Translate

martedì 23 maggio 2017

Una bambina pigmea nella Trieste dell'Ottocento (A little pygmaean girl in the Trieste of the nineteenth century)

⇓(abstract in english)




Pittura di letto triclinare con pigmei



Romolo Gessi, (1831-1881) esploratore e geografo ravvenate, figlio del patriota romagnolo ed avvocato Marco Gessi, esule a Londra e console inglese presso l'Impero Ottomano, e della moglie di lui l'armena Elisabetta Clarabett, visse l'infanzia a Costantinopoli ed in altri paese balcanici, dove il padre veniva inviato come diplomatico. Dopo aver studiato presso l'accademia militare di Wiener Neustadt, in Austria e ad Halle, in Germania, si dedicò alla carriera militare ed alle esplorazioni. Giovanissimo ottenne un impiego presso il consolato inglese di Bucarest. Sposatosi con una violinista rumena, ebbe sette figli.



Romolo Gessi 


Fu impiegato dagli inglesi come interprete nella Guerra di Crimea e fu in quell'occasione che conobbe Charles Gordon, futuro generale, al quale lo legò una duratura amicizia. L'incontro è importante poiché alcuni anni più tardi fu proprio Gordon, nominato governatore del Sudan, a chiamarlo con sé in Africa. 



Charles Gordon


Era il 1873 e Romolo Gessi rimase affascinato dal paese, che iniziò ad esplorare, tornandovi varie volte. Visitò il Sudan, nell'area di Bahr al-Ghazal (1874), circumnavigò il Lago Alberto (1875), vide per primo, assieme a Carlo Piaggia, il Ruwenzori, risalì il corso del Nilo Azzurro (1878). Dal 1878 al 1881, assieme a Gordon, combatté gli schiavisti nel Sudan, ottenendo un primo successo. Imbarcatosi già gravemente ammalato su una nave diretta in Italia, morì a Suez nel 1881.
Nel 1877, di ritorno da una delle sue spedizioni in Africa condusse con sé a Trieste una bimba pigmea di etnia Akka, Saìda, che aveva adottata. 




Esploaratore con pigmei


Della bambina si occupò Carlo Marchesetti, noto archeologo, paleontologo e botanico, che aveva contribuito a fondare il Museo di Storia naturale della città. Questi la studiò, la misurò e la fece fotografare, come fosse uno qualsiasi dei suoi reperti, poi la portò davanti ai curiosi componenti la Società Adriatica di Scienze Naturali, che furono ben felici di poter vedere da vicino una siffatta particolarità. Purtroppo però non furono solo loro, a voler vedere la bimba, ma questa attirò l'attenzione di un pubblico più vasto di non specialisti. Non si trattò di una vera e propria esposizione come quelle che allora caratterizzavano i vergognosi zoo umani tanto diffusi in tutta Europa che, come nota lo studioso Guido Abbattista, segnarono durevolmente i rapporti tra i bianchi e gli “altri”, quelli che venivano esposti come animali, in quanto ritenuti diversi, selvaggi, incivili ed appena superiori appunto agli animali stessi. Tuttavia la povera Saìda venne comunque trattata come un fenomeno, da studiare e documentare e, infine, si cedette alla pressione del pubblico cittadino e venne “mostrata” ai curiosi che accorsero a vederla. Da sottolineare anche il fatto che, benché adottata, la bambina non entrò in famiglia alla pari degli altri figli del Gessi, ma venne destinata al servizio della madre di lui. Dopo i primi tempi, l'attenzione su di lei, per fortuna, calò.
La curiosità verso il piccolo popolo pigmeo era alimentata dalle lunghe discussioni in merito che studiosi di chiara fama avevano portato avanti per secoli. Molti ne negavano l'esistenza, altri l'accettavano con riserva, magari aggiungendo qualche aspetto favolistico ed inverosimile che lo rendeva ancor meno credibile agli occhi dei più razionali. Uno dei più feroci contestatori dell'esistenza dei pigmei fu Giacomo Leopardi che nel 1846, quindi non molti anni prima che la piccola Saìda arrivasse a Trieste, aveva scritto un saggio dal titolo Sopra gli errori popolari degli antichi, in cui aveva attaccato violentemente coloro che invece l'ammettevano.



Abstract in english


In 1877, the explorer Romolo Gessi, returning from one of his expeditions to Africa, led to Trieste Saìda, a little pygmaean girl of Akka ethnicity, who had adopted in Sudan.
Carlo de Marchesetti, an archaeologist, palaeontologist and botanist, founder of the Museum of Natural History of the city, studied, measured and photographed the little girl, like any of his finds. Then Saìda was brought to the curious members of the Adriatic Society of Natural Sciences and then to a much wider public than simple curious.
It was not a real show like those that then characterized the humans expositions so widespread throughout Europe that, as noted by Guido Abbattista, marked the relationship between the whites and the "others" lastingly, those who were exposed as animals, as they are considered different, wild, uncivilized and just above the very animals themselves. However, poor Saìda was nevertheless treated as a phenomenon, to be studied and documented.
Although adopted, the baby did not join the family at the same rate as the other seven sons of Gessi, but was destined for the service of his mother, Armenian Elizabeth Clarabett.
After the early days, the focus on her, fortunately, dropped.
The curiosity towards the pygmaeous people was fueled by the long discussions about the fact, that scientists of clear fame had carried on for centuries. Many denied it, others accepted it with reservation, perhaps adding some fabulous and unlikely appearance that made it even less credible to the eyes of the most rational. One of the fiercest opponents of Pygmaei's existence was Giacomo Leopardi, who in 1846, and not many years before the little Saìda arrived in Trieste, wrote an essay titled Sopra gli errori popolari degli antichi, in which he attacked violently those who Instead they admitted it.


⇒Per approfondire l'argomento degli zoo umani: 

Guido Abbattista, Umanità in mostra - esposizioni etniche e invenzioni esotiche in Italia (1880-1940), Ed. Università di Trieste, Trieste 2014; Viviano Domenici, Uomini nelle gabbie. Dagli zoo umani delle Expo al razzismo della vacanza etnica, Il Saggiatore 2015.



Nessun commento:

Posta un commento

I vostri commenti ed osservazioni sono graditi