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martedì 27 febbraio 2018

R. Byron in viaggio a Baalbek


Tivadar Kosztka Csontvary. Baalbek (1906)

"Baalbek è il trionfo della pietra, una magnificenza lapidaria il cui linguaggio, ancora visivo, riduce New York a una dimora di formiche. E' una pietra color pesca, striata di oro rossiccio così come le colonne di St. Martin-in-the-Fields sono striate di fuliggine. Ha la consistenza del marmo, senza trasparenza ma con una lieve velatura, come quella delle prugne. L'ora ideale per vederla è l'alba: lo sguardo sale lungo le sei colonne, i cui fusti di pesca e d'oro splendono con la stessa luminosità dell'area cerulea, e perfino i basamenti privi di colonne hanno un'identità vivace, baciata dal sole, sullo sfondo delle profondità violette del firmamento. Sale ancora lo sguardo lungo questa carne scavata, lungo i fusti tre volte enormi, fino ai capitelli sbrecciati e al cornicione grande come una casa, tutti insieme sospesi nel celeste. Lo sguardo spazia oltre le mura, fino ai ciuffi verdi dei pioppi dai tronchi bianchi; oltre ancora, al Libano scintillante in lontananza di toni violacei, azzurri, oro e rosa. E poi scende seguendo le montagne fino al vuoto: il deserto, solitario mare di pietra. Bevi l'aria vibrante. Accarezza la pietra con mano delicata. Da' il tuo addio all'Occidente, se lo possiedi, quindi volgiti a Oriente, turista." (tratto da R. Byron, La via per l'Oxiana, Milano, Adelphi, 1981; 1993, p. 57)

Baalbek (foto Carlo Nicotra, 2003)

Lo scrittore inglese Robert Byron era arrivato a Baalbek nel suo viaggio verso l'Asia centrale, nel settembre del 1933 e ne era rimasto affascinato. Il brano riportato qui è stato inserito nella lunga relazione dell'itinerario intrapreso partendo da Venezia nell'agosto di quell'anno, per giungere in Afghanistan nell'anno successivo, pubblicata per la prima volta con il titolo The road to Oxiana, nel 1937, che costituisce uno dei racconti di viaggio più affascinanti di tutti i tempi.


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