Recentemente ho letto questo bel libro di Franca Cancogni che, a 98 anni, ha scritto il suo primo romanzo. In effetti aveva già lavorato in passato, a quattro mani, con il fratello, Manlio, scrittore e giornalista affermato, ma questa è la prima volta che si è cimentata da sola in una lunga e bellissima storia. Il racconto, che si basa su una storia vera, seppur dando spazio alla fantasia dell'autrice, ripercorre gli accadimenti occorsi alla famiglia della nuora.
Il personaggio principale, Frida, una bimba ebrea, adottata dalla famiglia di un ricco mercante Uzbeko, non è reale, ma le sue avventure, con le severe prove che tutta la famiglia deve affrontare nella diaspora, prima di raggiungere la Palestina, corrispondono in gran parte alla storia vera.
L'agiatezza iniziale in casa del mercante ebreo di Bukhara, che accoglie Frida e la sorella più grande, rimaste orfane, e, man mano, il deteriorarsi della situazione politica, le difficoltà economiche ed il passaggio da un paese all'altro, dall'Uzbekistan, all'Afganistan ed all'India, in un lunghissimo viaggio che vede i membri della famiglia dapprima uniti e poi divisi, nel tentativo di raggiungere il paese che dovrebbe accoglierli e dar loro una nuova vita ed un lavoro ma che invece si rivela una meta provvisoria e difficile, ed ancora l'ulteriore spostamento di Frida e del marito verso l'Italia, restituiscono al lettore la dura realtà non solo della famiglia rappresentata, ma di molte altre famiglie ebree.
Il sogno di raggiungere la Palestina si infrange, paradossalmente, proprio nel momento in cui Frida arriva a Gerusalemme, nel periodo in cui molti ebrei confluiscono in quel paese e l'accoglienza si dimostra selettiva e, specie per gli ebrei provenienti da certi paesi, non certo amichevole.
Frida, ormai vecchia, ripercorre la sua storia, con il disincanto che è dell'autrice, mentre si trova in una casa di riposo per persone agiate di Tel Aviv, in anni recenti, quando ormai la situazione in Israele si è stabilizzata e lei, rimasta vedova, accetta il ricovero nella casa assieme alla sorella, che però morirà dopo qualche tempo.
Il titolo deriva dall'usanza uzbeka di mettere un pane sulla porta della casa di chi si allontana per un lungo viaggio, perché ne prenda un pezzetto e torni un giorno a consumare la parte restante.
Franca Cancogni è stata traduttrice raffinatissima per la Rai, e per diverse case editrici, tra le quali l' Einaudi. Tra i suoi molti lavori va ricordata almeno la traduzione dei Dubliners di Joyce.
In una recente intervista ha affermato di avere nel cassetto alcune altre storie alle quali sta lavorando.
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