggiti verso occidente, tra i secoli
VIII-IX, sia a causa dell'odio iconoclasta dei bizantini, sia a causa
delle invasioni arabe. Rimasto nell'oblio per secoli venne nuovamente
alla luce nel 1879, grazie allo studioso tedesco Adolf von Harnack,
Adolf von Harnak |
che lo ritrovò nella sacrestia della cattedrale di Rossano e fu
studiato e pubblicato da O. von Gebhardt (Die Evangelien des
Matthaus und des Marcus aus dem Codex purpureus Rossanensis,
Leipzig 1883). Prima di loro ne aveva fatto cenno Cesare Malpica, nel
suo Diario di viaggio (1845-47).
Cesare Malpica |
Il codice era già stato studiato
dal canonico Scipione Camporota attorno al 1831, ma questi non ne
aveva dato notizia.
Il manoscritto
Il manoscritto, su supporto pergamenaceo,
è tinto di rosso porpora.
Codex purpureus rossanensis. Ultima cena |
E' composto di 188 fogli e riporta i testi
dei Vangeli dei Matteo e Marco (quest'ultimo mutilo), ed una lettera
di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli; è in lingua
greca; la scrittura è un'onciale molto bella e dal ductus regolare, vergata su due colonne.
Codex purpureus rossanensis. Esempio di scrittura |
E' arricchito da 15
miniature, superstiti di un più ricco corredo iconografico, che
illustrano la vita di Gesù nella settimana precedente la
crocifissione.
Codex purpureus rossanensis. Entrata di Gesù a Gerusalemme e Purificazione del Tempio |
Ogni miniatura occupa un intero foglio, e tutte
assieme riproducono un ciclo pittorico ecclesiastico, rappresentando
un unicum tra i codici
miniati.
Codex purpureus rossanensis. Agonia nel Getsemani |
Originariamente
il codice doveva presentare circa 400 pagine, in quanto una parte,
contenente gli altri due Vangeli, è andata perduta.
Nel 2012 il codice è stato inviato all'Istituto Centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario per essere restaurato e studiato e nell'estate del 2016 è tornato a Rossano, dove un museo anch'esso rinnovato ed una sala dedicata hanno accolto l'opera, che necessita di particolari tecniche di conservazione.
Nel
2015 è stato riconosciuto Patrimonio dell'umanità dell'Unesco ed
inserito tra i nuovi documenti del Registro della memoria mondiale.
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