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Villa Farnesina. Raffaello. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
Quando
Alessandro Chigi, ricco banchiere di origini senesi, stabilitosi a
Roma, dove aveva aperto un banco di prestito e dove intratteneva
rapporti d'affari persino (e soprattutto) con il papa, decise di
farsi costruire una villa sul Tevere, chiamò a progettarla
Baldassarre Peruzzi, che ne curò anche una parte delle decorazioni
interne. Tuttavia furono numerosi gli artisti che lavorarono alla
nuova costruzione; uno in particolare, Raffaello, buon amico del
proprietario, vi si impegnò a lungo, assieme ai pittori e decoratori
che facevano parte della sua bottega.
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Sebastiano del Piombo. Polifemo (foto Daniela Durissini) |
Il
Chigi, noto per aver prestato denaro a Guidobaldo da Montefeltro,
Piero de' Medici e per aver finanziato la campagna militare di Cesare
Borgia, amava l'arte ed avendone le possibilità economiche, volle
che la sua dimora romana fosse magnifica. Vi abitò assieme a
Francesca Ordeaschi, fatta rapire e sposata dopo diversi anni, quando
ormai erano nati alcuni dei cinque figli della coppia, sembra su
sollecitazione del papa Leone X, che celebrò le nozze. All'amore fra
i due si ispirò Raffaello, che nella villa aveva già dipinto il
Trionfo di Galatea, nelle decorazioni della loggia, che allora dava
accesso alla dimora, detta di Amore e Psiche, con riferimento al
dipinto del soffitto, certamente disegnato dall'artista ma
probabilmente in gran parte eseguito dai maestri della sua bottega,
tra i quali va senz'altro ricordato Giulio Romano.
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Raffaello. Trionfo di Galatea (foto Daniela Durissini) |
Quando
si trattò di dipingere i festoni vegetali che Raffaello aveva
pensati per ripartire le scene, chiamò ad eseguirli uno dei suoi
allievi, Giovanni Nani o de' Ricamatori, conosciuto come Giovanni da
Udine, il quale si era trasferito a Roma ed era entrato a far parte
della bottega nel 1514. Profondo conoscitore della natura, e
cacciatore, Giovanni si era specializzato proprio in quel genere di
decorazioni “a grottesche”, che riprendevano lo stile ed i motivi
di analoghi dipinti restituiti dalla Domus Aurea neroniana.
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Ritratto di Giovanni da Udine |
Raffaello
lo aveva voluto alla villa proprio per la sua capacità di restituire
fedelmente i colori e l'aspetto delle piante e degli uccelli che
avrebbero dovuto arricchire il soffitto della loggia, pensata come la
compenetrazione della dimora con i lussureggianti giardini
circostanti, scomparsi dopo la realizzazione del Lungotevere, in
epoca ottocentesca.
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Giovanni da Udine. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
Inoltre
le decorazioni erano destinate a rappresentare la prosperità e
l'abbondanza, di cui la ricca famiglia poteva godere. Celebre una
festa data alla villa per il figlio del banchiere, Lorenzo Leone,
alla fine della quale le posate e le stoviglie da tavola, in argento,
furono gettate nel Tevere (ma recuperate con un sistema di reti
nascoste).
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Giovanni da Udine. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
Recenti
studi, condotti con tecniche non invasive, hanno dimostrato che
l'adesione alla realtà, ricercata ed ottenuta da Giovanni da Udine,
si deve innanzitutto al fatto che le decorazioni furono senz'altro
realizzate dal vero, la qual cosa è straordinaria, qualora si pensi
che furono rappresentate quasi duecento specie botaniche, tra le
quali alcune assolutamente sconosciute all'epoca, poiché provenienti
dalle Americhe, “scoperte” di recente. Sembra che Agostino Chigi,
buon amico di alcuni mercanti veneziani, si fosse fatto mandare degli
esemplari di zucche e soprattutto le pannocchie di mais, che forse
aveva piantato nel proprio giardino, e che Giovanni aveva potuto
copiare, impiegando per renderle più vive, e qui sta la novità,
pigmenti normalmente utilizzati nelle realizzazioni in ceramica e
vetro, rendendoli assai simili ai lavori dei Della Robbia, già
allora molto apprezzati.
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Giovanni da Udine. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
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Giovanni da Udine. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
Nonostante
l'ottima riuscita del lavoro sembra che il Chigi abbia dovuto
sopportare le bizze di Raffaello, il quale, innamorato di una ragazza
del posto, forse colei che fu ritratta nel famoso dipinto de “la
Fornarina”, oggi esposto a Palazzo Barberini, e che diede il volto
a Galatea, portava la ragazza alla villa come condizione essenziale
per continuare a sovrintendere ai lavori di decorazione delle stanze.
Ciò nonostante, soddisfatto del risultato finale, che riuscì a
godersi per breve tempo, il mecenate, che morì nel 1520, a soli 54
anni, commissionò all'artista la realizzazione della cappella di
famiglia nella chiesa di Santa Maria del Popolo, dove fu sepolto.
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Raffaello. La Fornarina (foto Daniela Durissini) |
In
un recente volume, curato da Antonio Sgamellotti e Giulia Caneva ed
edito con il patrocinio dell'Accademia dei Lincei (proprietaria
attuale della villa Farnesina, usata come sede di rappresentanza), in occasione
della mostra “I colori della prosperità: frutti del vecchio e
nuovo mondo”, vengono riportati i risultati degli studi effettuati
sulle decorazioni della loggia (Roma, Bardi edizioni, 2017).
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Giovanni da Udine. Loggia di Amore e Psiche (foto Daniela Durissini) |
Durante
gli sbancamenti per la realizzazione del Lungotevere vennero alla
luce i resti di un'altra villa, di epoca romana e risalente alla
prima età imperiale, costruita più o meno nella stessa posizione,
ed appartenuta a Vipsanio Agrippa, generale di Augusto ed artefice
della vittoria di Azio, che ne sposò la figlia, Giulia. Gli
affreschi ed i pavimenti della lussuosa dimora sono conservati al
Museo Nazionale Romano.
Villa Chigi (ora Villa Farnesina) appartiene all'Accademia Nazionale dei Lincei
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