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mercoledì 29 marzo 2017

Lucas Bridges. "Ultimo confine del mondo"




Non conoscevo la figura di Lucas Bridges fino a quando, in viaggio in Argentina, non ho trovato il suo libro El último confin de la tierra: una juventud entre los fueguinos (2016) tradotto in spagnolo e pubblicato recentemente dalla casa editrice Altair, di Madrid, dall'originale inglese Uttermost Part of the Earth (1948). 






Ed è stata una fortuna, dato che l'edizione italiana, uscita per Einaudi, Ultimo confine della Terra. Viaggio nella Terra del Fuoco (2009), è da tempo esaurita.






Il libro, di piacevole lettura, narra la vita dell'autore durante il periodo trascorso nella Terra del Fuoco, ed è stato scritto a Buenos Aires, quando Bridges, ammalato di cuore, aveva da tempo lasciato il suo ultimo impiego, come amministratore di un'estancia cilena, ed è stato pubblicato solo un anno prima della sua morte, avvenuta nell'aprile del 1949.
Come precisa lo stesso autore il libro, l'unica sua opera letteraria, si deve all'insistenza di A.F. Tschiffely, scrittore e viaggiatore (fu protagonista, tra l'altro, di un lunghissimo viaggio a cavallo da Buenos Aires a New York), che lo contattò quando ancora lavorava in Cile, andando a trovarlo nell'estancia che dirigeva, e che gli rinnovò l'invito qualche temo dopo, quando si trovarono a Londra. Tschiffely, tra l'altro, corresse e tagliò molti brani del libro, accorciandolo notevolmente e rendendolo più scorrevole, ed un secondo lavoro di ripulitura fu fatto dalla casa editrice inglese che per prima accettò di pubblicarlo.



A.F. Tschiffely durante il suo viaggio a cavallo 


La storia




Figlio di Mary Ann Varder e del missionario Thomas, arrivati ad Ushuaia nel 1871 per occuparsi della missione lasciata dal reverendo Stirling, che per primo aveva abitato quel luogo, fu il terzo bianco nato nella terra degli Yaghan. Il primo era stato suo fratello Despard. La famiglia fu accresciuta, negli anni successivi, di altri tre figli, William, Bertha e Alice, che andarono ad aggiungersi alla primogenita, Mary, nata prima dell'arrivo dei genitori a Ushuaia, a Despard ed a Lucas. Nel 1874 arrivò dall'Inghilterra anche la zia Johanna, sorella della madre, per portare aiuto alla famiglia e sostenere la meno forte Mary Ann, nel suo compito di madre e di moglie, reso indubbiamente complicato dalle condizioni in cui si viveva allora all'ultimo confine della terra.



La famiglia Bridges a Ushuaia. Lucas è il bambino a destra


Il lungo racconto si snoda nel tempo trascorso tra il 1871 ed il 1887, quando il padre lasciò la missione per trasferirsi nell'estancia di Harberton e poi negli anni successivi, quando Lucas visse per qualche tempo con l'altro gruppo di nativi presenti all'interno della Terra del Fuoco, gli Ona, per poi fondare con il loro aiuto la nuova estancia di Valmonte, vicino a Rio Grande.



Indigeni Yaghan



Cresciuto accanto agli Yaghan, indigeni che vivevano lungo le coste, 



Indigeno yaghan con la sua canoa


pescando e raccogliendo molluschi e spostandosi a bordo di piccole canoe, Lucas sognava di entrare in contatto con gli indigeni delle montagne, i Selknam o Ona, coloro che vivevano più appartati, all'interno della Terra del Fuoco. 



Guerriero Ona


La loro lingua misteriosa, i loro costumi schivi, esercitavano sul ragazzo un fascino irresistibile, finché riuscì ad entrare in contatto con loro e, cosa più importante, a conquistare la loro fiducia, a tal punto che venne considerato quasi come uno di loro, e gli venne concesso di partecipare ai riti segreti. Per questo motivo, per la profonda conoscenza di ambedue i popoli, la testimonianza di Lucas Bridges, assume una straordinaria importanza. Inoltre il suo racconto descrive con precisione l'evoluzione di Ushuaia, da minuscola sede missionaria a paese sul quale l'Argentina iniziò a far valere i propri diritti territoriali, ritenuto infine dalla famiglia Bridges troppo popolato e troppo cambiato, per continuare a viverci. Il terreno di Harberton, dove fu costruita l'estancia in cui si trasferì la famiglia venne concessa a Thomas Bridges dallo stato argentino come riconoscimento del lungo lavoro svolto a Ushuaia.
Per Lucas però, che sognava gli ampi spazi liberi che avevano caratterizzato i primi anni della sua vita, anche l'estancia era troppo comoda e troppo civilizzata, voleva vivere nei boschi dell'interno e così fece durante tutto il periodo in cui, con il determinante aiuto degli indigeni Ona, aprì il sentiero che, attraverso le montagne, univa la zona del lago Fagnano alla costa meridionale (oggi sentiero Bridges). Lungo questo percorso pensava di trasferire le greggi di proprietà della famiglia verso Nord. Con gli stessi Ona, minacciati, come gli altri indigeni della Terra del Fuoco, dall'avanzare dei bianchi, che entravano nei loro territori per cercare l'oro ma anche, e soprattutto, per introdurvi dei grandi allevamenti di ovini, costruì e mantenne la nuova estancia di Viamonte, non lontano da Rio Grande. 
Lucas Bridges tentò, per quanto possibile, di difendere gli Ona, consentendo loro di installarsi liberamente sui propri terreni, ma all'epoca l'Isla Grande era oggetto di molti appetiti, riassunti in un personaggio che segnò, negativamente, la storia di quei territori. 
Julius Popper argentino di origine rumena, 



Julius Popper



che con l'appoggio dello stato argentino, amministrava l'intera isola, si rese infatti responsabile del genocidio degli Ona,


Spedizione Popper. Genocidio degli Ona


avendo organizzato una vera e propria spedizione per eliminare gli indigeni e lasciare il territorio della Terra del Fuoco ai cercatori d'oro e agli allevatori. 



Uccisione di un indigeno Selknam durante la spedizione Popper

Quando scoppiò la prima guerra mondiale Lucas Bridges andò in Inghilterra e ritornò in terra del Fuoco solo alla fine del conflitto, con la moglie inglese, scoprendo che ormai tutto il mondo che conosceva era scomparso. Gli indigeni erano stati uccisi negli scontri con i coloni ma soprattutto dalle malattie che questi avevano portato, di fronte alle quali non possedevano difese immunitarie. 
Pochissimi dei suoi amici erano sopravvissuti e lo rimproveravano di averli dimenticati.

Ciò che il libro non racconta è che, dopo aver vissuto per un periodo in Rodesia, dove conduceva una fattoria assieme ai fratelli, si lasciò convincere, senz'altro attratto dalla possibilità di vivere nuovamente in Patagonia, ad amministrare un'estancia nella zona del rio Baker, nel sud del Cile. L'estancia era enorme e solo per visitare tutti i terreni posseduti, ci mise più di due settimane, tornando estremamente provato. Ma lì Lucas Bridges perse il buon nome che s'era fatto in Argentina, essendo costretto dalle circostanze a difendere la terra che gli era stata affidata e dovendo per questo motivo scacciare dalla stessa le famiglie che vi erano insediate da tempo. I numerosi scontri con la popolazione locale e l'aiuto chiesto ai carabineros per effettuare gli sgomberi, gli valsero il malcontento se non l'odio della gente. Per l'estancia Bridges fece moltissimo e la rese produttiva in poco tempo, dimostrando ancora una volta la propria esperienza ed il proprio carattere e riuscendo là dove prima di lui altri avevano fallito. Si dice che tornasse spesso alla foce del rio Baker, a Caleta Tortel, dove il fiume arriva al Pacifico e dove, nei primi decenni del XX secolo, era ancora insediato un piccolo gruppo di indigeni Alakaluf. Questi incontri lo riportavano lontano nel tempo, nei momenti più felici della sua vita, quando la Terra del Fuoco era popolata da Yaghana e Ona e quando a Ushuaia vi era solo una piccola missione, guidata dal padre Thomas e non un carcere gestito dallo stato argentino.


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