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venerdì 23 marzo 2018

Lev Tolstoj. Il pranzo di Oblònskij (Anna Karenina)

M.V. Nesterov. Ritratto di Tolstoj (1907)

Nelle prime pagine del romanzo di Lev Tolstoj, Anna Karenina, il dissoluto fratello di lei, Oblònskij, che risiede a Mosca, dove Anna arriva per convincere la cognata Dolly a non lasciare il marito e dove si innamorerà di Vronskij, pranza con il possidente terriero Lévin, innamorato di Kitty, la sorella di Dolly. Sebbene Tolstoj, negli ultimi venticinque anni di vita, fosse diventato vegetariano, descrive qui un pasto (disapprovato, in fondo, da Lévin, dalle abitudini semplici, che “mangiava anche le ostriche, benché il pane bianco col formaggio gli piacesse di più”) servito in uno dei migliori locali della città.
Ma Stiva (Stepàn Arkàdjevič Oblonskij) sostiene che mangiare è uno dei piaceri della vita ed ordina al cameriere tartaro:

...dacci due, o son poche, tre decine d'ostriche; una minestra di radici...
-Prentanjèr, - riprese il tartaro. Ma si vede che Stepàn Arkàdjevič non voleva dargli la soddisfazione di chiamare i piatti in francese.
-Con le radici, sai? Poi rombo con una salsa spessa, poi...del rosbiffe; ma guarda che sia buono. E dei capponi, eh?, e delle conserve, via.
Il tartaro ricordandosi dell'abitudine di Stepàn Arkàdjevič di non chiamare mai i piatti secondo la lista francese, non ripeté a mano a mano, ma si concesse poi la soddisfazione di ripetere l'ordinazione secondo la lista: (…) e subito come avesse le molle, messa giù una lista rilegata e acchiappatane un'altra, la lista dei vini, la tese a Stepàn Arkàdjevič.
-E cosa berremo?
-Io, quello che vuoi, soltanto non molto....champagne, - disse Lévin.
-Come? Fin da principio? Del resto, magari. Ti piace quello col sigillo bianco?
-Cašè blan, - riprese il tartaro.
-Su, allora servine di questa marca, con le ostriche, e poi si vedrà.
-Sissignore. Di vino da tavola quale ordinate?
-Servi del nuits. No, allora è meglio il classico chablis.
-Sissignore. Ordinate il vostro formaggio?
-Ma sì, parmigiano. Oppure a te ne piace un altro?
-No, per me è lo stesso, - disse Lévin, che non poteva trattenere un sorriso.”


(da Lev Tolstoj, Anna Karenina, Torino, Einaudi, 1997, traduzione di Leone Ginzburg (1945), p. 42-3).

A.M. Kolesov. Ritratto di giovane donna
 - la cosiddetta Anna Karenina - (1885)

Il brano, qui presentato nella straordinaria traduzione di Leone Ginzburg, è interessante tanto perché rivela un aspetto delle abitudini alimentari della borghesia moscovita, che metteva sulla propria tavola, vini  francesi e persino il formaggio parmigiano, prelibatezze certamente concesse a pochi, tanto perché mette in luce la diversità dei due. Da un lato Oblònskij, che tradisce Dolly e spende troppo e male, dilapidando il suo patrimonio, dall'altro Lévin, che nelle varie riscritture del romanzo aveva preso sempre più spazio, e nella figura del quale si intravvede lo stesso autore, amante delle cose semplici e della vita in campagna. Due mondi destinati a scontrarsi, tra i quali si dibatte il personaggio di Anna, che non saprà e non potrà trovare posto in nessuno dei due, combattuta ed infine vinta da entrambi.


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