Roma. Sant'Ivo alla Sapienza (foto Daniela Durissini) |
Quando siamo arrivati all'edificio dell'Archivio di Stato, dal quale si accede al cortile ed alla chiesa, si stava svolgendo la messa ed abbiamo dovuto attendere un bel po' prima di poter entrare. Così abbiamo deciso di passare il tempo recandoci a vedere il Pasquino, una delle famose, se non la più famosa, delle cosiddette "statue parlanti" romane.
Posta all'angolo di Palazzo Braschi, sulla piazza omonima, la statua è in realtà parte di un gruppo scultoreo ellenistico, rappresentante con ogni probabilità Menelao, che sorregge Patroclo morente, quindi un episodio della guerra di Troia. Fu ritrovata durante i lavori di sistemazione della piazza voluti dal cardinale Oliviero Carafa, che aveva acquistato dagli Orsini il palazzo, oggi Braschi.
Roma. Il Pasquino (foto Daniela Durissini) |
Da tempo immemorabile sul Pasquino, il cui nome si deve all'inventiva popolare che, con ogni probabilità, faceva riferimento ad un personaggio reale, vengono affisse satire anonime che prendono di mira i potenti (oggi meno potenti d'un tempo ma spesso ugualmente dannosi).
Le cosidette "pasquinate", alcune delle quali memorabili, furono perseguite dalle autorità, e per esse si rischiava la galera e perfino la pena capitale, ma non cessarono mai e durano ancor oggi, anche se non fanno più clamore, come un tempo.
All'ora stabilita siamo tornati a Sant'Ivo. Qui Borromini, trovandosi condizionato dal palazzo e dal cortile preesistenti, e dovendo quindi realizzare un edificio che si inserisse in uno spazio minimo e triangolare, seppe sfruttare magistralmente proprio queste limitazioni, anche se i lavori durarono ben vent'anni, dal 1642 al 1662 (la chiesa fu consacrata nel 1660).
Lo spazio venne dunque sfruttato seguendo un modello geometrico preciso, legato strettamente a dei riferimenti simbolici, quali la lenta ascesa alla perfezione di Dio, che si "legge" nell'architettura della cupola, dove Borromini riprende e perfeziona l'idea già applicata nella prima prova, di San Carlo alle Quattro Fontane.
Roma. Sant'Ivo alla Sapienza. Interno, cupola (foto Daniela Durissini) |
Molto suggestiva e particolare poi la lanterna sopra la cupola, avvitata su sé stessa, che intendeva richiamare il Faro di Alessandria, e con esso la funzione di guida della chiesa.
Completata la visita abbiamo camminato un po' senza una meta precisa, lungo le piacevoli stradine che si inoltrano tra le case, in questa parte della città, fino ad arrivare alla chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, costruita nel 1626 e dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù. Voluta da Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV, che aveva canonizzato Ignazio nel 1622, la costruzione dovette superare non poche difficoltà, soprattutto per la ferma volontà dei gesuiti, decisi ad imporre ad ogni costo Orazio Grassi, gesuita, ma anche architetto, che alla fine la progettò, costringendo al ritiro gli altri possibili concorrenti, mentre la facciata si deve ad Alessandro Algardi.
Famoso l'enorme affresco della volta, realizzato da Andrea Pozzo nel 1685, che riproduce un altro tempio nel quale raffigura la "Gloria di Sant'Ignazio". La doppia prospettiva è apprezzabile soprattutto da un punto, al centro della navata, segnato in giallo sul pavimento.
Roma. Sant'Ivo alla Sapienza. Lanterna (foto Daniela Durissini) |
Roma. Sant'Ignazio. Affresco di Andrea Pozzo (foto Daniela Durissini) |
Il Pozzo è anche autore della finta cupola che precede la zona dell'altar maggiore.
A questo punto abbiamo fatto una doverosa sosta al Dante's Bar, di via del Corso. Qui abbiamo avuto una gradita sorpresa poiché il locale, frequentato da turisti ma anche da romani, propone un'ottima scelta di dolci, panini, e semplici pietanze, davvero appetitosi. Oggi, domenica, facevano anche la pasta espressa. Noi, dovendo proseguire il nostto giro, ci siamo limitati ad un ottimo panino al salmone. Il personale è gentilissimo e molto disponobile. Ci si può sedere ai piccoli tavolini all'interno oppure anche all'esterno. I prezzi sono onesti e si paga quello che riporta il cartellino del prezzo sulle varie pietanze in mostra nella fornitissima vetrina. Consigliatissimo.
A questo punto abbiamo fatto una doverosa sosta al Dante's Bar, di via del Corso. Qui abbiamo avuto una gradita sorpresa poiché il locale, frequentato da turisti ma anche da romani, propone un'ottima scelta di dolci, panini, e semplici pietanze, davvero appetitosi. Oggi, domenica, facevano anche la pasta espressa. Noi, dovendo proseguire il nostto giro, ci siamo limitati ad un ottimo panino al salmone. Il personale è gentilissimo e molto disponobile. Ci si può sedere ai piccoli tavolini all'interno oppure anche all'esterno. I prezzi sono onesti e si paga quello che riporta il cartellino del prezzo sulle varie pietanze in mostra nella fornitissima vetrina. Consigliatissimo.
Finita la sosta, ha iniziato a piovere, e noi siamo entrati a Palazzo Doria-Pamphilj sede di una galleria molto ricca di dipinti e sculture, frutto della collezione della famiglia che abita tuttora la dimora.
Anche questo palazzo ha una storia curiosa, legata in qualche modo all'onnipresente Olimpia Maidalchini Pamphilj, la quale aveva convinto il cognato, papa Innocenzo X, a nominare cardinale il proprio figlio Camillo. Questi però, scatenando le ire della madre e dello zio, aveva preferito abbandonare la chiesa per sposare Olimpia Aldobrandini, proprietaria dell'edificio, che la coppia abitò e fece ampliare a discapito delle case attorno, suscitando anche le proteste dei gesuiti, i quali avevano il proprio collegio vicino.
Il palazzo fu sottoposto negli anni a numerosi interventi di ampliamento e vi lavorarono oltre a Carlo Maderno, ormai vecchio, Antonio Del Grande e Carlo Fontana, che progettò la cappella.
Nel frattempo la famiglia raccoglieva opere d'arte che andavano ad arricchire la propria collezione privata, che oggi si può ammirare (e fotografare ma non riprodurre) percorrendo le lunghe gallerie ed i saloni del palazzo.
Il dipinto più famoso esposto qui, al quale è dedicata una piccola sala, è il ritratto di Innocenzo X eseguito da Velazquez e commissionato, pare, dalla stessa Olimpia Maidalchini. Il risultato fu così sorprendente che lo stesso papa se ne meravigliò, riconoscendosi in quell'uomo accigliato che siede guardando diritto in faccia il visitatore. Accanto è stato sistemato un busto di Innocenzo eseguito dal Bernini.
La galleria presenta diverse opere importanti ma spesso sono esposte così male che sono difficilmente apprezzabili. Tuttavia, percorrendo i lunghi corridoi affrescati e pieni all'inverosimile di quadri, si ha la giusta impressione di ciò che significasse allora il collezionismo d'arte.
In questo periodo è stata allestita una mostra sul paesaggio nei dipinti di proprietà della famiglia. Alcuni cartelli, a dire il vero male illuminati e pertanto di difficile lettura, introducono il discorso delle ville fuori porta dei Pamphilj, del loro uso e di cosa queste dimore rappresentassero non solo per i membri della famiglia ma anche per la società dell'epoca.
Oggi il caffè finale, davvero ottimo, l'abbiamo bevuto al "Baretto", in via del Babuino, quasi in piazza di Spagna. Anche qui prezzi normali e frequentatori locali.
.....alle prossime passeggiate romane!
Anche questo palazzo ha una storia curiosa, legata in qualche modo all'onnipresente Olimpia Maidalchini Pamphilj, la quale aveva convinto il cognato, papa Innocenzo X, a nominare cardinale il proprio figlio Camillo. Questi però, scatenando le ire della madre e dello zio, aveva preferito abbandonare la chiesa per sposare Olimpia Aldobrandini, proprietaria dell'edificio, che la coppia abitò e fece ampliare a discapito delle case attorno, suscitando anche le proteste dei gesuiti, i quali avevano il proprio collegio vicino.
Il palazzo fu sottoposto negli anni a numerosi interventi di ampliamento e vi lavorarono oltre a Carlo Maderno, ormai vecchio, Antonio Del Grande e Carlo Fontana, che progettò la cappella.
Nel frattempo la famiglia raccoglieva opere d'arte che andavano ad arricchire la propria collezione privata, che oggi si può ammirare (e fotografare ma non riprodurre) percorrendo le lunghe gallerie ed i saloni del palazzo.
Roma. Palazzo Doria-Pamphilj (foto Daniela Durissini) |
La galleria presenta diverse opere importanti ma spesso sono esposte così male che sono difficilmente apprezzabili. Tuttavia, percorrendo i lunghi corridoi affrescati e pieni all'inverosimile di quadri, si ha la giusta impressione di ciò che significasse allora il collezionismo d'arte.
In questo periodo è stata allestita una mostra sul paesaggio nei dipinti di proprietà della famiglia. Alcuni cartelli, a dire il vero male illuminati e pertanto di difficile lettura, introducono il discorso delle ville fuori porta dei Pamphilj, del loro uso e di cosa queste dimore rappresentassero non solo per i membri della famiglia ma anche per la società dell'epoca.
Oggi il caffè finale, davvero ottimo, l'abbiamo bevuto al "Baretto", in via del Babuino, quasi in piazza di Spagna. Anche qui prezzi normali e frequentatori locali.
.....alle prossime passeggiate romane!
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