Disegno sull'asfalto davanti ad una scuola materna in montagna (foto Daniela Durissini) |
“Papà”
dissero i bambini, “le mucche sono come i tram? Fanno le fermate?
Dov'è il capolinea delle mucche?”
“Niente
a che fare coi tram” spiegò Marcovaldo, “vanno in montagna.”
“Si
mettono gli sci?” chiese Pietruccio.
“Vanno
al pascolo a mangiare l'erba.”
“E
non gli fanno la multa se sciupano i prati?”.
Italo Calvino, Un viaggio con le mucche, da Marcovado (Einaudi, 1963)
Nel 1963 veniva pubbicato da Einaudi un libro per ragazzi, Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città, che raccoglieva venti novelle di Italo Calvino, una parte delle quali era già apparsa sull'Unità.
Il protagonista, Marcovaldo, è un manovale, che vive e lavora in una grande città di cui non si fa il nome, ma che si può identificare con Torino e con ogni altra grande città, già allora così lontana da quella natura che Marcovaldo cerca disperatamente e scopre, sperduta, in qualche angolo delle strade, che occupa i suoi sogni, che racconta ai suoi figli, che non la conoscono.
Ed è questo il fulcro della denuncia di Calvino: in pieno boom economico, quando si era raggiunto il culmine dell'emigrazione dal sud Italia verso il nord, stava crescendo una generazione che avrebbe perduto del tutto la dimensione naturale, destinata a vivere un ambiente degradato e ostile, quello costruito dall'industria, che attirava i lavoratori in città ma che, in definitiva, consentiva loro di sopravvivere e nulla più. Alla generazione dei padri era consentito sognare un mondo diverso, ai loro figli, troppo spesso, non sarebbe stato possibile nemmeno rifugiarsi nella fantasia e nell'immaginazione.
Il libro, che in realtà si rivolge ad un pubbico assai più vasto di quello al quale l'editore l'aveva inizialmente destinato, è stato ristampato numerosissime volte, ed ora lo troviamo in edizione Mondadori.
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