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mercoledì 14 marzo 2018

Un orso sulla corriera per Troia

Orso bruno

In un tempo ormai piuttosto lontano, compimmo un giro in auto nella Turchia occidentale. Per noi era la prima volta, e non sarebbe stata l'unica, in quel paese meraviglioso. L'auto era una vecchia Polo scassata che non sarebbe sopravvissuta di molto a quel viaggio così duro, ma che ci aveva portati fedelmente per strade sterrate o pessimamente asfaltate dalla Grecia, ad Istanbul, al cuore della Cappadocia e poi lungo la splendida costa, di nuovo in Grecia. Avevamo visto paesaggi stupendi ed opere d'arte d'incomparabile bellezza, avevamo dormito nei campeggi, mangiato nelle trattorie più semplici e goduto della calda ospitalità del popolo turco.
Quel giorno, come tutti quelli che l'avevano preceduto, era stato ricco di sorprese. Avevamo visitato il teatro di Pergamo, dalla cavea tanto profonda e dalle gradinate così ripide da aver timore di rotolare giù, che ci aveva regalato l'emozione di trovarci in un luogo così ricco di storia e così integro da offrirci il brivido inconsueto dell'immedesimazione, trasportati in un mondo parallelo ed uguale, molto lontano nel tempo, spettatori di una commedia antica, avente il mare come sfondo. Ancora scossi da quell'esperienza incredibile, ci eravamo fermati a pranzo in una pizzeria, in una piccola località fuori mano, dove i turisti stranieri non capitavano mai e dove nessuno parlava nessun'altra lingua all'infuori del turco. Fortunatamente la gestualità mediterranea che ci accomuna e la possibilità di vedere la cucina, ci avevano consentito di assaggiare diversi tipi di pizza turca, che differisce di molto da quella italiana, sia nell'impasto, che nella farcitura, che non prevede formaggio filante, ma carni e verdure, il cui sugo è trattenuto dai bordi rialzati della base. Alla fine del pasto i proprietari avevano offerto, soltanto a me, della frutta, un gesto gentile, che equivale al dono di un fiore, e all'uscita, ci avevano cosparso le mani di profumo di limone, usanza allora assai comune, in tutti i ristoranti, e negli anni successivi mantenuta soltanto nelle trattorie più semplici.

Illustrazione di una novella russa
Risaliti in macchina ci eravamo diretti verso una delle mete più desiderate: Troia. Lungo la strada una corriera ci precedeva, lenta, e non riuscivamo a superarla senza rischiare la vita, lungo un percorso stretto e pieno di curve. Alla fine s'era fermata, ma altre auto che ci venivano incontro ci avevano costretti a fermarci a nostra volta, rimandando il momento del sospirato sorpasso. Aspettavamo quindi un po' annoiati che scendessero tutti i passeggeri quando, per ultimi, vedemmo scendere un uomo e poi...un orso! La corriera ripartì ed i due, l'uomo e l'orso, salutarono i passeggeri, il primo con la mano, il secondo sollevandosi sulle zampe posteriori ed alzando una delle anteriori. Ovviamente rimanemmo esterrefatti! Ci trovavamo di fronte ad uno degli ultimi domatori di orsi che giravano il paese intrattenendo la gente dei villaggi con dei piccoli spettacoli improvvisati. Sul momento prevalse lo stupore, poiché l'idea di portare un orso in corriera era già di per sé bizzarra e straordinaria ma, qualche tempo dopo, ormai rientrati in Italia, lessi di questa antica tradizione, comune anche nell'area balcanica, dov'era praticata per lo più da domatori di origine rom, ed in Russia, esauritasi in quegli anni, sia per la proibizione legata alla potenziale pericolosità degli animali, sia per la difesa degli stessi.
Su quella strada per Troia eravamo stati testimoni di un'usanza antica ed ormai al tramonto. Gli spettacoli con gli orsi, si tenevano per lo più nelle piazze dei paesi, spesso coincidevano con i giorni di mercato e seguivano schemi precisi, conosciuti e riconoscibili dal pubblico. Un'arte tramandata di padre in figlio, non priva di rischi, che richiedeva abilità ed una straordinaria empatia tra l'uomo e l'animale, tanto da far pensare al primo che fosse cosa normale far salire il suo amico e collaboratore a quattro zampe su un bus di linea sulla strada per Troia.

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