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mercoledì 21 marzo 2018

Pensieri d'autore. Pablo Neruda su Rafael Alberti

Tenerife. Garachico. Parque de la puerta de Tierra.
Rincón de los Poetas
Busto di Rafael Alberti
(foto Daniela Durissini)

"La poesia è sempre un atto di pace. Il poeta nasce dalla pace come il pane nasce dalla farina. 
Gli incendiari, i guerrieri, i lupi, cercano il poeta per bruciarlo, per ucciderlo, per sbranarlo. Uno spadaccino lasciò Puškin ferito a morte fra gli alberi di un parco desolato. I cavalli di polvere galopparono impazziti sul corpo senza vita di Petöfi. Byron morì in Grecia lottando contro la guerra. I fascisti spagnoli iniziarono la guerra in Spagna assassinando il suo maggior poeta. 
Rafael Alberti è come un sopravvissuto. C'erano mille morti pronte per lui. Una anche a Granada. Un'altra morte l'aspettava a Badajoz. A Siviglia piena di sole o nella sua piccola patria, Cadice e Puerto Santa Maria; lo cercavano per pugnalarlo, per impiccarlo, per uccidere in lui ancora una volta la poesia.
Ma la poesia non è morta. Ha le sette vite del gatto. La perseguitano, la trascinano per la strada, le sputano addosso e la dileggiano, la stringono per soffocarla, l'esiliano, l'incarcerano, le sparano quattro colpi, e la poesia esce da tutti questi episodi con la faccia lavata e un sorriso bianco come il riso."


(da Pablo Neruda, Confesso che ho vissuto, Torino, Einaudi, 1998, p. 179)


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