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giovedì 9 marzo 2017

Kilapan

Copertina di C. Gomez e C. Leoni
Questo bel libro di Miguel Gómez Segovia è il racconto, assai aderente al vero, della vita del capo Mapuche Kilapan e della lotta che condusse contro lo stato cileno. E' la storia di un uomo e del suo popolo, una storia di resistenza e di dolore, ed è una storia esemplare, che viene raccontata con nel cuore un'altra storia di resistenza, più recente e, per certi aspetti, non meno cruenta, E' stato pubblicato con il patrocinio della CONADI (Corporación  Nacional de Desarollo Indigena), concesso fin dal 2009, ed il figlio Carlos l'ha reso disponibile in rete, dove si può trovare su Amazon.
L'autore, cileno di Osorno, è morto recentemente in Austria, dove viveva da molto tempo con la famiglia, dopo essere stato costretto all'esilio durante il periodo della dittatura, avendo militato nel partito comunista.
Essendo stato proposto alle più note case editrici, il libro, malgrado il patrocinio, fu più volte rifiutato e, benché gli amici, in periodi recenti, gli avessero assicurato l'appoggio e l'interessamento di qualche editore indipendente, l'autore preferì desistere dalla pubblicazione, cosicché il racconto rimase nel cassetto per molti anni.
Il lavoro però è prezioso ed è costato molte ore di paziente lavoro presso la Biblioteca Nazionale, impiegate nella consultazione di una gran mole di documenti originali che hanno consentito di dar voce ai personaggi che, oltre al protagonista, animano il racconto, ove si dà spazio ai capi Mapuche ribelli, come a coloro che decisero di collaborare con lo stato, ed ai rappresentanti dello stato stesso.
All'inizio s'incontra un Kilapan ragazzo, che apprende dal padre, il noto cacique Magín Wenu, i segreti che lo porteranno ad essere un guerriero tra i più stimati dal suo popolo. E' lo stesso Magín Wenu poi che lo manda presso il cacique Kalfucura, di origini cilene, ma stabilitosi dall'altro lato della cordigliera, in Argentina, per completare la sua formazione. Kalfucura era divenuto celebre per il ruolo svolto nella lunga guerra che aveva visto contrapposti gli indigeni allo stato, che intendeva estendere il proprio potere sul territorio ancora in mano ai nativi. Questa lunga lotta che vide il massacro degli indigeni e fu assai brutale, venne ricordata dagli argentini come “conquista del deserto” e si svolse tra il 1848 ed il 1855.
Kilapan diventerà un guerriero forte e coraggioso e, dopo la morte del padre, che gli farà promettere di non arrendersi mai nella lotta per la difesa del suo popolo e del suo territorio, sarà riconosciuto come toki, cioè capo militare, ed avrà modo di mostrare molte volte la propria capacità di leader ed il proprio valore. Malgrado la defezione di molti cacique, che venivano poi usati dall'esercito per condurre la guerra contro il loro stesso popolo, i Mapuche riusciranno a resistere a lungo. Il libro si addentra, forse con un eccesso di particolari, nel lungo percorso di lotta che vide dapprima la costruzione dei forti cileni lungo il confine con le terre mapuche e poi, man mano, la penetrazione dell'esercito all'interno di queste terre. L'autore si sofferma in particolare sulle figure del generale Pinto e del colonnello Saavedra, due personaggi contestati già all'epoca dei fatti, in quanto condussero una guerra durissima e priva di etica ordinando il massacro dei ribelli, la distruzione delle loro tolderie e l' uccisione degli animali che questi allevavano. Non si pensò di risparmiare nemmeno le donne ed i bambini che, anzi, venivano assaliti quando i guerrieri erano lontani e venivano uccisi o fatti prigionieri e ridotti a servire nelle case della borghesia. Lo sterminio dei mapuche fu impresa ancor più facile quando l'esercito fu dotato dei fucili Remington, contro i quali gli indigeni opponevano le loro armi tradizionali. A quel punto fu solo questione di tempo e la resistenza fu quasi totalmente piegata.
La fine del libro ci mostra un Kilapan sopraffatto ma non vinto, che muore di malattia e non sul campo di battaglia, sepolto probabilmente accanto al padre nella terra ancestrale di Adencul, accompagnato dalla prima moglie, Juana Malen, in mpaudungu Kalfutray, Cascata di acqua celeste, la quale fu testimone e compartecipe della vita straordinaria di questo cacique che la storia ufficiale sembra aver dimenticato.

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